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Danza delle ombre felici di Alice Munro


Le voci della stanza sono volate via, pensava Mary. Se solo fossero volate via davvero portandosi appresso il ricordo dei loro piani, se almeno una cosa al mondo potesse essere lasciata in pace. Ma quella è gente che ottiene quello che vuole, ed è brava gente; vogliono dare ai figli una casa, si aiutano in caso di bisogno, progettano di costruire una comunità - e pronunciano la parola come se la giudicassero una specie di formula magica moderna e ben calcolata, senza la minima possibilità di errore.
Non c'è niente che tu possa fare, lì per lì, tranne cacciarti le mani in tasca e custodire in cuore il tuo malcontento.

Le case bianchissime


Dopo l’assegnazione del Premio Nobel per la Letteratura, esce per Einaudi la prima raccolta di racconti di Alice Munro del 1968. “Danza delle ombre felici” raccoglie 15 meravigliosi racconti in cui già si intuisce tutta la magia narrativa di cui è capace la grande scrittrice canadese.


Alice Munro racconta se stessa, bambina e adolescente alla scoperta di sé, il rapporto difficile con la madre, la figura positiva ma a tratti misteriosa del padre, i luoghi dell’infanzia e della giovinezza negli anni Quaranta e Cinquanta tra le fattorie e le città semi-rurali sulle rive sud-occidentali dell’Ontario. Alice si aggira bambina tra le sciatte abitazioni del quartiere in cui vive con la sua famiglia. Si ritrova adolescente alle prese con nuovi desideri e necessità; scopre l’amore, il sesso, la complessità delle relazioni. La piccola comunità si aggrappa tenacemente ai suoi decadenti privilegi di facciata, non ama novità e sconvolgimenti. Sembra che tutto sia toccato solo di sfuggita da quello che succede “fuori”, dai fatti della Storia, dal progresso di cui poco più a sud gli Stati Uniti sono portavoce in quegli anni.


Alice Munro osserva i suoi personaggi ed è come se le loro vite si spalancassero davanti ai nostri occhi. Uomini e donne di tutti i giorni, alle prese con problemi, sogni, difficoltà, gioie e dolori quotidiani. Vite nude che sono grovigli complessi di emozioni, sensazioni, ricordi. Gli scheletri nell’armadio premono per uscire allo scoperto. L’assurdità di ogni esistenza si percepisce nello spazio di un attimo, come una rivelazione. “Ebbi la sensazione di aver gettato un’occhiata sulla prodigiosa, devastante e spudorata assurdità con cui si improvvisano le trame della vita, a differenza di quelle dei romanzi”, dice la giovane protagonista de Il rimedio.


Ogni racconto è parte di un organismo più grande, è un pezzo del ricco immaginario della Munro.
La pace di Utrecht è uno dei più toccanti. Protagoniste sono due sorelle e la loro madre, malata di Parkinson. È un tema sulla quale la Munro si è soffermata più volte, cercando di esprimere il suo difficile rapporto con la madre e con la malattia. La storia si conclude simbolicamente con un cesto di frutta che cade e si frantuma, esprimendo il senso di impotenza e immobilismo che deriva dal perenne conflitto tra la necessità di andare e il dovere di restare.



Il racconto finale, che dà il titolo alla raccolta, è ambientato a casa di Miss Marsalles, insegnante di pianoforte, dove si sta per svolgere il tradizionale saggio di fine anno. Le madri sbuffano stizzite, i bambini si annoiano nell’attesa che tutti siano arrivati. Miss Marsalles si è trasferita di recente in una casa più piccola; il suo status sociale è stato ridimensionato. Sembra che molti studenti e famiglie abbiano deciso di non partecipare. Ma a un certo punto arriva un gruppo di bambini handicappati della Greenhill School. Miss Marsalles è convinta che abbiano un grande talento per la musica. Una delle ragazze della scuola svolge una bellissima interpretazione di La danza delle ombre felici. “La bambina ha concluso. La musica è dentro la stanza e poi svanisce e nessuno ovviamente sa cosa dire. Perché nell’attimo stesso in cui smette di suonare è chiaro che è di nuovo la stessa di prima, un’allieva della Greenhill School. Eppure la musica non era immaginaria. I fatti non sono conciliabili”. L’abilità della bambina è chiaramente fuori luogo nel contesto falso e condiscendente in cui le famiglie del vicinato si sono riunite e non si capisce se quello di Miss Marsalles sia solo un brutto scherzo. “Certe cose può accettarle Miss Marsalles, ma non gli altri, quelli che vivono nel mondo reale”. Alla fine la giovane narratrice è costretta ad ammettere che lei e sua madre non abitano la stessa terra di Miss Marsalles e di questi bambini della Greenhill School: “tornando a casa, uscendo dalle torride strade di mattoni e dal centro abitato e lasciandoci alle spalle Miss Marsalles e le sue festicciole ormai certamente impossibili una volta per tutte, come mai non riusciamo a pronunciare la frase che ci saremmo aspettate di dire: Povera Miss Marsalles? È la Danza delle ombre felici a impedircelo, quell’unico dispaccio proveniente dal paese diverso nel quale lei vive”. Il senso di estraneità e di disappartenenza aleggia nella stanza come un’ombra, domina la vicenda e allontana gli uni dagli altri, rivelando l’immensa solitudine di ogni essere umano. Chi sono le ombre a cui si riferisce la sinfonia? Sono quelle dei bambini malati o quelle delle madri assenti e chiuse nel loro perbenismo? Come vediamo, sono le sfumature l’essenza della grandezza narrativa della Munro.

La freschezza, l’immediatezza, la felicità della scrittura della Munro è un dono divino. “Danza delle ombre felici” è una bellissima raccolta da cui iniziare per conoscere il mondo di Alice Munro.


Alice Munro - Danza delle ombre felici
Titolo originale: Dance of the Happy Shades
Traduzione di Susanna Basso
248 pagg., 19,50€ - Edizioni Einaudi 2013 (Supercoralli)
ISBN 9788806175948


La biografia di Alice Munro

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