Nascere maschi è una malattia incurabile
Esistono episodi capaci di forgiare l’immagine di una generazione attraverso una potenza simbolica disarmante in termini di capacità di sintesi storica. Il delitto del Circeo è uno tra questi, poiché ha rappresentato la personificazione degli squilibri della gioventù romana di metà anni Settanta. La Roma piccolo-borghese di quegli anni fu infatti un humus in grado di produrre malavitosi, assassini e terroristi di ogni colore, a dispetto dell’apparente facciata rassicurante e perbenista dei quartieri in cui tali terribili circostanze si manifestarono in tutta la loro inattesa violenza.
La Scuola Cattolica è un’indagine sulla psiche di una generazione, un testo privo di intenti auto-assolutori, eppure in grado di fornire al lettore un’immagine nitida delle ipocrisie contro cui quella gioventù dovette lottare. Un conformismo piccolo-borghese che inevitabilmente quei giovani finirono per assimilare, in bilico tra un’obsoleta educazione religiosa e la liberazione dei costumi, una contraddizione capace di generare mostruosità.
1975, Quartiere Trieste, istituto San Leone Magno. Tre semplici coordinate spazio-temporali su cui si regge questo coraggioso romanzo di Albinati, un unicum all’interno del panorama letterario italiano contemporaneo, non solo per l’immensa durata – quasi 1300 pagine – ma anche per la forma. Il testo infatti si presenta come un torrenziale flusso di coscienza auto-biografico su cui si innestano, oltre al racconto delle vicende intime dell’autore, delle riflessioni socio-culturali sulle ragioni che condussero dei giovani di buona famiglia a trasformarsi in violenti omicidi.
La Scuola Cattolica non è solo il titolo del libro ma anche il massimo comune denominatore che unisce Albinati con gli autori del delitto, tutti studenti dell’istituto San Leone Magno, una scuola privata gestita dai frati maristi. Un luogo in cui la piccola borghesia romana mandava i pargoli per accertare una presunta scalata sociale e per proteggere la prole dai pericoli del mondo. Qui i giovani furono imprigionati in un ambiente segregato dal mondo femminile, un incubatore di inquietudini sessuali che ha acuito le normali angosce adolescenziali legate all’identità maschile in divenire.
Il romanzo è popolato dagli insegnanti e dai compagni di scuola dell’autore, personaggi mitologici, le cui descrizioni sono date al lettore attraverso una mirabile capacità di ricostruire il linguaggio, gli atteggiamenti e l’immaginario collettivo di una generazione. Gli stati d’animo dei personaggi vengono riproposti con un’onestà sanguigna, a dimostrazione che, nonostante siano passati quattro decenni, quelle paure siano ancora fresche, indelebilmente marcate nell’animo, e necessitino di questo romanzo-fiume per essere indagate ed esorcizzate.
Il testo appartiene parzialmente al genere letterario delle confessioni, di cui vengono autoironicamente evocati dall’autore ingombranti paragoni con S. Agostino e Rousseau. La natura del romanzo - sospesa tra uno sviluppo diaristico e il libero flusso di coscienza - conferisce alla trama un andamento narrativo per nulla lineare, sostenuto tuttavia da una prosa chiara e ammiccante che procede vivacemente a sprazzi, attraverso esplosioni di ritmo che trovano forma in affascinanti digressioni psicologiche capaci di sostituire la trama stessa.
Risulta infatti difficile trovare un appiglio narrativo - per esempio cronologico - che riesca a legare tutti gli episodi descritti. Il delitto del Circeo stesso viene per la prima volta evocato solo a metà del libro, come se non fosse la ragione stessa del romanzo, ma un accidente che interrompe bruscamente i pensieri dell’autore per poi ricomporli e veicolarli verso un fine.
L’obiettivo infatti non è la cronistoria di un delitto ma la ricostruzione di un sentire comune che legava i giovani romani in quegli anni, un imponente lavoro che premia l’ambizione e il coraggio di Albinati, senza ombra di dubbio autore di un libro epocale, del quale sicuramente il pubblico e la comunità editoriale italiana parleranno a lungo.
Recensione di Matteo Rucco
La scuola cattolica - Edoardo Albinati
1294 pag., 22, 00 € - Rizzoli (Scala italiani)
ISBN 9788817086837
Roma, anni Settanta: un quartiere residenziale, una scuola privata. Sembra che nulla di significativo possa accadere, eppure, per ragioni misteriose, in poco tempo quel rifugio di persone rispettabili viene attraversato da una ventata di follia senza precedenti; appena lasciato il liceo, alcuni ex alunni si scoprono autori di uno dei più clamorosi crimini dell'epoca, il Delitto del Circeo. Edoardo Albinati era un loro compagno di scuola e per quarant'anni ha custodito i segreti di quella "mala educacion". Ora li racconta guardandoli come si guarda in fondo a un pozzo dove oscilla, misteriosa e deforme, la propria immagine. Da questo spunto prende vita un romanzo, che sbalordisce per l'ampiezza dei temi e la varietà di avventure grandi o minuscole: dalle canzoncine goliardiche ai pensieri più vertiginosi, dalla ricostruzione puntuale di pezzi della storia e della società italiana, alle confessioni che ognuno di noi potrebbe fare qualora gli si chiedesse: "Cosa desideravi davvero, quando eri ragazzo?". Adolescenza, sesso, religione e violenza; il denaro, l'amicizia, la vendetta; professori mitici, preti, teppisti, piccoli geni e psicopatici, fanciulle enigmatiche e terroristi. Mescolando personaggi veri con figure romanzesche, Albinati costruisce una narrazione che ha il coraggio di affrontare a viso aperto i grandi quesiti della vita e del tempo, e di mostrare il rovescio delle cose.
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