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Emmanuel Carrère - Vite che non sono la mia

Ci siamo noi, puliti e ordinati, risparmiati, e intorno a noi il cerchio dei lebbrosi, degli irradiati, dei naufraghi regrediti allo stato di selvaggi. Soltanto il giorno prima erano come noi, noi come loro, ma a loro è accaduto qualcosa che a noi non è accaduto e adesso apparteniamo a due umanità distinte.

Lo tsunami che ha colpito il sudest asiatico nel dicembre 2004 ha ucciso quasi trecentomila persone. Emmanuel Carrère, scrittore francese, sua moglie e i due figli, si trovano in Sri Lanka, in quel periodo, per passare del tempo in vacanza. Il rapporto fra lo scrittore e la moglie è in crisi, e il viaggio sembra annunciare una separazione imminente.
Il ventisei dicembre l’onda che arriva sulla spiaggia davanti al resort dove Carrère e Helène soggiornano assieme ai ragazzi fa strage di donne, uomini, bambini. Si crea subito una cesura fra “due umanità distinte”: quella composta da chi nella tragedia ha perso qualcuno, e l’altra, quella cui appartiene Carrère, formata da famiglie e persone che sono sopravvissute al cataclisma.
Le pagine di “Vite che non sono la mia” dove Carrère descrive l’onda – l’arrivo della muraglia d’acqua che s’infrange sulle cose e sugli uomini, per poi trascinare le une e gli altri in un rigurgito letale verso il largo, a sbattere e fracassarsi fra di loro – sono tremende, nella loro efficacia. Ma ciò che rende la lettura intollerabile è che, mentre leggiamo, sappiamo che il peggio è di là da venire. Quando la risacca avrà finito la sua ritirata, allora comincerà la conta di chi non c’è più. Carrère documenta con stile controllato, senza indulgere in sentimentalismi che nuocerebbero all’evocazione di quel momento. Non spinge sul pedale più ovvio, quello della retorica, e così facendo si garantisce un’autorevolezza di cronista che gli sarà indispensabile più avanti, nel libro, quando accetterà di farsi biografo di una famiglia conosciuta durante la vacanza, e che nella tragedia ha perso una bimba di quattro anni, Juliette.
Il dolore, quei momenti di dolore e lutto tremendi, creano un’intimità, e al contempo una distanza, poiché le condizioni delle due famiglie sono radicalmente diverse, incompatibili: loro hanno perso una figlia, e noi siamo ancora qui, tutti insieme, a stringerci e abbracciarci.
Ecco il discrimine, la radice dell’alterità che sta all’origine del titolo del libro di Carrère. Ecco le “vite che non sono le mie”, io che sono qui a raccontarne, che posso guardarle da quella distanza minima e incolmabile, e arrivare tanto vicino ad esse da poter credere di confondermi con esse, ma – proprio come accade a Philippe, che dopo anni passati assieme ai pescatori dello Sri Lanka si crede uno di loro – non ne farò mai veramente parte.
I tempi verbali scandiscono il ritmo e il senso del racconto. Se la cronaca è declinata nel tempo di un rigoroso indicativo presente, l’imperfetto è il tempo che chiede di arrendersi a ciò che è accaduto. Di consegnare al passato la propria storia vissuta fino a quel momento.
Ma quando Helène e Emmanuel tornano a Parigi, cercando di riannodare le fila delle proprie vite dal punto in cui le avevano lasciate prima di partire, arriva una notizia: la sorella di Hélène – si chiama Juliette anche lei - è ammalata di un tumore, e sta morendo. Questo dolore fa irruzione nella vita dell'io narrante, lo costringe a misurarsi con la perdita, e spariglia le carte che erano state intavolate sino a quel momento. Lo costringe a fare i conti con il dolore come dimensione ineludibile del vivere, e ad affrontarne le conseguenze attraverso lo strumento che gli è proprio: la scrittura.
È un tema difficilissimo, quello con cui lo scrittore sceglie di misurarsi; il più difficile che ci sia, forse.
L'unico modo per essere all'altezza del compito è una sincerità totale, una voce che non cerchi mai di dissimulare la propria inadeguatezza e la propria paura, e che proprio nella piena restituzione dei propri sentimenti di fronte al dolore, offra a questo l'unico risarcimento possibile.

Emmanuel Carrère - Vite che non sono la mia
Tit. or. D'autres vies que la mienne - Traduzione Maurizia Balmelli
236 pagine, 20 euro - Einaudi (Supercoralli)
ISBN 9788806203573

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