Il verso giusto

I versi di Costantino Kavafis

Illustrazione digitale di Francesca Mugni studentessa del Liceo Artistico Volta di Pavia, 2022

Illustrazione digitale di Francesca Mugni studentessa del Liceo Artistico Volta di Pavia, 2022

Termopili

Onore a quanti nella loro vita
si fecero custodi delle Termopili,
senza mai venir meno a quel dovere.
Integri e giusti nelle loro azioni,
ma sempre con pena e compassione;
generosi se ricchi, e generosi
sia pur con poco se indigenti,
soccorrevoli quanto possono;
pronunciando sempre la verità,
ma senza detestare i mentitori.
E sono degni di più grande onore
se prevedono (e molti lo prevedono)
che all’ultimo comparirà un Efialte
e comunque i Persiani passeranno.


Traduzione di Nicola Crocetti
Da Costantino Kavafis, Poesie scelte, traduzione di Nicola Crocetti, introduzione di Nicola Gardini, Crocetti Editore 2020

Illustrazione digitale di Francesco Vercesi, studente del Liceo Artistico Volta di Pavia, 2022

Costantino Kavafis (1863-1933) si è identificato a tal punto con la sua poesia da superare qualsiasi ostacolo e confine segnati dalla vita “reale” e quotidiana. Scrisse un numero di poesie esiguo, eppure sufficienti per fare di lui uno dei poeti più letti, amati, studiati e tradotti del mondo. Nacque e visse quasi sempre ad Alessandria d’Egitto e la lingua in cui compì gli studi fu l’inglese, eppure fu visceralmente greco. In gioventù fece per breve tempo il giornalista e l’agente di Borsa, e dal 1892 fino alla pensione, nel 1922, lavorò al servizio irrigazione del ministero dei Lavori pubblici, eppure fu indiscutibilmente poeta, tanto da far scrivere proprio “poeta” sul suo passaporto, alla voce “professione”. Il suo canone comprende 154 testi (lo stesso numero dei sonetti di Shakespeare), a cui gli studiosi hanno successivamente aggiunto due gruppi di componimenti noti come “Poesie nascoste” e “Poesie rifiutate”. Alle 154 poesie del canone ufficiale, Kavafis lavorò instancabilmente per tutta la vita, cesellando, cancellando, perfezionando, inseguendo la perfezione. Le sue poesie, da lui diffuse su fogli volanti o in piccole plaquettes destinate perlopiù agli amici, furono pubblicate per la prima volta in volume nel 1935, due anni dopo la sua morte. Kavafis conosceva diverse lingue e padroneggiava l’inglese e il francese, ma per i suoi versi preferì quasi esclusivamente il greco: un greco molto particolare e non privo di sgrammaticature, unico, un impasto di lingua colta e popolare. Fu “originale, senza precedenti”, come scrisse nel 1924 il poeta Napoleon Lapachiotis, secondo il quale l’opera di Kavafis, come “una quintessenza della poesia, schiude gli orizzonti dell’Arte universale”.

Illustrazione digitale di Alice Tavelli, studentessa del Liceo Artistico Volta di Pavia, 2022

Kavafis è il poeta dell’eros e della memoria, storica e privata. Un universo remoto, personaggi ed eventi antichissimi parlano nei suoi versi di sentimenti immutabili, diventano metafore della contemporaneità. Mondi lontani sono rievocati con la precisione dello storico, e nelle sue descrizioni realtà e immaginazione si compenetrano e diventano indistinguibili. Del resto, immutabile è l’essere umano, sempre gli stessi i dolori e le gioie, e la ricerca del senso della vita, di quell’Itaca verso cui tutti ci dirigiamo, con l’augurio di un viaggio pieno “di conoscenze e d’avventure”.

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