""Bisogna che dica qualcosa sui barbari del terzo millennio, i cinesi.
Non so quali posti abbia visitato Marco Polo, ma la mia esperienza con questa gente è affatto diversa dalla sua. L'amico Giulio mi aveva avvertito di non mischiarmi con loro. 'Non te ne verrà niente di buono', mi ammoniva. Non ho voluto ascoltarlo e il risultato è finito su tutti i giornali.""
Forse il presente in cui viviamo non piace a molti. Forse è per questo che abbiamo riscontrato, di recente, una duplice tendenza nella narrativa italiana: si moltiplicano i romanzi che - come Il tempo infranto di Patrick Fogli (Piemme) e Il vento dell’odio di Roberto Cotroneo (Mondadori) - rivolgono lo sguardo al passato più vicino, quello degli anni del terrorismo, in un tentativo di chiarimento, oppure quelli che guardano il futuro con una lente di ingrandimento lievemente distorta, dando voce alle ansie di coloro che registrano con paura i cambiamenti nella vita quotidiana.
Alberto Beonio Brocchieri (Il mistero della donna scomparsa, ed. Marsilio) descriveva una Roma blindata i cui cancelli si aprivano al mattino per lasciare entrare i lavoratori immigrati; Pierfrancesco Prosperi (La moschea di San Marco, ed. Bietti) immaginava un’Italia in cui la sharia viene applicata a tutti e la chiesa di San Marco è ‘ceduta’ agli islamici. È in questa linea della distopia che si colloca il nuovo romanzo di Tommaso Pincio, Cinacittà.
Bel titolo, Cinacittà, che allude subito a due ‘filoni’ interpretativi del libro, con il ricordo alla mitica Cinecittà dell’età dell’oro del cinema italiano e con la traduzione letterale di Chinatown, come ormai vengono chiamati i rioni delle nostre città che si sono riempiti di cinesi.
“Esistono ancora i romani?”- è la frase di apertura del romanzo, e la risposta è no, a Roma di romani non ce ne sono più. Sono fuggiti al Nord, dopo la duplice catastrofe del cambiamento climatico e dell’invasione dei nuovi barbari, i cinesi. Perché a Roma, dopo l’anno senza inverno, fa un caldo tremendo che costringe gli abitanti ad una vita notturna da vampiri. Queste sono le due paure a cui Tommaso Pincio dà voce nel romanzo, insieme ad una terza che ormai è una costante nella nostra vita- quella della povertà in agguato. Come l’euro è seguito all’unione degli stati europei, così la nuova moneta chiamata ‘globo’ ha sostituito l’euro con la globalizzazione, provocando le stesse conseguenze e, in particolare, il definitivo tracollo del protagonista di Cinacittà. Che racconta la sua storia dal carcere, perché - come dice il sottotitolo del romanzo - quelle che leggiamo sono le Memorie del mio delitto efferato.
Ci sono diversi livelli di lettura nel romanzo di Tommaso Pincio. Il più appariscente è quello della leggera distorsione della realtà, proiettata in un futuro così vicino al presente che sentiamo ancora parlare di fatti di cronaca come il delitto di Garlasco, in una Roma percorsa da risciò e insozzata dagli sputi dei cinesi che l’hanno invasa. Un secondo livello è colorato di giallo: il personaggio (il cui nome non viene detto, ma si allude ad una connessione con Villa Borghese - alter ego dello scrittore? Sì, per molti altri dettagli) sconta trent’anni di prigione per aver ucciso una ragazza cinese.
Scendiamo più in profondità, mentre ci rendiamo conto che stiamo leggendo la storia dello sperpero di una vita- non per nulla l’amico (o nemico?) cinese soprannomina il protagonista Marcello, come il personaggio de La dolce vita, in uno dei tanti intriganti rimandi cinematografici che, insieme a quelli letterari, offrono percorsi alternativi di lettura. E allora, mentre il protagonista si chiede- lungo tutto il romanzo- quale sia stato il punto di non ritorno, comprendiamo anche che, forse o prima di tutto, Cinacittà è il romanzo della caduta. Caduta dell’uomo che è metafora della caduta di una città- impossibile dire quali siano stati i primi passi verso il baratro, dell’uno e dell’altra.
Un romanzo che scorre veloce, ricco di ironia e di umorismo amaro, scritto in una lingua viva e attuale che si avvale anche di sottili giochi di parole. E se non è politicamente corretto - chi ci bada più?
Da leggere.
Le prime pagine
I. Ma i romani esistono davvero?
Ma i romani esistono davvero?
C'è questa bambina di tre o quattro anni. Un'ebrea. Sfoglia un libro illustrato sul!' antica Roma strabuzzando gli occhi di fronte alle immagini dell'ordinaria violenza di allora. Gladiatori che combattono nell'arena, leoni in procinto di sbranare martiri cristiani, cose così. Assiepata sui gradoni del Colosseo, la folla lancia grida di giubilo, reclama sangue, inneggia alla mattanza. La bambina aggrotta la fronte, pensierosa. Si tormenta il labbro inferiore coi dentini da latte. Poi, con voce tremula, domanda: - Ma i romani esistono davvero ? Ho tanta paura dei romani.
Devo darti una brutta notizia, bambina ebrea. Quegli uomini tanto cattivi dominarono il mondo per secoli. Proprio come è scritto nel libro. Posso fornirti una prova della loro esistenza, se non ci credi. Una prova in carne e ossa. Un loro discendente in linea diretta. Me.
Sono nato a Roma. Lo stesso vale per mio padre e mia madre e chi li ha generati. Cosa ci sia più indietro dei nonni lo ignoro, ma siamo sempre stati una famiglia d'indole caserec-cia. Stanziale, per cosi dire. Nessuno si è mai allontanato dalle mura domestiche se non quando vi è stato costretto, per cui non mi sorprenderei se qualche mio lontano antenato si fosse trovato nei paraggi quando la mitica lupa allattava i gemelli.
© 2008, Giulio Einaudi editore
Tommaso Pincio - Cinacittà. Memorie del mio delitto efferato
335 pag., 17,00 € - Edizioni Einaudi 2008 (Einaudi. Stile libero big)
ISBN 978-88-06-18863-4
Ascolta Cinacittà letto da Tommaso Pincio
L’autore |
02 dicembre 2008 | Di Marilia Piccone |
Il Sud del mondo è sempre più caldo, e a Roma è ormai impossibile vivere di giorno. I romani l'hanno abbandonata. I cinesi e altre comunità hanno colonizzato tutti i luoghi che siamo abituati a considerare immortali. Un sopravvissuto, indolente e apatico, abituato a vivere una personalissima versione della "dolce vita" tra birre fredde e serate alla "Città proibita", il tempio cinese della lap-dance, è avvicinato un giorno dal signor Wang, Che paria un italiano perfetto e sa tutto della storia di Roma antica. Da quando Wang mette l'occhio su di lui, "Marcelle", come lo chiama Wang, cambia. E fa ciò che non avrebbe mai dovuto fare: si innamora di una delle ragazze che prima solo guardava...
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