Jean-Claude Romand
Per i credenti l'ora della morte è l'ora in cui si vede Dio, non più in modo oscuro, come dentro uno specchio, ma faccia a faccia. Perfino i non credenti credono in qualcosa di simile: che nel momento del trapasso si veda scorrere in un lampo la pellicola della propria vita, finalmente intellegibile. Per i vecchi Romand, questa visione, anziché rappresentare il pieno coronamento, aveva segnato il trionfo della menzogna e del male. Avrebbero dovuto vedere Dio e al suo posto avevano visto, sotto le sembianze dell'amato figlio, colui che la Bibbia chiama Satana: l'Avversario.
C'è un articolo molto interessante in cui Emmanuel Carrère racconta Truman Capote, che è una riflessione chiara e immediata sulla scrittura e sulla figura dell'autore. ""Nei sette anni che mi ci sono voluti per scrivere L' avversario ho molto pensato a lui. Devo aver riletto tre o quattro volte A sangue freddo, rimanendo ogni volta più colpito dalla potenza della costruzione narrativa e dalla limpidezza cristallina della prosa. Per un pezzo ho cercato di imitarlo, ossia di raccontare la terribile storia di Jean-Claude Romand come se non ne facessi parte. Alla fine, ho fatto tutt'altro: ho rinunciato a eclissarmi, e ho scritto il libro in prima persona. Penso che questa scelta mi abbia salvato la vita - non esagero"".
Leggendo L'Avversario, che ora Adelphi ristampa, immediato è il collegamento con A sangue freddo. Ma c'è una differenza sostanziale nella posizione dell'autore rispetto alla vicenda narrata; una differenza salvifica, che ha impedito a Carrère di rimanere intrappolato nella sua scrittura e di morirne, come invece è successo a Capote. Capote, nel suo tentativo di scrivere un libro oggettivo e impersonale sulla terribile vicenda dell'assassinio di un'intera famiglia in Kansas per mano di due giovani, si eclissa sia come personaggio che come narratore. Il conflitto di questa posizione con il suo coinvolgimento personale durante il processo fino all'esecuzione dei due giovani gli costerà la vita.
Carrère non si eclissa e racconta la vicenda in prima persona. Si salva proprio riflettendo a lungo su quello che è successo senza nascondere il suo coinvolgimento personale, rapportando la situazione alla propria, cercando di penetrare la psicologia di un uomo che tutti consideravano buono e inoffensivo e che si è rivelato all'improvviso capace di sterminare gli affetti più cari. Mostrando in primo luogo la propria fragilità, le tensioni profonde e le contraddizioni irrisolvibili che albergano nell'animo umano, Carrère trasforma la storia di Jean-Claude Romand nella storia di tutti noi.
Il 9 gennaio 1993 Jean-Claude Romand uccide la moglie e i due figli. Il giorno dopo si reca a casa dei genitori e uccide anche loro. Poi cerca di togliersi la vita ingurgitando barbiturici e incendiando la sua abitazione.
Quello che ai primi soccorritori sembra un terribile incidente - tre corpi carbonizzati dall'esplosione della caldaia, Jean-Claude è vivo ma gravemente ferito - si rivela in breve tempo una tragedia dai contorni inquietanti. La moglie e i due figli risultano essere morti prima dell'incendio. A Clairvaux-les-Lacs nel Giura, la regione di cui Jean-Claude è originario, vengono ritrovati morti anche i suoi genitori e il cane. Una famiglia assassinata.
Jean-Claude e la sua famiglia avevano dei nemici? Chi può essere l'autore di quella strage?
