Le recensioni di Wuz.it

C'era una volta la Coppa America

Gérard A. Jaeger

Dalle origini a Valencia 2007, la storia della più prestigiosa regata del mondo

"Nel 1850, quando John Cox Stevens allestì la goletta America con l'intenzione di sfidare la supremazia britannica nel campo delle costruzioni navali, Horace Greely, caporedattore del New York Tribune, gli comunicò che quella battaglia personale avrebbe impegnato anche l'onore e la credibilità degli Stati Uniti: "Il mondo vi guarda!" gli disse solennemente. Un anno più tardi, a margine dell'Esposizione Universale che si teneva a Londra, il duello marittimo tra il Vecchio e il Nuovo Mondo si svolse nel Solent. Quel giorno, al termine di una regata attorno all'isola di Wight, la lotta tanto attesa fra la tradizione e la rivoluzione si risolse in maniera addirittura insolente a vantaggio dello sfidante americano. E la schiera inglese venuta a umiliarlo se ne tornò battuta. Siccome quella vittoria era il risultato di una sfida ambiziosa, i proprietari della golette avevano vinto la loro scommessa. Era appena nato un trofeo d'eccellenza."

Parliamo molto in queste settimane di America's Cup. È la passione sportiva di molti, l'amore per il mare e per la vela, a trascinare nell'entusiasmo di una competizione che ci vede tra i favoriti, con Luna Rossa, l'imbarcazione condotta dal napoletano Francesco De Angelis che già fu l'artefice di un'ottima gara nel 2000, giungendo a sfidare il detentore della Coppa.
Ma la Coppa America ha una lunga, affascinante storia alle spalle, di cui in Italia si sa poco. 
Gérard A. Jaeger ripercorre, in una ricostruzione storica puntuale, le tappe di questa vicenda e lo fa con entusiasmo e passione.


Dalla nascita degli yacht club alla prima sfida, datata agosto 1851, che vede trionfare la goletta del New York Yacht Club sugli sfidanti inglesi e "salpare" il trofeo ideato dal gioielliere Garrard e messo in palio per la prima volta, dall'Inghilterra verso il Nuovo Mondo. 
E poi le sfide successive, l'ingresso nella competizione di altre nazioni, la trasformazione degli scafi e dei materiali, il coinvolgimento di uomi d'affari, la modifica continua del regolamento, fino alla vittoria di Alinghi sui neozelandesi, penultimi detentori della Coppa, e al rientro in Europa della competizione.

Ogni capitolo è preceduto da un breve riepologo dei fatti del periodo preso in considerazione, che aiuta a seguire cronologicamente gli eventi. 
Al termine del volume, invece:
un Glossario
un riepilogo dei protagonisti che hanno fatto la storia della Coppa America
il Palmarès delle partecipazioni in ordine di vittorie e di sconfitte
l'elenco delle barche iscritte
l'elenco dei membri dell'equipaggio di un Class America della quinta generazione e le loro funzioni a bordo
l'elenco dei concorrenti della trentaduesima Coppa America Valencia 2007.


Nelle pagine di Wuz:

Cino Ricci parla della Coppa America 2007
La vela secondo Giovanni Soldini
Leggere la vela

Dalla rete:
America's Cup - Il sito ufficiale
Luna Rossa Challenge - Il sito ufficiale
Mascalzone Latino - Il sito ufficiale
+39 Challenge - Il sito ufficiale
Alinghi - Il sito ufficiale
Emirates Team - New Zeland - Il sito ufficiale
Cino Ricci - il sito ufficiale
Francesco De Angelis - la scheda biografica sul sito America's Cup
James Spithill - la scheda biografica sul sito America's Cup
Torben Grael - la scheda biografica sul sito America's Cup


Le prime pagine
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Regate a Cowes intorno al 1900




