Alcuni hanno intarsi di ambra o di corno per gli occhi. Altri, fra i più antichi, sono leggermente consumati: l'anca del fauno disteso tra le foglie non è più perfettamente delineata. Si nota una minuscola crepa, un difetto quasi impercettibile sulla cicala. Chi l'ha fatta cadere? Quando e dove?
Leggi l'intervista a Edmund de Waal
L’arte giapponese dei netsuke è antica e raffinata.
Attraverso la modellazione di piccoli pezzi di legno o di avorio, allude alle qualità di materie diverse, evoca piccoli ed incisivi quadretti di vita, racconta le virtù di animali, traduce in una fissità minerale scene mitologiche.
Gli oggetti, naturalmente, portano sempre con sé la storia di coloro cui sono appartenuti, ma leggere nelle crepe di una tazza di porcellana la vicenda della famiglia cui quello stesso manufatto è appartenuto rischia facilmente di diventare un puro esercizio retorico, o di trasformarsi nella rievocazione sentimentale e sfocata di un momento storico mai vissuto in prima persona.
Edmund de Waal, però, è un ceramista d’eccezione, un artista, e vuole trattare le parole con la stessa intensità e precisione che riserva ai suoi vasi.
Niente immagini sentimentali, dunque, né atmosfere virate al seppia.
Per raccontare una storia come quella che de Waal ha deciso di raccontare, ci vuole una precisione assoluta: una tensione quasi zen verso la materia sfuggente e ricchissima che è al cuore del racconto.
Quando la linea ereditaria cui appartiene lo rende depositario di una collezione di 264 piccole sculture giapponesi, de Waal sente il bisogno di attraversare gli ambienti in cui quegli oggetti hanno abitato, di ripercorrerne le migrazioni fra tanti paesi, di raccontare la storia della propria famiglia trasfigurandone i successi, le sfortune, i rovesci e le resurrezioni attraverso le vicende avventurose di quello zoo in miniatura, passato di mano in mano e oggi miracolosamente ancora intonso.Il netsuke della lepre dagli occhi d'ambra
La storia raccontata in ""Un'eredità di avorio e ambra"" (il cui titolo originale rimanda alla lepre dagli occhi d'ambra fra i pezzi più pregiati della collezione) prende le mosse dalla passione per l’arte ed il bello che caratterizzò la vita di Charles Ephrussi, rampollo terzogenito di una famiglia di ricchissimi ebrei ucraini stabilitasi a Parigi verso la metà dell’ottocento.
Charles, intenditore sui generis di tutto quanto ai suoi occhi rappresentasse un'idea di bellezza, è una figura che sola basterebbe a riempire una biografia strepitosa: colto, curioso, amante dell’arte e collezionista infaticabile, mescolò i suoi passi a quelli dell’alta borghesia parigina di quegli anni, incrociando le strade di romanzieri, pittori, musicisti che avrebbero con la loro opera gettato i semi di un lunghissimo germogliare umanistico.
Charles fu – fra le tante cose che avrebbe avuto modo di essere nella sua vita – precursore di quel japonisme che per alcuni divenne una vera e propria religione. S’imbatté nei netsuke importati a Parigi da alcuni mercanti, in seguito all’apertura del paese levantino ai commerci internazionali, e queste piccole, deliziose sculture gli piacquero al punto da spingerlo a riunire una collezione di grande valore, per farne dono al cugino Viktor nel momento del suo matrimonio con Emma, nella Vienna del 1899.
È il primo dei tanti passaggi di un testimone che, nella sua peregrinazione perpetua, accompagnerà le sorti di questa famiglia graziata dalla presenza di uomini e donne straordinari, passerà incolume dalla persecuzione degli ebrei e continuerà a rappresentare un ideale di grazia in tempi difficili, fino a ritornare per un periodo addirittura da quel Giappone dal quale era partito un secolo prima, fra le mani amorevoli di ""Zio Iggie"", colui che contagerà con la sua passione per i netsuke l'autore del libro e oggi impeccabile estensore di questa biografia famigliare dal respiro largo e molto ben scritta.
Edmund de Waal compie un’incursione audace in un territorio sconosciuto, e riesce con la sua sapienza di artigiano a tornire un racconto scintillante e preciso, vera e propria elegia dell’attenzione, cui ci piacerà tornare negli anni come si torna ad un oggetto amato.
Edmund de Waal – Un’eredità d’avorio e ambra
Tit.or. The hare with amber eyes. A hidden inheritance. Traduzione di Carlo Prosperi
400 pag., 18 euro – Bollati Boringhieri (Varianti)
ISBN 9788833922348
21 settembre 2011 |
Un'elegante vetrina nella casa londinese di Edmund de Waal contiene 264 sculture giapponesi di avorio, o legno, non più grandi di una scatola di fiammiferi, raffiguranti divinità, personaggi di ogni tipo, animali, piante. La vetrina è aperta, e i bambini di de Waal possono estrarre i netsuke - così si chiamano i minuscoli oggetti - e giocarci. Come facevano, ha scoperto l'autore, i fi gli di Viktor e Emmy von Ephrussi, suoi bisnonni, nel boudoir della madre, in un fastoso palazzo viennese della Ringstrasse, un secolo fa. Prima che Hitler entrasse in trionfo a Vienna e avessero inizio le persecuzioni e i saccheggi nelle case degli ebrei. Ebrei di Odessa erano appunto gli Ephrussi, commercianti di cereali e poi banchieri, con ville e palazzi sparsi in tutta Europa. Quello di Vienna, dove i netsuke arrivano nel 1899 da Parigi - dono di nozze ai cugini di Charles Ephrussi, famoso collezionista, mecenate, storico dell'arte, amico di Renoir, Degas, Proust - conteneva tante e tali opere d'arte che i minuscoli oggetti sfuggirono all'attenzione dei razziatori nazisti. Come sopravvivranno alla guerra, e come finiranno a Tokyo, dove de Waal li vede per la prima volta a casa del prozio che glieli lascerà in eredità, sono solo due delle tante, emozionanti sorprese di questo libro. Affascinato dall'eleganza, dalla precisione, dalle straordinarie qualità tattili delle sculture, l'autore, famoso artista della ceramica, decide di ricostruire la storia dei loro passaggi da una città all'altra, da un palazzo all'altro, da una mano all'altra, ricostruendo così anche la storia romanzesca della sua famiglia e regalandoci un libro capace di restituire l'atmosfera di intere epoche, di sigillare intere vite dentro un racconto perfetto.
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