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Il bello della bicicletta, l'ultimo saggio di Marc Augé

“Il solo fatto che l’uso della bicicletta offra una dimensione concreta al sogno di un mondo utopico in cui la gioia di vivere sia finalmente prioritaria per ognuno e assicuri il rispetto di tutti ci dà una ragione per sperare: ritorno all’utopia e ritorno al reale coincidono. In bicicletta, per cambiare la vita! Il ciclismo come forma di umanesimo.”    

Il lettore non deve essere impaziente e leggere rapidamente questo libro, dando una veloce occhiata ad alcune frasi, scorrendo di corsa pagine e capitoli. Questo è un libro da leggere con lentezza, sulle cui pagine è bene soffermarsi per capire che cosa ci voglia comunicare l'autore, oltre al messaggio più esplicito, quanto del nostro vivere sia opportuno mettere in discussione, quali opportunità ci siano ancora date per uscire dalla barbarie dell'oggi. Augé, “antropologo dei mondi contemporanei”, docente universitario, uno dei più autorevoli intellettuali europei, analizza in questo saggio il “nuovo umanesimo” dei ciclisti. Vediamo come.

Partendo da ricordi personali, momenti biografici costellati da letture di giornali di ciclismo e dalla visione di pescatori bretoni che raggiungevano in bicicletta il porto, passando per le analisi semiotiche di Roland Barthes e per la trasformazione consumistica di questo sport (squadre non più nazionali ma gestite da sponsor), c’è l’affermazione sul significato profondo che ha avuto, per almeno un trentennio, l’andare in bicicletta: “In pochi secondi l’orizzonte chiuso si libera, il paesaggio si muove. Sono altrove. Sono un altro, eppure sono me stesso come mai prima; sono ciò che scopro“. 

Andare in bicicletta significa imparare a gestire il tempo e il proprio corpo (non si può barare) e insegna una socialità solidale così rara oggi. Per questo suo essere “mitica, epica, utopica”, la bicicletta rappresenta anche il simbolo di un futuro ecologico e di una possibile trasformazione delle città.
Che cosa caratterizza la città d’oggi? Prima di tutto la grande semplicità di entrata e di uscita, contrappesi esterni che ne garantiscono l’equilibrio. Una città che si decentralizza, che si estende e che si perde, mangiando territorio e identità. Allora la bicicletta può ridare vita alla coscienza dell’essere città come luogo di incontri con un centro vivo e non ridotto a museo o a involucro vuoto. Da qui la positività della scelta da parte delle amministrazioni di mettere biciclette a disposizione dei cittadini che riescono finalmente a guardare ciò che li circonda, a riscoprire bellezze dimenticate...

Ma come saranno accettati questi nuovi esseri a due ruote dai tanti, troppi, automobilisti che intasano e inquinano le strade urbane? Non bene, come avviene oggi nei confronti dei tanti audaci che già circolano in bici nelle grandi città. La soluzione è nell’uso sempre più diffuso di questo mezzo di trasporto non inquinante e nella creazione di vere piste ciclabili: ridisegnare quindi oltre che ripensare e rivisitare la città.


Il capitolo “L’utopia” è la descrizione di una città, in questo caso Parigi, come dovrebbe essere nel futuro. O meglio come ogni essere ragionevole dovrebbe volere che fosse la città in cui vive, lavora e fa crescere i suoi figli.  



L'autore


15 giugno 2009 Di Grazia Casagrande

Il bello della bicicletta
Il bello della bicicletta Di Marc Augé;

Nel 1948 esce nelle sale "Ladri di biciclette" di Vittorio de Sica. Passerà appena un anno e Fausto Coppi, trionfatore in sella alla sua Bianchi di Giro d'Italia e Tour de France, diventerà l'eroe dell'epopea moderna celebrato da Roland Barthes. Ed è proprio nel clima di devastazione e speranza, di distruzione e rinascita dell'immediato dopoguerra che si impone il mito contemporaneo della bicicletta, un mito oggi forse maturo per trasformarsi in utopia ecologista e democratica. Augé analizza lucidamente il "nuovo umanesimo dei ciclisti", che annulla le differenze di classe, induce all'uguaglianza, riconduce l'esistenza nelle nostre città a tempi e ritmi più sostenibili, trasforma le vie urbane in spazi da scoprire con la cadenza regolare della pedalata e riapre così le porte, in ultima analisi, al sogno e all'avvenire.

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