Noi madri abbiamo bisogno di consigli per placare le nostre ansie e i nostri sensi di colpa. Quando abbiamo le chiavi per intervenire, l'ansia diminuisce, così come il senso di colpa, che ci tormenta con l'idea di non agire in modo appropriato. Non esistono, ovviamente, ricette miracolose, ma tracce e punti di riferimento; che sono utili, sopratutto se non si può contare su aiuti.
Sarà pur vero che di mamma ce n’è una sola, come vuole il noto adagio, o che la mamma è sempre la mamma; siamo cioè d’accordo sul fatto che in genere la figura della madre rimane felicemente associata - oggi come un tempo - all’amore oblativo e al generoso/affettuoso prendersi cura della prole. Ma spesso gli approcci materni non conducono ad un rapporto psicologico positivo con i figli, specie se maschi. Perciò, purtroppo, abbiamo talvolta a che fare con madri iperprotettive, possessive, inadempienti, castratrici, e perfino perverse. Questo è il dato che emerge dal saggio della psicoterapeuta Véronique Moraldi, “Figlio di sua madre. Il legame speciale tra la madre e il figlio maschio e le sue distorsioni”, che non mira certo a criminalizzare le mamme, semmai a indagare tutte le complesse sfaccettature del peculiare rapporto che si instaura tra madre e figlio, soprattutto nel periodo che va dalla nascita all’adolescenza. Un rapporto che dovrebbe essere normale/salutare, ma che in troppi casi finisce per divenire patologico, con ripercussioni negative destinate a protrarsi lungo tutta la vita del figlio, in quanto, dice bene l’autrice : “è la donna (e quindi la madre) che fa l’uomo”.
La relazione madre-figlio è inoltre così importante e significativa perché la mamma, ogni mamma: “resterà sempre il primo amore di suo figlio, la prima immagine di donna, il primo corpo di donna che ha amato”. Questo, secondo la Moraldi, potrebbe spiegare l’attrazione/ossessione degli uomini per il corpo femminile, ossia il luogo da cui essi provengono e a cui tendono a ritornare. La madre rappresenta dunque “l’incarnazione del desiderio di tornare al sicuro nel ventre materno” e costituisce, o meglio, dovrebbe costituire, un ambito privilegiato di affidabilità e protezione. Ma non solo: la mamma finisce fatalmente per trasmettere al figlio la propria visione del mondo; così la maniera in cui alleva il figlio condizionerà - sia pure in misura parziale - il suo modo di essere amante, compagno e genitore, in quanto ogni maschietto apprende dalla madre un preciso stile o modello relazionale e affettivo, che poi, una volta adulto, tenderà a riproporre. A questo proposito l’autrice scrive: “coloro che avevano una madre che li amava senza dimostrarlo, cercheranno relazioni con donne fredde, poco calorose”. Non si tratta di un determinismo assoluto, sia ben chiaro, accade tuttavia spesso che gli uomini vengano attratti da partner che hanno caratteristiche simili o, in certi casi, del tutto opposte a quelle delle loro madri. Va altresì sottolineato che, per quanto paradossale possa apparire, due o più fratelli possono non avere la medesima madre: per fortuna non vi è solo un modello standard di relazione che una donna reitera con ogni suo bambino.
Queste sono alcune delle idee principali esposte dall’autrice. Va comunque tenuto presente che, ben lungi dall’essere una scienza esatta, la psicologia formula ipotesi, individua tendenze, evidenzia connessioni causa-effetto poi tutte da verificare. Rimane il fatto che, per un giovane, l’aver avuto una genitrice iperprotettiva o possessiva rende indubbiamente più problematico raggiungere l’autonomia o l’autodeterminazione.
Un capitolo del libro interessante e di grande attualità è quello che ruota attorno alle difficoltà di madri e padri nel far apprendere ai loro piccoli l’arte di sopportare le frustrazioni e di differire a tempo debito i desideri. Addestramento pedagogico imprescindibile, qualora non si voglia che il proprio “angioletto” divenga un nevrotico tiranno onnipotente. Altrettanto significative le pagine intorno alle nefaste conseguenze d’una troppo intensa fusione con la madre da parte dell’idolatrato figlioletto. A tale proposito il consiglio psicologico è chiarissimo e tranchant: “fermate la fusione! Fondere significa diventare una cosa sola”, e “quando il rapporto diventa simbiotico, non vi è più alcuna relazione”. Corollario: amare davvero un figlio significa imparare a lasciarlo andare, pur essendo consapevoli che ciò non è affatto semplice.
La Moraldi parla assai meno dei genitori maschi, essendo il saggio dedicato alle mamme. L’autrice non manca però di sottolineare l’estrema importanza del ruolo paterno, “la cui figura è necessaria per aiutare il figlio a distaccarsi dalla madre” permettendogli così di accedere alla propria mascolinità. Ogni papà dovrebbe infine compiere un’ulteriore missione: quella dell'educatore, che con l’esempio e l'atteggiamento, insegna alla prole come comportarsi. Ovvio che il padre, pur rappresentando la legge/autorità, non dovrebbe tuttavia essere autoritario. Oggi sono però in aumento i papà dalle caratteristiche comportamentali materne: sin troppo tolleranti, lassisti e sempre pronti a chiudere un occhio sulle malefatte dei loro eterni ragazzini. Eppure i figli avrebbero bisogno d’un padre che sappia proibire e sanzionare, pur senza eccessi, quando è necessario e inderogabile farlo.
Véronique Moraldi - Figlio di sua madre. Il legame speciale tra madre e figlio maschio e le sue distorsioni
Titolo originale: Le fils de sa mère
Traduzione di Paolo Poli
288 pagg., 18 € - Edizioni Apogeo 2012 (Urra)
ISBN 9788850331512
l'autrice
11 dicembre 2012 | Di Francesco Roat |
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