Dopo la Palma d’oro a Julia Ducournau per Titane e il Leone d’oro a Audrey Diwan per La scelta di Anne - L’Événement, un’altra regista vince il premio principale in un prestigioso festival internazionale.
La regista catalana Carla Simón, al secondo film dopo Estate 1993, si è giudicata infatti l’Orso d’oro della 72° Berlinale (conclusasi lo scorso 16 febbraio dopo un’edizione ridotta nel numero di giorni per via della pandemia) con Alcarràs, film coprodotto anche dall’italiano Giovanni Pompili e racconto autobiografico della vita di una famiglia di coltivatori nella campagna attorno a Barcellona, impegnata come ogni estate a raccogliere pesche e minacciata dalla fine di un mondo ormai superato.
Il Gran premio della giuria è andato invece a un veterano della Berlinale, il coreano Hong Sangsoo, che con The Novelist’s Film ha messo in scena alla sua solita e infallibile maniera (bianco e nero, minimalismo, leggerezza dei dialoghi, ironia, incroci fra vita e finzione) gli scambi di idee di un gruppo di artiste, lavorando con le sue due muse, le attrici Kim Minhee e Cho Yunhee.
Un’altra regista e un’altra veterana, non della Berlinale ma del cinema d’autore europeo, la francese Claire Denis, ha vinto l’Orso per la miglior regia con Avec amour et acharnement, immersione nei turbamenti di una coppia non più giovane (lei è Juliette Binoche, lui Vincent Lindon), sconvolta dal ritorno di un vecchio amante di lei (interpretato da Grégoire Colin). L’altro premio della Giuria è andato al messicano Robe of Gems di Natalia López Gallardo, montatrice, attrice e moglie di Carlos Reygadas, che per l’esordio alla regia ha rubato parecchio al film realizzato col marito, Nuestro tiempo (la crisi di una coppia borghese, la pampa messicana) e imbastito un giallo esistenziale sulla crisi d’identità di una donna.
Stabilito dalla scorsa edizione di non assegnare più un premio al miglior attore e alla migliore attrice, ma un riconoscimento alla miglior prova da protagonista e non protagonista, senza distinzione fra uomini e donne, migliori interpreti del concorso della Berlinale 72 sono state giudicate rispettivamente Meltem Kaptan per Rabiye Kurnaz vs. George W. Bush di Andreas Dresen (film vincitore anche del premio per la miglior sceneggiatore e storia del caso giudiziario che coinvolse una madre tedesca e l’amministrazione americana dopo la deportazione a Guantanamo del figlio della donna) e Laura Basuki per Nana di Kamila Andini, film che racconta il coinvolgimento di una giovane donna nelle purghe anticomuniste dell’Indonesia di metà anni ’60.
Il premio per il contributo artistico è andato infine al cambogiano Rithy Pan, testimone diretto di un’altra tragedia novecentesca dell’estremo Oriente: la rivoluzione dei Khmer rossi, che portò alla deportazione e alla morte della famiglia del regista. Con Everything Will Be Ok, Rithy Pan ha realizzato per mezzo di una serie di diorami in argilla una riflessione sui totalitarismi, tra dittature passate e l’assoluto dominio contemporaneo delle tecnologie.
Nessun riconoscimento ufficiale all’unico film italiano in concorso, Leonora Addio, prima regia di Paolo Taviani dopo la morte del fratello (vincitore però del premio Fipresci assegnato dalla stampa internazionale), in un’edizione della Berlinale ancora una volta segnata dalla pandemia (lo scorso anno si tenne online a febbraio e a giugno in presenza per il pubblico della città), ma guidata dall’idea di riportare il cinema nel suo luogo naturale – la sala, dove condividere l’esperienza unica di un film dal vivo – e preparare una prossima edizione, la n. 73, si spera finalmente completa.
Gli altri sapori di sala
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