Lui non seppe trattenersi e azzardò:
- Perché non lo fai davvero?
- Cosa?
- Quello che hai detto.
Lei fece un risolino.
- Fà la persona seria, Gambia. Sto cercando di spiegarti com'era la ragazza vera che hai incontrato decenni fa. Quello che lei fece allora non ha niente a che fare con quello che potrei fare io adesso.
La vita, per Aristide Gambia, è un apostrofo rosa fra le parole “voglio” e “sesso”.
Cinquantotto anni, una vita sentimentale caotica, e ad ogni tentativo di instradarla lungo i binari della convenienza e del buon senso, il desiderio scalpita e reclama a gran voce quel che è suo.
Mettiamo subito le cose in chiaro, sembra dire Starnone in apertura di romanzo: qui si parla di sesso.
Anzi, è proprio il sesso a parlare, con una voce che contraddice le buone maniere e la forma fiorita.
Lo capiamo sin dal primo paragrafo; una frase scomposta, che inciampa in sé stessa, buttata sulla carta con l’urgenza della cosa trattenuta e che non si può più tacere.
Aristide ha un’età che lo costringe a fare i conti con ciò che si è saputo concedere, e con quel che invece ha offerto in sacrificio alla convenienza sociale. Tre matrimoni, quattro figli, molte scappatelle – che a guardarle alla distanza somigliano molto a una strada maestra.
L’enzima che fa precipitare tutto, e che tutto rimette in discussione, è la lettera che Gambia trova nella cassetta della posta una sera, al rientro dal lavoro.
Gli è stata spedita da una donna.
Una donna che Gambia ha conosciuto più di trent’anni prima e con la quale ha vissuto l’avventura di un momento.
Nella lettera, Mariella (il cui nome Gambia neppure ricordava) rievoca quel pomeriggio in un cinema di Ferrara, e lo fa con un linguaggio che nulla lascia all’immaginazione.
Ma quel che la lingua non è disposta a concederle, l’immaginazione se lo prende con la forza: e così Aristide comincia a romanzare su di un episodio che era rimasto sepolto nella memoria, e si reca all’appuntamento con Mariella, che sta per arrivare a Roma, dove sarà ospite di un’amica per tre o quattro giorni.
L’incontro fra i due si consuma nel segno di una iniziale curiosità, che presto cede il passo al ricordo reciproco, a una strana, ritrovata intimità che si alterna a improvvise, incolmabili distanze.
Questo scarto finisce presto per avvincere Gambia, che se ne ritrova prigioniero come fosse un incantesimo: chi era lui, trent’anni prima? Come viveva il desiderio e il sesso? Cosa è diventato, tanti anni e tanti incontri dopo?
Ecco una vita filtrata al passino sottile del desiderio: riusciamo a vedere quel che filtra attraverso quelle maglie strettissime solo quando è già passato, e la materia che si raggruma al di qua della rete siamo noi, o quel che di noi rimane.
Il romanzo di Starnone si compone di tre libri diversi e una lunga appendice che, nel raccontare la genesi della storia di Aristide Gambia, si sovrappone ad essa, spariglia le carte e diventa la chiave per interpretare quel che si è letto fino a quel momento dalla parte del narratore, e far collimare almeno in parte i vertici della biografia del protagonista con una possibile biografia del suo inventore.
E qui il libro, già composito, eterogeneo, dispari come il ritmo del desiderio che pretende di raccontare, imbocca una deriva inattesa, diventando altro e aprendo al lettore le porte del retrobottega in cui lo scrittore ha lavorato per molto tempo, trascinandoci per mano dentro la genesi sofferta di quella che – ora lo capiamo fino in fondo – è davvero una ricognizione intima del rapporto che Starnone ha avuto nella sua vita con le donne.
Qual è stata la genesi del lungo racconto che troviamo in apertura di libro? Chi è, nella realtà, la donna che con la sua lettera appassionata apre le danze, facendo precipitare i ricordi e imponendo al protagonista maschile una rilettura profonda, radicale, di quel che di sé ha messo in gioco nel rapporto con il sesso?
E ancora: Starnone – nella vita reale - è sospettato di essere l’autore che si cela dietro lo pseudonimo di Elena Ferrante, scrittrice elusiva quant’altre mai, della quale non sappiamo praticamente nulla e che ostinatamente si nega ad interviste e apparizioni in pubblico. A partire da quell’accusa – che gli è stata mossa da giornali e lettori qualche anno fa – lo scrittore s’interroga sul come sia stato possibile ritenerlo capace di calarsi in maniera tanto mimetica nei panni e nella psiche di una donna, mentre lui è assediato dal tarlo di essere incapace di dar vita a personaggi femminili all’altezza di quelli maschili.
Così, l’ultimo dei libri che compongono il disordinato e vitale palinsesto dell’autobiografia erotica di Gambia/Starnone, e molto opportunamente intitolato “Le irrintracciabili”, diventa sotto i nostri occhi uno zibaldone che si arricchisce di riflessioni sul sé e sui tempi in cui al sé è dato vivere, anche (e soprattutto) attraverso il cambiamento dei costumi sessuali; delle libertà autentiche e di quelle sedicenti che in questo privatissimo orticello che è il sesso riusciamo a coltivare; della differenza incolmabile fra la visione del desiderio e del sesso che uomini e donne possono esprimere, e di come proprio quello scarto incolmabile costituisca il nucleo magmatico e invincibile dell’attrazione e del mistero.
Fino ad arrivare al cuore dell’ossessione per le donne, modulata sul fantasma cangiante della madre. Ma qui lo scrittore alza le mani, riconoscendo l’impossibilità del compito che si è dato, e ci lascia nella contemplazione di una resa che è anche una dichiarazione d'amore.
Domenico Starnone – Autobiografia erotica di Aristide Gambia
460 pag., 20 euro – Einaudi
ISBN 9788806194789
26 ottobre 2011 |
Aristide Gambía ha 58 anni, un lavoro interessante, tre matrimoni falliti, quattro figli, una vita sessuale intensa. Un giorno riceve una lettera da parte di una donna con cui ha avuto una rapida avventura in gioventù: da quel ricordo sfuocato nasce in entrambi una voglia di raccontare e raccontarsi che è un gioco impudico e molto serio. A ogni appuntamento le loro memorie debordano, inseguendo i dettagli della trepidazione di allora, e il linguaggio si fa sempre più esplicito, osceno, anche grazie al dialetto. Sono due persone mature, che non provano niente l'una per l'altra, che si appassionano al puro e semplice progetto di restituirsi con le parole l'esperienza erotica di un'intera vita, facendo entrare in corto circuito il tempo in cui quasi tutto doveva ancora accadere e quello in cui quasi tutto ormai è accaduto. Ma si tratta davvero soltanto di un gioco? Ogni esperienza erotica di Gambía è una balaustra affacciata sulle fantasie maschili e le pratiche sessuali di un'epoca. E se ci si sporge, quel concentrato di vita smuove i ricordi del lettore stesso, riannoda i fili tra scampoli distanti di vita che si urtano e si integrano, come nella letteratura. Ci accorgiamo leggendo che il sesso contiene ed esalta la nostra relazione con gli altri, con il tempo, con noi stessi. È un laboratorio di esperienza e d'immaginazione, un serbatoio di parole, un'inesauribile fonte di vitalità, un autentico enigma. Un angolo di noi che dice tutto.
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