TUTTI GLI ASPETTI DELLA NAVIGAZIONE DA DIPORTO

Nei tempi remoti della marina, l'arte di navigare suscita timore e non procura alcun piacere.
    Per un lungo periodo rischiare la vita sul mare è in effetti solo una crudele necessità. In pieno Rinascimento non è forse Francois Rabelais a far dire a uno dei suoi personaggi: «Vado sugli oceani armato di rimpianti»? D'altronde una parte dell'umanità rifiuta l'idea che la terra sia rotonda e di conseguenza pensa che sia impossibile circumnavigarla a vela, come previsto da un certo Cristoforo Colombo, che diventa oggetto di scherno.
    Arriva poi l'epoca dei viaggi su lunghe distanze e delle grandi scoperte, che già permettono di valutare quanto l'umanità debba al coraggio di quegli stravaganti capitani. Le loro strampalate imprese tuttavia non sollevano alcun entusiasmo e le vocazioni sono rare. Gli orizzonti tenebrosi tanto affascinano quanto intimoriscono e, quando si tratta di avventurarsi sul mare, la paura dell'ignoto scatena ogni genere di superstizione.
    Il gusto di vagabondare sull'acqua per il puro piacere di farlo non sfiora ancora la mente di nessuno. 


L'Intrepid e il suo sfidante australiano Dame Pattie nel 1967

    Poi un giorno, allorché l'esperienza infonde coraggio ai marinai più temerari, il desiderio di andare veloci si aggiunge al bisogno di fare lunghi viaggi. La concorrenza e la ricerca di una supremazia commerciale portano inevitabilmente ad auspicare l'aumento della velocità delle navi, che in tal modo ci guadagnano anche in sicurezza.
    L'impresa vale tanto oro quanto pesa e si comincia a gareggiare in ingegnosità. Certo, la padronanza dei capricci dell'oceano è ancora modesta e ci vorranno pazienza e abilità per domarne i malumori, ma l'impulso ormai è partito. I popoli marittimi si costruiscono una tradizione. L'interesse di questa conquista permetterà di dimenticare le paure ancestrali e ci illuderà di una vittoria definitiva della tecnica sulle forze della natura. Come scriveva Montesquieu nello Spinto delle leggi: «L'impero del mare ha sempre dato ai popoli che l'hanno posseduto una fierezza naturale».
    Le imbarcazioni si fanno più grandi, diventano fortezze dentro cui ci si sente al sicuro. All'inizio del XVII secolo, grazie alla tenacia, le genti di mare impongono le loro leggi e competenze, anche se rimangono un'entità misteriosa che già Fiatone separava dai morti e dai vivi.
    Ma mentre la scienza si evolve e gli uomini acquistano sicurezza, la genialità diventa passione. Ed ecco che tutto cambia e che le mentalità si modificano. Non ci vuole altro in realtà perché l'oceano, dopo essere stato un nemico dell'umanità, ne divenga un alleato e poi, con il tempo, si trasformi in una fonte inesauribile di felicità. Elevandosi ad arte, la scienza della navigazione si libera nello stesso tempo dagli ostacoli del passato. Questa nuova visione della storia allontana le angosce e le paure ancestrali. 
    È appena nata una filosofia del mare. Saranno i grandi mercanti batavi del XVII secolo a propagare un nuovo modo di conoscere l'oceano. Non si parla ancora di navigazione da diporto, ma l'idea sta per germogliare nell'animo di alcuni armatori più ambiziosi o semplicemente più innovatori di altri.


