Per fare un fantasma occorrono una vita, un male, un luogo. Il luogo e il male devono segnare la vita, fino a renderla inimmaginabile senza di essi. Il luogo deve essere circoscritto, con confini precisi; più che un luogo una posizione chiusa di un luogo: preferibilmente una casa. […] Il male dev’essere intollerabile, porti o non porti al suicidio; dove l’intollerabilità, si badi, dev’essere destinata a non scemare per scorrere di tempo, ma, al contrario, a vieppiù incrudelire: e prima, e dopo il decesso.
Un mostro, l’ultimo, il peggiore: con questa apparizione si apre libro di Michele Mari. Questo fantasma, che rappresenta la somma di tutte le inquietudini, arriva una notte, senza preavviso, quando è sicuro che chi gli sta di fronte sia abbastanza adulto da comprendere la portata della sofferenza che gli infliggerà, e tuttavia non troppo da potersi difendere.
Trentaquattro storie in cui l’autore si diverte a ricostruire, stravolgere e incrociare le biografie di scrittori illustri, da Salgari ai fratelli Grimm, da Shakespeare a Saint Exupéry, o a raccontarci le vicende di improbabili personaggi. Joseph K., ad esempio, è orfano di madre e figlio di un falegname morto da tempo; in preda ad un’ansia logorante, un giorno, decide di porre fine alla propria sofferenza e scoprire la sua vera identità. Corrado Marlenghi, soprannominato Corradino di Svevia dai compagni di classe, invece, dopo aver svolto un tema sul V canto dell’Inferno viene tormentato per tutta la notte dal “fantasma implacato” di Gianciotto Malatesta, desideroso di fornire la sua versione dei fatti rispetto al tradimento di Paolo e Francesca.
Fantasmagonia è un libro popolato da figure mostruose, tante, quelle dell’infanzia ma anche quelle dell’età adulta, dalle ossessioni che ciascuno di noi ha e con le quali prima o poi deve fare i conti. La fantasmagoria diventa allora fantasmgonia, un’arte di far apparire i fantasmi dal fondo della nostra oscurità, un appello che nasce dal male, dal dolore, o ancora, dalla colpa, dall’angoscia insopprimibile. Così, solo un lungo percorso, una lotta che è anche un’agonia, può portare all’annullamento di sé, al dissolvimento delle proprie paure e alla pace, attraverso la fantasmasi o per mezzo dell’“unica scienza esatta in materia: la letteratura”. “A cosa tende, una volta fantasma, il fantasma? A porre fine alla propria sofferenza, id est (così ragiona) a dissolvere il principio che lo individua”.
Michele Mari richiama l’attenzione del lettore con uno stile colto e aristocratico, usando vocaboli ricercati e letterari: il risultato è una scrittura vivace e accattivante. Ma stavolta la sfida è doppia: dopo quindici anni l’autore torna alla forma racconto, un genere poco praticato e di scarso successo in Italia, rispetto al romanzo “più ipnotico, rassicurante”; e tuttavia scelto proprio per questo, perché, spiega Mari, “i racconti mettono più in gioco l’intelligenza del lettore”. Una volta lanciata la provocazione non può che essere raccolta.
Michele Mari - Fantasmagonia
pagg. 115, 18 € - Edizioni Einuadi (Supercoralli)
ISBN 9788806209551
L'autore
01 febbraio 2012 | Di Manola Lattanzi |
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