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John Simenon ricorda il padre Georges


John e Marie - Jo Simenon

Se non fosse figlio di... l'inchiesta di wuz


In occasione del ventesimo anniversario della morte del celeberrimo scrittore francese Georges Simenon, che nel nostro paese gode di una fama e un apprezzamento superiore a ogni altro, il figlio John Simenon racconta come è stata la sua vita a fianco dell’autore di Maigret e gli altri romanzi: un corpus di ben 192 opere! Oltre a fornire preziosi aneddoti e illuminarci su alcuni lati oscuri della personalità dell’autore, John racconta anche la sua esperienza di vita come figlio d’arte.


Fiera Internazionale del Libro di Torino 2009
sabato 16 maggio 2009 - ore 14,00
Georges Simenon a Losanna
Massimo Cirri incontra John Simenon allo Spazio IBS - Padiglione 2 stand J126-K125

A cena Con Maigret
Con John Simenon al ristorante Carignano, venerdì 15 maggio - ore 21,30
Per informazioni e costi tel. 011.5170171


Crescere a fianco di uno scrittore famoso


Fin da ragazzo ho capito di vivere in una casa senza porte e finestre, con la possibilità di essere visto dall’esterno. Non è stato facile, ma ho cercato di essere me stesso, nonostante tutti di me conoscessero le debolezze che ho tentato di superare, le conoscenze che mi hanno permesso di crescere. Nell’autobiografia Parole Intime, papà ha scritto parole molto dure su di me. Ma prima che morisse siamo riusciti a parlare. Così non mi ha lasciato ferite da curare.

Quando eravamo in America – avevo 14 o 15 anni – litigavamo tutti i giorni. Lui l’ha scritto e non mi ha fatto piacere. È morto di tumore al cervello, una forma che si sviluppa in un tempo lungo. Per un trentennio ha vissuto in questo stato, sono proprio gli anni in cui l’ho conosciuto meglio. Era angosciato. È stato operato all’inizio degli anni Ottanta e per un anno, dopo l’operazione, è stato pieno di energia e ottimismo. Non ha mai raccontato storie solo a me. La sua attività creativa si limitava al romanzo che stava scrivendo. Mi raccomandava gli autori che aveva amato da ragazzo: Stevenson, Conrad, Tolstoj, Gogol.  Da bambino guardavo il Tg con lui e lo riempivo di domande sull’attualità. Tanto che a un certo punto mi disse: prendi un blocchetto e una matita, annota quel che vuoi sapere e appena il notiziario finisce provo a risponderti”.


Non era un padre facile


Non era un padre facile. Poteva essere duro, collerico, verbalmente violento. Noi figli, spesso, non capivamo i racconti della sua vecchia governante Boule, che lo ricordava come un giovanotto gentile ed esuberante. Quello era un aspetto della sua personalità che ci rimase precluso fino a poco prima della sua morte, quando gli venne asportato il tumore. Dopo l’operazione sembrava un altro uomo, allegro con trent’anni di meno. Diciamo che faceva di tutto per convincersi di essere pacificato. Se gli chiedevo un consiglio, restava perfettamente neutrale. Mi diceva “Ecco le opzioni. Scegli. Ma se sbagli, dovrai assumertene le conseguenze”. Non ti aiutava a decidere e io talvolta ne soffrivo. Non ci instillò mai il senso di colpa. “colpevoli di niente, ma responsabili di tutto”. La massima vale anche per i suoi libri. Era sempre in casa, ma noi non lo vedevamo scrivere perché eravamo a scuola. Lui si alzava alle cinque e, dietro porte con il cartellino Do not disturb, restava inaccessibile fino al pomeriggio.

Il lato oscuro di Georges Simenon padre


Se scrisse tanto, credo sia perché era l’unico modo che gli consentisse di governare la sua noirceur, il suo lato oscuro. Lavorava in una specie di trance. Mio padre amava Marie – Jo con tutto l’amore che un uomo può riservare per la sua unica figlia femmina. Chi si è spinto fino a sospettare un rapporto incestuoso è un imbecille. Da giovane non amavo molto i suoi libri, perché non inventava niente e, seppur in forma cifrata, descriveva la realtà in cui vivevamo. Quando leggevo di un ragazzino che mi assomigliava la cosa mi imbarazzava. Con noi mio padre avrebbe voluto essere una specie di Maigret: un baluardo contro la noiceur del mondo. Oggi mi pare di conoscerlo meglio di quando era vivo. Gli chiederei un mucchio di cose. Su suo fratello collaborazionista, su mia madre, su Marie – Jo.


Simenon visto da un prospettiva privilegiata


Lo ricordo sempre quando parlo di lui: la sofferenza fa parte della sua opera. Non tutti i lettori ne sono consapevoli, pochi l’hanno capito, soprattutto dopo il suicidio di mia sorella Marie – Jo a 25 anni. Aveva un grande talento, cantava, dipingeva e recitava. È stata sommersa dall’angoscia del quotidiano che si era fatto troppo pesante per lei. La sua fine resta un mistero. Il dolore di papà si può intuire, mai è stato detto. Ha sofferto molto e la sua sofferenza ha permesso a me e ad altri di sbarazzarci un po’ della nostra. Il successo di mio padre in Italia è dovuto alla vostra capacità di entrare in sintonia con il suo dolore.
Parlando del suo lavoro mi diceva: non ho molta immaginazione, nei miei romanzi c’è la vita che ho vissuto e quella di altri vicino a me. Se non ha raccontato tutto è perché non lo riteneva essenziale, non perché volesse nascondere qualcosa. Si esprimeva solo su ciò che l’aveva toccato di più.


Qualcuno l’ha accusato di atteggiamento assolutorio, eccessiva compassione per chi si macchia di un crimine. A torto. Certo, pensava che l’uomo fosse biologicamente innocente e che i suoi comportamenti derivassero da reazioni chimiche, ma senza negare le sue responsabilità sociale.
Mio padre pensava che i romanzi di Maigret fossero opere minori, quasi delle tappe propedeutiche alla grande letteratura che è venuta poi, ma non sono d’accordo. Lui diceva che Maigret lo prendeva per mano e scriveva le sue storie più facilmente delle altre. Per quanto riguarda gli attori che hanno interpretato Maigret, ammirava molto Pierre Renoir, Michel Simon, Jean Gabin. Ma amava anche la lettura che Cervi aveva dato del personaggio. Come pure quella, così british, dell’attore inglese Rupert Davies. Che vuole, quando grandi interpreti lo venivano a trovare in casa per assorbire un po’ dell’atmosfera simenoniana, lui si sentiva onorato. E prodigava superlativi a tutti.

Il suo antisemitismo è messo nero su bianco negli articoli che scrisse sulla Gazette de Liège. Ma aveva 16 anni. In seguito lo riconobbe. E se ne pentì amaramente. Per quanto riguarda il populismo, in Francia il “povero” era unicamente identificato con l’operaio. Lui invece si interessava alle tribolazioni di impiegatucci, piccoli commercianti, les petites gens. Si immergeva in quel mondo, perché lo riteneva più vero. E forse per rivincita sulla madre, che non lo lasciava giocare con i figli dei proletari.

Da:
Simenon raconté par son fils
di Arnaud Bédat (L'illustré, 29 gennaio 2003)
Simenon. Il mistero di mio padre tra verità, leggende e bugie di Marco Cicala (Il Venerdì di Repubblica, 6 febbraio 2009)
Papà Simenon di Grazia Lissi (Oggi, 18 marzo 2009)


Il libri di George Simenon in catalogo
Maigret in DVD


15 aprile 2009 Di Anna Zizola

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