Luc Ladmiral conosce Jean-Claude da una vita. Hanno studiato medicina alla stessa università, si sono sostenuti in alcuni momenti difficili della vita, le loro figlie sono cresciute insieme. Tutto diventa più chiaro in poche ore. Gli inquirenti trovano un bigliettino nell'auto di Jean-Claude in cui si auto-accusa dei delitti e chiede scusa. Ma non finisce qui: Jean-Claude non era quello che aveva fatto credere di essere per tutta la vita. Non è un medico e non lavora per l'Organizzazione Mondiale della Sanità. Da diciotto anni mentiva alla sua famiglia e a tutti quelli che lo conoscevano. Per diciotto anni aveva vissuto una vita da fantasma, vagando intere giornate per i boschi della Giura mentre lo credevano a lavoro, conservando un segreto che non poteva confidare a nessuno. Una catena di menzogne lo aveva intrappolato per tutta la vita. Dove inizia la verità?
Carrère ripercorre l'infanzia di Jean-Claude, i luoghi della sua solitudine, e incrocia il suo percorso con i ricordi e la testimonianza dell'amico Luc Ladmiral.
Originario del Giura, Jean-Claude era un bambino calmo e giudizioso cresciuto in una famiglia di sani principi, poi un adolescente solitario e timido, impaurito e inadeguato. Al liceo si era ammalato per un lungo anno. All'università aveva scelto di studiare medicina, nonostante la sua passione per i boschi e la decennale esperienza paterna nella Forestale. Non essendo riuscito a passare al terzo anno, si era trovato a un bivio. Una bugia troppo grande era diventata la sua prigione. Poi si era sposato con una ragazza semplice e genuina, senza troppe pretese, attaccata agli affetti familiari. A menzogna si era aggiunta menzogna, prendendo il sopravvento sulla sua vita, fino al momento in cui non sarebbe stato più possibile tornare indietro.
Carrère si sente ""scelto"" da questa storia, che diventa per lui quasi un'ossessione. Scrive una lettera a Romand chiedendo di incontrarlo. Nel frattempo scriverà un altro romanzo su un padre assassino che vagava da solo in mezzo alla neve. Poi, due anni dopo, finita l'istruttoria, Romand risponde e acconsente a raccontargli la sua storia.
""Sono entrato in contatto con lui e ho assistito al suo processo. Ho cercato di raccontare con precisione, giorno per giorno, questa vita di solitudine, di impostura e di assenza. Di immaginare che cosa passasse per la testa di quell'uomo durante le lunghe ore vuote, senza progetti e senza testimoni, che tutti presumevano trascorresse al lavoro, e che trascorreva invece nel parcheggio di un'autostrada o nei boschi del Giura. Di capire, infine, che cosa, in un’esperienza umana tanto estrema, mi abbia così profondamente turbato - e turbi, credo, ciascuno di noi”.
Con una scrittura appassionante, coinvolgente, Carrère ci racconta una storia allucinante che rivela l'abisso che si cela nell'animo umano.
Emmanuel Carrère - L'Avversario
Titolo originale: L'Adversaire
Traduzione di Eliana Vicari Fabris
169 pagg., 19 € - Edizioni Adelphi 2013 (Fabula)
ISBN 9788845927867
L'autore
Un libro-verità sulla vicenda giudiziaria del pluriassassino Jean-Claude Romand.
"Il 9 gennaio 1993 Jean-Claude Romand ha ucciso la moglie, i figli e i genitori, poi ha tentato di suicidarsi, ma invano. L'inchiesta ha rivelato che non era affatto un medico come sosteneva e, cosa ancor più difficile da credere, che non era nient'altro. Da diciott'anni mentiva, e quella menzogna non nascondeva assolutamente nulla. Sul punto di essere scoperto, ha preferito sopprimere le persone il cui sguardo non sarebbe riuscito a sopportare. È stato condannato all'ergastolo. Sono entrato in contatto con lui e ho assistito al processo. Ho cercato di raccontare con precisione, giorno per giorno, quella vita di solitudine, di impostura e di assenza. Di immaginare che cosa passasse per la testa di quell'uomo durante le lunghe ore vuote, senza progetti e senza testimoni, che tutti presumevano trascorresse al lavoro, e che trascorreva invece nel parcheggio di un'autostrada o nei boschi del Giura. Di capire, infine, che cosa, in un'esperienza umana tanto estrema, mi abbia così profondamente turbato - e turbi, credo, ciascuno di noi." (Emmanuel Carrère)
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