Le recensioni di Wuz.it

Cronache dall'asfalto

Samuel Benchetrit


«Benchetrit mescola il vero e il verosimile, il visto con gli occhi e il lavorio dell’immaginazione, grazie a un felice talento di narratore. Ci si lascia sedurre dal suo piccolo mondo e il libro si legge d’un fiato, a tratti spassoso, a tratti commovente. A volte le due cose assieme».
Livres Hebdo


Quel genio spudorato di Dostoevskij aveva ragione. La migliore definizione di Uomo è l’essere che a tutto si abitua. In effetti la nostra specie si annida e prospera in condizioni che a parole sembrerebbero quantomeno improponibili. E invece eccoci là, in mezzo a torri di cemento, senza cielo sopra la testa, a crescere cuccioli comunque rosei e vivaci. Senza sfrondare di rami carichi di verde, e senza la morbidezza delle piume, è in ogni caso un nido fertile anche questo luogo che occupa tanta cronaca in questi ultimi tempi. Che faccio, lo scrivo? La banlieue parigina. Ecco l’ho scritto.

Ma per favore, non franate nel tranello del luogo comune! 
L’autore, onest’uomo, non ci ha nemmeno provato, ad incastrarvi. Non aspettatevi ragazzi col viso imbavagliato nell’atto di lanciare bombe in piazze infiammate, o roba da fiction di telegiornale
Samuel Benchetrit ha preferito raccontarci storie di quotidianità che si dipanano tra i pianerottoli di un palazzone di 14 piani, in una non meglio definita periferia della città negli anni Ottanta. Nessun terzo occhio giudicante, gli immigrati poveri, la gente comune, la bassa manovalanza della Ville lumìere si muove in quello che è il suo habitat normale, accettato e sfruttato per quello che è. Un posto sicuramente snaturato e incolore, ma dove la vita attecchisce in forme estremamente umane, toccanti. 

Cronache dall’asfalto trae molto dai ricordi di Samuel, che nella banlieue ci è veramente cresciuto, e proprio gli scugnizzi parigini sulla via dell’adolescenza sono i protagonisti principali dei racconti semi autobiografici
Hall è uno di questi e Samuel ne è il personaggio principale. Tre pagine, linguaggio scarno e franco, divertente e bambinescamente maturo. Il ragazzino viene pestato ben bene perché metà ebreo e metà zingaro. Punti di sutura, naso rotto. Con quell’aria da duro conquista una compagna di scuola, piuttosto carina, con la quale va al cinema a sbaciucchiarsi. A lezione dice di non odiare i tipi che lo hanno preso a botte, e che li perdona, ovvio, solo per compiacere il professore. Ma il viso torna normale, e la faccia pulita non piace più a lei, che nella vita rincorrerà solo quelli belli e dannati per farsi prendere per in giro. Addirittura, la ragazzina dirà a tutta la scuola di vergognarsi di lui e che bacia da schifo. Da quel momento in poi Samuel, ogni volta che passa per la hall, desidera trovare quei balordi per fargliela pagare. Non perché sono razzisti e l’hanno picchiato, ma perché per colpa loro adesso tutta la scuola sa che bacia da far pena. Capita la differenza tra i bimbi bene e quelli cresciuti senza imballaggio d’ovatta? 

I genitori sono visti come vecchi e senza futuro anche a trent’anni e fanno un misto di tristezza e ribrezzo alla maggior parte dei figli, che li vedono come degli alieni. Però, non crediate che non abbiano ascendente su queste giovani pesti. 
Touré si vuole buttare dalla finestra. Gli amici cercano di dissuaderlo, ma niente. I vicini adulti fanno il possibile, ma invano. Passano le ore e si fa viva la polizia, nulla. Anche i pompieri arrivano e studiano piani di sicurezza, nisba. 
Touré, in bilico sul davanzale, grida a tutti a squarciagola di andare a quel paese. Fino a che non arriva la madre. Due urlacci bastano a far ricredere il piccolo e a farlo rientrare, chiudendo la finestra. 

Insomma, racconti divertenti e duri, che ci trascinano sulle strade di quella periferia elettrica dove i bambini hanno poco tempo per esserlo, e devono decidere in fretta quale sarà il loro appiglio per tirare avanti. 
Samuel lo ha trovato nella fotografia prima, poi nella regia e nella scrittura. Cercare e raccontare esteticamente una verità, sia essa un fotogramma, delle azioni in successione o una pagina di vita. 
Del resto, e mi riaggancio all’inizio, chi può negare che la bellezza salverà il mondo?

Cronache dall'asfalto di Samuel Benchetrit
Traduzione di R. Fedriga
152 pag., 14,50 € - Edizioni Neri Pozza (Bloom)
ISBN 978-88-545-0149-2


L'autore

Samuel Benchetrit è nato nel 1973. 
È regista cinematografico (Janis et John, 2003) e teatrale. 
Ha esordito nel 2000 col romanzo Récit d'un branleur, e ha poi avviato la pubblicazione di una serie parzialmente autobiografica iniziata con questo Cronache dall'asfalto. È stato sposato con Marie Trintignant, con cui ha avuto un figlio.




31 agosto 2007 Di Silvia del Ciondolo

Cronache dall'asfalto
Cronache dall'asfalto Di Samuel Benchetrit;

Storie di città, di periferia parigina, storie di banlieue: immigrati poveri, cittadini modesti, piccola gente ordinaria. Accade tutto all'interno di un palazzone, tra le cantine e il tetto, tra scale e ringhiere, di casa in casa. Al primo piano abita una brava persona, che però non vuole pagare per il rinnovo dell'ascensore, un lusso inutile di cui non vede l'utilità. Più sopra c'è una famiglia di spazzini di padre in figlio, e un piccolo di cinque anni che vuole saltare giù dalla finestra dell'undicesimo piano; in alto vivono un giovane che si serve della morte del padre per ammansire e incantare la ragazza dei suoi sogni, e la signora che si offre a ogni ragazzo per dimenticare le umiliazioni e gli inganni subiti dal marito. E lí, nel mezzo, c'è Samuel, che dopo aver subito l'assalto di un gruppo di nazistelli è diventato la star della scuola...

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