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Ari-ari, ciuco mio, butta danari! Dalle Fiabe italiane raccolte e trascritte da Italo Calvino

Si tratta di ""una delle più gaie versioni italiane di questo diffusissimo racconto (il Cunto dell'Huerco - Il racconto dell'orco, il primo del Pentamerone, cioè Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile) col suo sapore di fame, d'inganni d'osteria, di beghe familiari"".
In questa ""fiaba dei doni magici"" per tornare in possesso dei beni rubati viene utilizzato un bastone che picchia da solo come Il tavolino magico, l'asino d'oro e il randello castigamatti dei fratelli Grimm (n.36) piuttosto che lo strumento musicale che fa ballare tutti come in L'ebreo nello spineto (Grimm n. 110).
Una piccolo ingiustizia in questa versione allegra la troviamo nei confronti della madre del protagonista, che, dopo averle provate tutte, butta fuori di casa il figlio nulla-facente (e lo farà tre volte) dandogli un po' di legnate meritate. Che il ragazzo poi gliele renda in parte con quel magico bastone è cosa da mettere in discussione...

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Una fiaba che ribalta un preconcetto: quello che vuole un Orco sempre malvagio.
Nanni-Orco, quello che incontriamo in questa storia, è in realtà generoso e gentile. Non solo si prende a carico un giovane svogliato e fannullone (un vero bamboccione sbattuto fuori di casa dalla madre esasperata), ma lo riveste e lo tiene con sé portandolo appresso al lavoro. E quando, dopo due anni, al ragazzo viene voglia di rivedere la madre, gli dona un ciuco da portarle che butta danari dal didietro dicendogli ""Ari-ari, ciuco mio butta danari"".
Peccato che il ragazzo sia un po' tonto e si lasci scappare davanti al locandiere da cui si ferma lungo la strada che lo riporta a casa, che il suo ciuco è magico e butta danari. Il locandiere lo sostituisce nella notte e giunto dalla madre, con il ciuco riesce solamente a imbrattarle tutta la casa e prendere botte.
Ma il nostro Nanni-Orco non si scompone più di tanto e generosamente, quando il ragazzo dice di voler rivedere la mamma, gli regala una tovaglia che si apparecchia da sola con ogni ben di dio dicendo ""Tovagliolo mio, apparecchia la tavola!"". Naturalmente il locandiere riesce a impossessarsi anche di quella, sostituendola con un pezzo di stoffa inutile. E dalla madre arrivano solo un fracco di legnate per aver buttato la misera cena dalla finestra, convinto di avere una tovaglia miracolosa con sé.
L'Orco la terza volta - finalmente un po' seccato - gli dona un bastone a cui dire ""Mazza mia, dammi dammi"". Naturalmente il nostro giovane prova il comando lungo la strada e prende una quantità di legnate meritate. Ma il bastone serve anche per picchiare il locandiere e obbligarlo a restituire il ciuco e la tovaglia. Così, arrivato a casa dalla madre, finalmente ""mangiarono, bevvero e se ne stettero contenti e consolati, mentre noi siamo rimasti qui assetati"".


Molto più dettagliato e ricco di particolari Lo cunto dell'Uerco (Il racconto dell'orco) trattenimento primo della prima giornata del Pentamerone, ossia Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile.
Il figlio fannullone - Antuono de Marigliano - è ""vozzacchione, piezzo de catapiezzo, sporchia maccabeo, sparafonna chianta-malanne, maialone pappalasagne""... sostanzialmente avrà lo stesso aiuto dall'orco e ruberia dal tavernaro, sino al lieto fine con una mazza che castiga e l'abbondanza in casa, senza dover bastonare la madre ma anzi: ""se ne ieze alla casa della mamma, dove, fatto cemiento reiale de lo tafanario de l'aseno e prova secura de lo tovagliulo, se mese buone cuoccole sotto e maritanno le sore e facenno ricca la mamma fece vero lo mutto: a pazze e a peccerille dio l'aiuta"".





22 gennaio 2010 Di Giulia Mozzato

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