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Il giorno prima della felicità, il nuovo romanzo di Erri De Luca

""La libertà uno se la deve guadagnare e difendere. La felicità no, quella è un regalo, non dipende se uno fa bene il portiere e para i rigori. La felicità: come mi permettevo di nominarla senza conoscerla? Suonava svergognata in bocca a me,come quando uno si vanta di conoscere una celebrità e la chiama col suo nome,dice Marcello, per indicare Mastroianni.""

Un libro di insurrezione, una scheggia di storia raccontata a un ragazzino che cresce con le storie di don Gaetano, il portiere dei pensieri “sapere i pensieri è stare in una portineria, hai in tasca le chiavi delle case, sei il custode”.
Una storia mai raccontata in narrativa che da generazione a generazione si tramanda per ricordare gli assenti, per teneri “uniti”, per non dimenticare e per appartenere a un tempo non visto, ma udito: “I racconti di Don Gaetano mi aprivano le orecchie. La sua voce metallica entrava a pizzicare i nervi dell’immaginazione… L’ascolto di don Gaetano mi faceva testimone secondo del suo tempo. Era pifferaio il racconto e si portava dietro i miei sensi incantati.”

Una Napoli sporca e generosa, che è città monarchica e anarchica, vive le sue quattro giornate di gloria, in cui la fraternità contraddice l’oppressione, in cui la rivolta è salvezza e le persone divengono popolo: “Le persone quando diventano popolo fanno impressione. Così arriva una mattina, una domenica di fine settembre, finalmente piove e sento in bocca a tutti la stessa parola, sputata dallo stesso pensiero: mo’ basta. Era un vento,non veniva dal mare ma dentro la città: mo’ basta, mo’ basta. Se mi chiudevo le orecchie, lo sentivo più forte. La città cacciava la testa fuori dal sacco”.

Come un abile giocatore di carte e come un saggio presunto padre, don Gaetano insegna l’arte del vivere al suo discepolo e il dono della percettibilità della mente: “È questione di gioco, se ricordi le carte sparigliate fai lo stesso coi pensieri”.
Esperienze di vita tra le cosce di donne giovani e mature, mestieri improvvisati e improvvisi, libri a prestito per imparare il vizio di leggere, fanno del ragazzino una persona, un uomo “un bacino di raccolta delle storie che più sta in fondo più ne raccoglie” perché le storie sono “acque” che scorrono e si depositano sul fondo, sul fondo della memoria.

Un’appartenenza trasmessa col sangue, un saluto a una città genitore e genitrice che “quando ha insegnato deve lasciar andare” verso quel viaggio per mare, in cui nulla è intorno e solo l’immenso ha un peso, che da l’assoluzione “i viaggi sono quelli per mare con le navi, non con i treni… il viaggio doveva servire a dimenticare il punto di partenza. Durava quasi un mese e alla fine sbarcavano uomini pronti, con il naso per aria”.

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le prime pagine


   Scoprii il nascondiglio perché c'era finito il pallone. Dietro la nicchia della statua, nel cortile del palazzo, c'era una botola coperta da due tavolette di legno. Mi accorsi che si muovevano quando ci misi i piedi sopra. Mi prese paura, recuperai la palla e sgusciai fuori tra le gambe della statua.
   Solo un bambino smilzo e contorsionista come me poteva infilare la testa e il corpo tra le gambe poco divaricate del re guerriero, dopo aver aggirato la spada piantata giusto davanti ai piedi. La palla era finita lì dietro, dopo un rimbalzo di sponda tra la spada e la gamba.
   La spinsi in fuori, gli altri ripresero il gioco, mentre mi attoreigliavo per uscire. Le trappole sono facili a entrare ma per uscire c'è da sudare. Avevo pure una fretta di paura. Ripresi il mio posto in porta. Mi facevano giocare con loro perché recuperavo la palla dovunque finiva. Una destinazione abituale era il balcone del primo piano, una casa abbandonata. La voce era che ci abitava un fantasma. I vecchi palazzi contenevano botole murate, passaggi segreti, delitti e amori. I vecchi palazzi erano nidi di fantasmi.



  
Andò così la prima volta che salii al balcone. Dal finestrino a pianoterra del cortile dove abitavo, il pomeriggio guardavo il gioco dei più grandi. Il pallone calciato male schizzò in alto e fini sul terrazzino di quel primo piano. Era perduto, un superflex paravinil un po' sgonfio per l'uso. Mentre che bisticciavano sul guaio mi affacciai e chiesi se mi facevano giocare con loro. Sì, se ci compri un altro pallone. No, con quello, risposi. Incuriositi accettarono. Mi arrampicai lungo un tubo dell'acqua, discendente, che passava accanto al terrazzino e proseguiva in cima. Era piccolo e fissato al muro del cortile con dei morsetti arrugginiti. Cominciai a salire, il tubo era coperto da polvere, la presa era meno sicura di quello che mi ero immaginato. Mi ero impegnato, ormai. Guardai in su: dietro i vetri di una finestra del terzo piano c'era lei, la bambina che cercavo di sbirciare. Era al suo posto, la testa appoggiata sulle mani. Di solito guardava il ciclo, in quel momento no, guardava giù.

© 2008, Giangiacomo Feltrinelli editore

Erri De Luca – Il giorno prima della felicità
133 pag., 13,00 € - Edizioni Feltrinelli 2009 (I narratori)
ISBN 978-88-07-01773-5



la biografia



09 febbraio 2009 Di Claudia Caramaschi

Il giorno prima della felicità

Don Gaetano è uomo tuttofare in un grande caseggiato della Napoli popolosa e selvaggia degli anni cinquanta: elettricista, muratore, portiere dei quotidiani inferni del vivere. Da lui impara il giovane chiamato "Smilzo", un orfano formicolante di passioni silenziose. Don Gaetano sa leggere nel pensiero della gente e lo Smilzo lo sa, sa che nel buio o nel fuoco dei suoi sentimenti ci sono idee ed emozioni che arrivano nette alla mente del suo maestro e compagno. Scimmia dalle zampe magre, ha imparato a sfidare i compagni, le altezze dei muri, le grondaie, le finestre - a una finestra in particolare ha continuato a guardare, quella in cui, donna-bambina, è apparso un giorno il fantasma femminile. Un fantasma che torna più tardi a sfidare la memoria dei sensi, a postulare un amore impossibile. Lo Smilzo cresce attraverso i racconti di don Gaetano, cresce nella memoria di una Napoli (offesa dalla guerra e dall'occupazione) che si ribella - con una straordinaria capacità di riscatto - alla sua stessa indolenza morale. Lo Smilzo impara che l'esistenza è rito, carne, sfida, sangue. È così che l'uomo maturo e l'uomo giovane si dividono in silenzio il desiderio sessuale di una vedova, è così che l'uomo passa al giovane la lama che lo dovrà difendere un giorno dall'onore offeso, è così che la prova del sangue apre la strada a una nuova migranza che durerà il tempo necessario a essere uomo.

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