Alzando la scatola in cima alla pila, fece cadere qualcosa: una vecchia busta marrone sbiadito. Melanie la prese con delicatezza. La scritta era ormai illeggibile, e non era sigillata. Con cautela la aprì e ne estrasse una foto, che girò verso la luce di una finestra sul tetto per vederla meglio. Vi erano ritratte due ragazze vietnamite, entrambe sui quattordici, quindici anni. Indossavano entrambe un áo dài, che alla più giovane donava particolarmente. Si tenevano per mano sorridendo raggianti. La busta conteneva anche dei petali di gelsomino, alcuni ormai ridotti in polvere, dei biglietti di carta da lettere sottilissima, ricoperti di una fitta calligrafia.
Girò la foto sul retro. Le sorelle dei gelsomini, c’era scritto in vietnamita.
È un libro che parla di donne e che è destinato ad un pubblico femminile, il nuovo romanzo della scrittrice tedesca Corina Bomann che ama aggiungere un pizzico di esotismo nelle sue trame: ci aveva trasportato nello Sri Lanka ne L’isola delle farfalle ed è nel Vietnam dei primi anni del ‘900 che si svolge una parte della storia de La signora dei gelsomini, o meglio, Le sorelle dei gelsomini, come dice il titolo originale, Die Jasminschwestern, perché il desiderio di ritrovare la sorella scomparsa affiora in tutto il racconto dell’ormai ultranovantenne Hanna de Vallières, è il filo rosso che la riconduce, ad un certo punto della sua vita, in quella che lei continua a chiamare Saigon e che è diventata Ho Chi Minh City.
Ed è questo respiro lungo del racconto l’altra caratteristica che i romanzi della Bomann hanno in comune: si inizia dal presente e poi qualcosa, per lo più un avvenimento drammatico, impone un arresto con un ripiegarsi sul passato aprendo un vaso di Pandora da cui si riversano miriadi di storie che ci parlano di tempi, usanze, stili di vita scomparsi.
Quattro donne formidabili sono le protagoniste. Cinque, anzi, se consideriamo anche Thanh, la sorella scomparsa. Che poi non è una sorella di sangue, piuttosto è una sorella d'elezione che è stata infine adottata dal patrigno di Hanna, quando questa ancora si chiamava Hoa Nhài, ‘gelsomino’ nella lingua del paese che allora era Indocina, colonia francese.
Per un gioco di volute coincidenze si attribuisce ad un mazzetto di gelsomini raccolti in un tempio da Hoa Nhài e da Thanh la sventura che si abb atterà su di loro, così come è un gioco di coincidenze che Melanie, bisnipote di Hoa Nhài/Hanna, sia appena tornata dal Vietnam quando il suo fidanzato è ricoverato in ospedale per un gravissimo incidente - Melanie si rifugerà nella villa della nonna e della bisnonna e sarà questo il pretesto narrativo tipico del ‘c’era una volta…’
La famiglia di Hoa Nhài era benestante, suo padre era un funzionario governativo, lei aveva frequentato buone scuole e parlava un ottimo francese. Poi la catastrofe.
Lascio alle lettrici il gusto di scoprire che cosa accada, dico solo che la caduta è più dolorosa quanto più in alto è il punto dal quale si cade.
Niente aveva preparato la diciassettenne Hoa Nhài a quello che le sarebbe accaduto: la fuga, la nave, l’arrivo ad Amburgo e la Casa Rossa...
Ma Hoa Nhài, ormai diventata Hanna, ha una tempra forte e battagliera, da Amburgo andrà a Berlino e poi a Parigi.
Dalla poco considerata nonna materna ha ereditato una capacità manuale che le permette di fare miracoli con stoffa, ago e filo.
Come tutti gli orientali ha un gusto innato per il colore: Hanna cucirà prima per sé, poi diventerà apprendista di una modista, cercando di dimenticare un passato che ha straziato il suo corpo.
Però il passato non dimentica lei, spezza la sua storia d’amore.
Hanna cade, Hanna si rialza, Hanna mette al mondo una figlia, quella con cui vive tuttora, con cui dirige un singolare museo della moda.
Tutte e quattro le donne lavorano nel campo della moda, pur in maniera diversa, è un gene tramandato? La madre di Melanie ha un negozio di cappelli e Melanie è fotografa di moda. E poi, del tutto diversa, con un destino differente e un’altra scelta di vita, la quinta donna, la sorella smarrita che è quasi un ‘doppio’ di Hanna e che verrà persa di nuovo, subito dopo la gioia di averla ritrovata.
Avventure che lasciano con il fiato in sospeso, coraggio, lealtà, amicizia, amore, l’ombra della morte: sono questi gli ingredienti che da sempre rendono appassionante un romanzo che vira al rosa.
E Corina Bomann li mescola con garbo, eleganza e… profumo inebriante di gelsomino.
Recensione di Marilia Piccone
Corina Bomann - La signora dei gelsomini
Titolo originale: Die Jasminschwestern, traduzione Sara Congregati
pagg. 476, Euro 11,90 - Giunti
ISBN 9788809805163
Il sogno d'amore di Melanie sta finalmente per realizzarsi: presto sposerà Robert, l'uomo che ama da sempre. Ma il destino sembra aver deciso diversamente: Robert rimane vittima di un terribile incidente e cade in coma. Devastata dal dolore, Melanie mette da parte la sua carriera di fotografa per rifugiarsi nella villa di campagna della bisnonna Hannah. A 96 anni, Hannah sa bene quali terribili prove può riservare l'esistenza, e decide di raccontare alla nipote la sua storia, accompagnando Melanie in un viaggio avventuroso e affascinante: dall'infanzia nell'esotica Saigon, dove Hannah fu separata dall'amata sorella adottiva, alla giovinezza nella Berlino degli anni Venti, dove vivrà un amore grande e impossibile, per poi cercare un nuovo inizio a Parigi come disegnatrice di cappelli. Una vita piena e drammatica, costellata di perdite ma anche di doni inaspettati: perché il segreto di Hannah è aver avuto la forza di non arrendersi mai. Riuscirà Melanie a trovare il coraggio di seguire le orme della nonna? È possibile ricominciare a lottare, quando la vita sembra averti strappato tutto quello che ami?
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