Le interviste di Wuz.it

Daniel Barenboim

La musica sveglia il tempo
Daniel Barenboim © Monika Rittershaus

L'orecchio intelligente

Una biografia straordinaria (potete leggerla sul sito ufficiale del musicista) accompagna Daniel Barenboim. Pianista, direttore d'orchestra, ma anche impegnato in prima persona nella pacificazione tra israeliani e palestinesi con la nascita della West-Eastern Divan Orchestra accanto a Edward Said, tanto da guadagnarsi il titolo di Ambasciatore delle Nazioni Unite per la Pace. 
Un uomo eccezionale che abbiamo inervistato per RadioAlt e Wuz in occasione della presentazione italiana del suo ultimo libro, una saggio autobiografico tra musica, libertà di pensiero e convivenza civile e pacifica.


Perché il libro scritto da un grande musicista, e che il lettore può supporre contenga concetti e termini di non facile comprensione, sta scalando la classifica di vendita? Perché Barenboim è un uomo speciale, che ha saputo coniugare la sua professionalità con l'impegno politico-sociale creando una realtà di dialogo e collaborazione tra israeliani e palestinesi basata proprio sulla musica. 
E in questo saggio parzialmente autobiografico la racconta, con grande semplicità, affiancandola a temi di filosofia e di analisi musicale. 
Una convivenza civile è auspicabile, possibile e praticabile. 
Proprio la sua esperienza in merito è la parte più affascinante e intellettualmente stimolante di questo libro.

Vi consigliamo di guardare anche il lungo intervento di Berenboim sulla questione israelo-palestinese su YouTube, in italiano.


Non solo direttore d’orchestra e musicista ma anche scrittore. Nella prefazione del suo libro che lei intitola tra l’altro Preludio, lei scrive che l’inizio di un concerto parte avvantaggiato rispetto all’inizio di un libro. Come mai?

Perché in un concerto la musica esce dal silenzio e viene ascoltata sia da quello che suona che da quello che l’ascolta, da entrambi, e l’orecchio è per me l’organo più intelligente del corpo umano: ha la memoria, sviluppa l’intelligenza, ecc.
Per un libro si sta davanti al vuoto sia per scriverlo che per leggerlo.


Mi ricollego subito al concetto di "intelligenza dell’orecchio". 
Lei riprende più volte nel libro questo concetto. Cosa si può fare per sviluppare questo tipo di intelligenza?


Bisogna essere molto coscienti di quello che è l’orecchio.
Per esempio: quando un bambino che deve imparare ad attraversare la strada gli si dice: guarda a sinistra e guarda a destra per vedere se arriva una macchina. Tutta la nostra educazione oggi è basata sull’aspetto visuale invece bisognerebbe prendere cura dell’orecchio, svilupparlo.
L’orecchio è molto importante anche per la memoria. Se voglio ricordarmi il suo numero di telefono e non ho nulla su cui scriverlo lo ripeto ad alta voce o lo faccio ripetere da lei per ricordarlo. Cosa vuol dire questo? che c’è qualcosa che entra nell’orecchio e va direttamente all’intelligenza e che va dunque alla memoria.


Parliamo dell’onnipresenza della musica nella nostra società. 
Lei scrive che questa onnipresenza, di fatto, è un ostacolo all’integrazione della musica nella società. Quindi che cosa si dovrebbe fare?


Onnipresenza nel senso che i suoni e la musica e i rumori sono accettati come una cosa naturale. Io sono alloggiato adesso in un albergo molto comodo, molto piacevole a Milano. L’altro giorno ero con degli amici al bar. Non ho potuto fumare perché in Italia non si può fumare, però non ho potuto chiedere al barman di abbassare la musica abbastanza per poter parlare. “Scusi maestro ma questa è l’ora dell’aperitivo, c’è la musica c’è sempre la musica”... Ci sono tante cose terribili che non si possono fare, c’è la pornografia video su internet contro la quale si protesta ogni giorno, ma è un insulto all’orecchio anche questa musica! La musica non è fatta per essere un rumore di background, per sentire la musica bisogna stare in silenzio con la giusta concentrazione. Ma se tu metti la musica dove non possono esserci né il silenzio né la concentrazione è un ostacolo al poter godere della musica quando si può sentire veramente.

Edward Said, che lei cita più volte nel libro, sostiene che la musica in sé ha qualcosa di sovversivo. Lei sostiene e pensa che la musica possa influenzare i comportamenti delle persone quindi in qualche modo influenzare la politica?

La musica permette certe cose che vanno molto più in là di quello che è permesso o possibile nella vita. Nella musica si può anche avere un’esperienza della morte, per esempio. Quante volte ho sentito musicisti dire “ho avuto tanto piacere oggi a suonare la marcia funebre”. Lei non troverà mai qualcuno che le dirà “ho avuto tanto piacere oggi ad andare al cimitero”. Capisce? La musica dà all’essere umano la possibilità di vivere veramente certe cose che al di fuori di essa non sono possibili. La “sovversività” è un elemento quasi necessario nella musica: quando c’è un tema principale e ci sono dei temi annessi - o accompagnamenti – questi hanno in sé una certa “sovversività” cercando certe volte di interrompere il discorso del tema principale, o creando una certa esitazione nel tema principale. Nel mondo non sappiamo come convivere con la “sovversività”: guardi cosa è successo a Mosca, o cosa accade in un conflitto come quello mediorientale, o con lo sciopero dei treni in Germania o dei teatri in Italia. Tutto ciò è sovversivo. Nella musica però tutto si deve unire, dunque si arriva già alla fine del processo: ogni pezzo musicale è una vita dall’inizio alla fine e per questo tutto quello che c’è dentro è in un certo modo risolto.


Potrebbe raccontarci del progetto della West-Eastern Divan Orchestra che ha fondato nel 1999 con Edward Said?

È un’orchestra di giovani musicisti del Medio Oriente israeliani e arabi. Non è un progetto politico – quando dico questo la gente sorride sempre perché come si può parlare di una progetto del genere in Medio Oriente senza parlare di politica... – perché non ha una linea politica. 
Noi diciamo una sola frase “politica”: “non crediamo in una soluzione militare del conflitto” dunque crediamo che ci sia un vincolo inestricabile fra il destino dei due popoli, dunque – sempre il dunque – bisogna trovare il modo di imparare a vivere insieme e capire il punto di vista dell’altro, anche se non si è d’accordo perché l’israeliano non può essere d’accordo con il punto di vista palestinese e il palestinese non può essere d’accordo con la visione ebraica a meno di non cercare di capire l'altro e accettarne la legittimità.


IN AMBITO MUSICALE VI PROPONIAMO ANCHE:

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EDMONDO BERSELLI


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MICHELE BOVI
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14 gennaio 2008 Di Anna Casanova

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