«Lo sanno tutti cosa bisogna fare se si vuole che il mondo continui a essere un posto vivibile, […]. Vediamo accadere attorno a noi cose mostruose e sconvolgenti, e distogliamo lo sguardo».
Un’antica leggenda indiana intreccia il passato con il presente. Un ricco mercante in conflitto con Manasa Devi – la mitologica dea dei serpenti – traspone in una metafora lo scontro contemporaneo tra natura e profitto. Il viaggio del protagonista del romanzo è un pretesto per dare potenza al grido d’aiuto di chi subisce gli abusi del nostro tempo: dai migranti alle popolazioni sottoposte agli effetti dei cambiamenti climatici. Dai diritti fondamentali dell’uomo calpestati, fino allo stupro di madre terra per mano di chi dovrebbe rispettarla e gratificarla per la sua ospitalità. La questione ambientale è uno dei fulcri della letteratura di Ghosh, su cui già si era soffermato con La grande cecità. Il cambiamento climatico e l’impensabile (Neri Pozza, 2017).
«Hai mai sentito parlare di zone morte oceaniche? […] sono distese d’acqua con un contenuto d’ossigeno bassissimo, troppo basso perché i pesci possano sopravvivere. Queste zone sono aumentate con una rapidità vertiginosa, principalmente a causa dei residui dei fertilizzanti chimici».
I danni ambientali irreversibili e le associazioni a delinquere internazionali che speculano sulla pelle della povera gente vengono denunciati dal Bangladesh fino all’Italia, passando per gli Usa. Il dito è puntato contro i dalal, procacciatori di migranti nelle terre povere di India e Bangladesh e verso le mafie che si arricchiscono mercificando gli esseri umani:
«…in passato contrabbandavano droga, armi e roba simile. Ma ora è molti più redditizio contrabbandare esseri umani, e anche più facile, perché i trafficanti sono legati alle tribù del Sahara, che gli procurano rifugiati dall’Eritrea, dall’Etiopia, dalla Somalia e dal Sud Sudan».
Ma Ghosh non è avvezzo ai luoghi comuni e dimostra di avere un quadro del problema completo e informato:
«La mafia ha rapporti molto stretti col crimine organizzato in Nigeria, Libia ed Egitto. Fa entrare illegalmente le persone nel paese e poi le costringe a lavorare nei campi o nei cantieri. […] Per la mafia i migranti e i rifugiati – e in generale tutto il cosiddetto sistema di accoglienza italiano – sono un affare redditizio, una gigantesca vacca da mungere».
Ghosh confeziona un romanzo di denuncia sociale sulle orme di Silone e Dickens. Ma la sua scrittura è fresca e contemporanea permettendo al romanzo di scorre veloce fino all’epilogo. Poco importa se nella parte centrale la tensione si allenta, la struttura è solida e le rivelazioni finali ci lasciano con una profonda amarezza condita da tanta speranza. Ghosh ci commuove e ci tende una mano con un atto di umanità e accoglienza che rivela un sogno di fratellanza. «E cos’è un sogno se non una fantasia?».
Recensione di Alberto Clementi
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