Manifesto ufficiale della 25.ma Coppa America 1983

    Gli abitanti dei Paesi Bassi vivono dell'oceano e la loro cultura marinara è ancestrale. Padroneggiando naturalmente la navigazione, ne fanno un uso quotidiano da sempre, in un Paese in cui le vie di navigazione sostituiscono le strade. Le loro barche permettono di esibire lo stato sociale lungo i canali, i fiumi e le coste che percorrono volentieri con le famiglie o per affari. Lontani dalle nere acque del mare del Nord, dove la guerra farebbe correre loro pericoli inutili, navigano in tutta sicurezza, pienamente consapevoli di essere dei pionieri.
    Così, dalla fine del XVI secolo, si assiste allo sviluppo di piccole unità maneggevoli e confortevoli, ispirate direttamente ai vascelli leggeri destinati alla caccia ai pirati. Queste imbarcazioni, comunemente chiamate jaghts, servono anche al trasporto di mercanzie e passeggeri.
    All'inizio del secolo successivo, gli scambi marittimi con il mondo sono più floridi che mai e la maggior parte dei mercanti ama sfoggiare la propria potenza e autorità. Per raggiungere lo scopo, essi gareggiano in ingegnosità, costruiscono case sontuose lungo l'Amstel e si esibiscono con ostentazione a bordo dei loro jaghts. A quest'epoca Amsterdam è uno spettacolo perpetuo. Sapientemente decorate, le nuove cabotine rappresentano ormai per i proprietari un modo eccellente per emergere dalla massa, per mostrare il loro successo.
    Nel 1622 sono così numerose che il municipio di Amsterdam progetta per queste imbarcazioni il primo porto al mondo riservato esclusivamente ai panfili. Fino alla metà del secolo la domanda cresce al punto che bisogna costruire non solo altri porti sul fiume, ma anche un numero sempre maggiore di jaghts per una clientela che apprezza particolarmente questa nuova espressione dell'arte della navigazione.
Utilizzato nel Nuovo Mondo dai coloni olandesi, lo jaght è usato per l'esplorazione dei grandi fiumi. Ma solo qualche decennio più tardi, grazie al successo accordatole dagli inglesi fin dal loro arrivo sul continente, questa imbarcazione leggera, estremamente maneggevole e facile da usare, acquisirà definitivamente un titolo di nobiltà. Sono piccole unità munite di derive laterali, il cui esiguo pescaggio non permette lunghe escursioni in mare. Nelle Americhe non sono ancora destinate alla navigazione da diporto, non possiedono molti comfort e sono poco decorate, anche se un numero sempre maggiore di ufficiali di marina e di ricchi coloni se ne serve per il proprio uso personale. Il dizionario di Richelet, nell'edizione del 1718, precisa che hanno appartamenti comodi e confortevoli e che sono «belle dentro e fuori».

© 2007, Longanesi & C.

Gerard A. Jaeger – C’era una volta la Coppa America
350 pag., 18,60 € - Edizioni Longanesi 2007 (I libri del mare)
ISBN 978-88-304-2418-0


L'autore
Gerard A. Jaeger, storico e giornalista, consulente del Museo nazionale della Marina francese, ha scritto più di venti libri sul mare e i suoi protagonisti; in italiano ha pubblicato la biografia Felix von Luckner, un corsaro del XX secolo.

01 giugno 2007 Di Giulia Mozzato

 C'era una volta la Coppa America
C'era una volta la Coppa America Di Gérard A. Jaeger;

A Valencia, nel 2007, ci sarà la sfida n. 33 per conquistare la Coppa America, il più ambito trofeo velico al mondo. Tutto cominciò nel 1851, quando lo schooner America, del New York Yacht Club, sfidò 14 imbarcazioni del Royal Yacht Squadron britannico e vinse, aggiudicandosi la "Coppa delle cento ghinee" e dando alla competizione il proprio nome, che conserva tuttora. Gli americani rimasero imbattuti per 25 sfide in 132 anni, fino al 1983, allorché gli australiani si portarono a casa la Coppa. L'autore racconta questa incredibile epopea di uomini e barche, dove la storia diventa leggenda, fino ai giorni nostri. E c'è spazio anche per l'Italia: dai tempi di Azzurra (1983) alle più recenti avventure del Moro di Venezia (1992) e di Luna Rossa (2000), che vinsero la Louis Vuitton Cup e sfidarono i detentori.

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