Quando mi è stato chiesto se gradivo fare un intervento per i cinquant’anni di Come eravamo, a MYmovies non sapevano che quello è il cosiddetto mio “film della vita”.
E così mi concedo di metterla sul personale. Ho sentito dire “Ho fatto l’architetto dopo che ho visto il museo di Bilbao di Gehry”; “Ho fatto il calciatore dopo aver visto giocare Maradona”; “Ho fatto il pittore dopo aver visto i corvi nel campo di grano di Van Gogh”; “Ho deciso di lavorare in Borsa dopo aver visto Gordon Gekko in Wall Street”. Steven Spielberg ha dichiarato di aver deciso che si sarebbe dedicato al cinema, a sette anni, vedendo la sequenza di un disastro ferroviario in un film di De Mille.
Ecco: posso dire di aver scelto di fare il critico e lo scrittore dopo aver visto Come eravamo (The Way We Were). Quando si tratta di assoluti è bene stare attenti, soprattutto se sono assoluti personali. Hai visto un certo film, dopo averne visti molti, moltissimi nel mio caso, ed è scattato qualcosa che non riesci a spiegarti e decifrare del tutto. Oltre alla qualità, all’appeal, alla confezione, può entrarci un sortilegio. Nella tua cultura, nel tuo sentimento, nel tuo recondito si è attestato un segnale, qualcosa che fa sì che quel film lo richiami. E non è solo roba mia personale, perché Come eravamo è “comunque” un capolavoro. Certo, vale, in maniera potente, l’identificazione. E lì ci sono modelli del richiamo detto sopra.
Dunque Come eravamo, il capolavoro: ci sono alcuni film che presentano quel sortilegio misterioso, quel “qualcosa in più”. Qualche titolo: Notorious, Viale del tramonto, La grande illusione, Il settimo sigillo, Amarcord. Fanno parte di quell’antologia dorata di non molte pagine. Anche Come eravamo ne fa parte.
Due ex compagni d'università, convivono nonostante una sostanziale incompatibilità nell'America di Roosevelt: lei è fermamente convinta delle idee comuniste, lui vuole tenersi fuori della mischia e lavora come scrittore e sceneggiatore a Hollywood. Tradita e addolorata dalla sua collaborazione coi maccartisti, la ragazza lo lascia nonostante aspetti un figlio da lui.
È stato un grande narratore, capace di trovare la chimica perfetta fra spettacolo e cultura. Bastano alcuni titoli: I tre giorni del Condor, Diritto di cronaca, Tootsie, La mia Africa, Havana, Il socio. Una filmografia piena di Oscar, compresi i due personali di Pollack per La mia Africa.
Robert Redford, oggi 86enne è l’ultimo grande divo rimasto. Cineasta e uomo completo e intelligente. Ha fatto tutto, ha aiutato i giovani e si è impegnato in politica e nel sociale. Barbra Streisand, cantante, attrice, regista e produttrice al livello più alto, ha dominato lo spettacolo americano per decenni.
Karen Blixen, futura scrittrice, si reca in Africa per un matrimonio di convenienza che si rivela un fallimento. Si innamora di un idealista avventuriero inglese.
In un college di New York ci sono studenti e studenti: Hubbel è bello, ricco, talentoso, qualunquista. Kathy è ebrea, impegnata e comunista. Lei vorrebbe scrivere ma è lui quello bravo, che pubblica un racconto. L’America entra in guerra e Hubbel va in marina. Durante una licenza ritrova Kathy che lo ospita a casa sua. Nasce la relazione. Certo, sono molto diversi, lui completamente borghese, lei sempre in cerca di una buona causa cui dedicarsi anima e corpo. Si sposano. Lui vende un suo libro al cinema. Vanno a Hollywood. Sono passati gli anni, siamo nella stagione della caccia alle streghe. Lei naturalmente è in prima linea, lui non vorrebbe. Nasce una bambina, ma i due sono sempre più diversi e lontani. Si separano. Si ritrovano casualmente a New York, entrambi risposati. Lui lavora per la televisione, lei manifesta contro la bomba H. Prima di separarsi, per un momento, tenerissimamente si abbracciano. Un film dalle misure perfette: contenuti importanti come la politica, le prese di posizione sociali e l’ideologia della vita detti senza tralasciare lo spettacolo, con divi, budget, sentimento e suggestione, con una colonna sonora rapinosa, e un’indimenticabile canzone (Hamlisch, premio Oscar). Dunque, tutti i giusti ingredienti per il “culto”. Viene rappresentata efficacemente la più bella generazione americana, come dice la stessa Streisand, quella che ha vinto la guerra e in sostanza ha cambiato il mondo.
Certo, una rappresentazione secondo Hollywood, ma secondo un ottimo cinema. Molte le sequenze da ricordare: la lettura del racconto di Hubbel da parte del docente, la tristezza di tutti per la morte di Roosevelt, l’ambiente di Hollywood reso quasi detestabile, e poi il saluto dei due, forse il più tenero e commosso abbraccio del cinema. Era il momento d’oro dei protagonisti, regista compreso. Redford aveva girato in poco più di un anno anche La stangata e il Grande Gatsby, e poco prima, sempre con Pollack, quel capolavoro del western decadente che è Corvo rosso non avrai il mio scalpo. In Come eravamo Redford era ancora più bello che bravo e la Streisand voleva dimostrare di essere tanto brava da sembrar bella. I due funzionano benissimo e si pongono come una delle coppie più gradevoli del cinema moderno, all’altezza di quelle dell’età dell’oro.
Nick Carraway, un giovane del Midwest trasferitosi a Long Island, è affascinato dal misterioso passato e dallo stile di vita eccessivo del suo padrone di casa, il nuovo ricco Jay Gatsby. Entrerà a far parte del suo circolo e diverrà testimone di ossessioni e tragedie. Rifacimento di \"The Great Gatsby\" 1926."
Ti potrebbero interessare
Hai domande, dubbi, proposte? Vuoi uno spiegone? Scrivi alla redazione!
Per poter aggiungere un prodotto al carrello devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.
Per poter aggiungere un prodotto alla lista dei desideri devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.
Il Prodotto è stato aggiunto al carrello correttamente
Il Prodotto è stato aggiunto alla WishList correttamente