Lo sviluppo della rete e delle tecnologie digitali sta aprendo nuovi orizzonti nella concezione, costruzione e diffusione dei testi. Quali sono le potenzialità della rete, cosa offre in più e in meno rispetto al testo cartaceo? Come si evolverà la poesia in questo scenario?
Poesia italiana contemporanea: mancanza di tendenze elaborate, crisi della critica, trasformismo e alienazione culturalistica
Non credo che dalla tecnologia possano nascere nuove forme di poesia. Nonostante il fascino che sprigiona, rimane soltanto uno strumento, utilissimo per la realizzazione di forme inedite, che però non sono da esso determinate e create.
Quanto ai gruppi, quello del ’63 nacque in un momento di grande trasformazione della società italiana, in cui era nessaria una rottura con la tradizione culturale. Gli eventi raramente si ripetono, e quasi mai negli stessi modi. Ci aspettiamo con impazienza qualcosa di nuovo e di diverso. Continua a leggere l'intervista...
Le potenzialità della rete? Sono immense, e non sono ancora state completamente esplorate. Io adoro la rete. L’ultimo libro che ho scritto, Laico alfabeto, nasce dalla rete, nasce dalle mie collaborazioni con Nazione Indiana, di cui sono redattore, con Italialaica, con Uaar (Unione Atei e Agnostici Razionalisti) per una nuova spiritualità, e ultimamente anche con Alfabeta2 e Ulisse. Quindi il mio punto è: evviva la rete, perché la rete alleggerisce, è praticamente a costo zero, permette di superare la fase del cartaceo, dei libri a pagamento. C’è sempre un enorme setaccio in movimento; fino a dieci anni fa il setaccio era costituito dalle riviste cartacee che presentavano nuovi testi e autori… e da quel setaccio venivano fuori alcuni nomi e su questi si poteva cominciare a lavorare in un altro modo. Oggi questa funzione la svolge la rete.
Distinguerei nettamente tra evoluzione del genere letterario in sé, e evoluzione dei modi e mezzi di diffusione e fruizione del genere stesso. Per il secondo ambito sono curiosissimo, cerco di tenere il passo con le nuove tecnologie, sono un fanatico degli e-book. E noto che, tendenzialmente, grazie agli e-book, o a causa degli e-book, si sono squilibrate due entità che in precedenza parevano ben salde: a seconda delle circostanze, o vacilla l’importanza, la presenza, la funzione dell’editore; oppure è quella dell’autore che pare impallidire. È un fenomeno molto interessante, che cerco di seguire e di interpretare con le forze e le energie che mi restano.
Mentre per il genere letterario poesia - in sé - come liricamente è venuto configurandosi nel 900 - è molto più arduo fare previsioni: per esempio, mi dicono che la mia poesia sta sempre più diventando “poesia civile”: ne prendo atto. E sono curioso di vedere quanto questo aspetto emergerà dall’Oscar in uscita in giugno: Poesie 1975-2010. Seguo con interesse le ricerche dei dialettali. Mi incuriosisce ogni forma sperimentazione… Ma ho sempre come l’impressione che la vera partita si giochi su un altro terreno, che sfugge ai più. Il terreno della poetica, per esempio. Continua a leggere l'intervista...
La rete offre ovviamente una visibilità maggiore e immediata – i suoi tempi sono più veloci e anche il materiale a disposizione è superiore quantitativamente a quello cartaceo. Offre inoltre la possibilità di interagire con altre arti a costo zero: video di poesia, fotografie e immagini da aggiungere al testo, collegamenti ipertestuali. Nel migliore dei mondi telematici pensabili poi c’è il riscontro subito verificabile attraverso i commenti di blog e social network, sperando che non oscillino esclusivamente tra i saluti degli amici e le offese di qualche maleducato. Ci sono poi gli e-book di poesia: alcuni libri preziosi e ormai introvabili sono stati riproposti in questa forma dal poeta Biagio Cepollaro (http://www.cepollaro.it/poesiaitaliana/E-book.htm). Sui limiti del web: sicuramente l’orizzontalità: si trova di tutto e per un novizio può essere difficile orientarsi. Al cartaceo sottrae inoltre la bellezza dell’oggetto libro: non penso solo ai volumi pubblicati da editori più o meno noti, ma a quei libri di poesia in tiratura limitata che sono piccole opere d’arte, libri d’artista con carte particolari, incisioni e disegni d’autore o addirittura realizzati a mano dal poeta stesso. Libri amuleto, libri talismano, che, per contro, proprio grazie al web sono rintracciabili. L’ultima considerazione riguarda proprio il libro di poesia, spesso introvabile in libreria e a pochi click di distanza su siti specializzati. Credo che ancora ci sia della strada da fare, ma se usato al meglio con i book-trailer, i social network, e via dicendo, internet può essere un ottimo strumento per gli uffici stampa della poesia.
Non saprei aggiungere molto a quanto ho detto. Continuo a stampare quello che mi interessa e non trovo in formato libro. Sono probabilmente molto feticista in questo, ma l’oggetto libro, o tutt’al più il suo surrogato in una dispensa spillata è ancora ciò a cui sono più legata. Però ben vengano le sperimentazioni digitali. La cosa importante per la poesia è che sia letta. Continua a leggere l'intervista...
Non ne ho idea. Non è la prima volta che una innovazione tecnologica suscita interrogativi di questo tipo; tutto sommato, fino ad ora i cambiamenti non sono stati così sostanziali, nonostante le innovazioni; e mi sembrano aver toccato più il contesto che la sostanza delle cose. Voglio dire che il web cambia o può cambiare le regole di sopravvivenza dei testi, modificandone la diffusione e forse anche la percezione. Un po’ minore mi è sin qui parso il suo effetto sulla concezione: le poesie che si leggono in rete non sono poi così diverse da quelle stampate sulla carta (salvo il fatto che devono affrontare meno filtri e meno controlli; sicché si può leggere di tutto, dal buono al gramo). Un altro aspetto non trascurabile è la dimensione più facilmente comunitaria del blog, che forse può incrinare, o comunque modificare, la solitudine che di solito accompagna la scrittura. D’altra parte, chi scrive continua a farlo nel silenzio di un locale spesso deserto; solo dopo, diffondendo ciò che ha scritto, crea forse dei contatti. Continua a leggere l'intervista...
Non mi pare di vedere grandi trasformazioni. Vedo molte opportunità che possono interessare gli editori più che gli scrittori. In origine internet è stata una rivoluzione, mettere on line il proprio lavoro è stata e rimane una comodità e un’occasione niente affatto spregevole, offre una vetrina all’altra parte del mondo. Come è una rivoluzione trovare immediatamente versi che si hanno nella testa di grandi poeti, trovarne le occorrenze in un attimo. Alla fine del 2000, mio figlio, che aveva allora tredici anni, con mio grande stupore, realizzò per me un sito, aggiornato ma non recentemente, www.gabriellasica.com, eppure allora era una novità che mi piacque esplorare subito. Ed è stato il mio uno dei primi siti ufficiali di scrittore italiano, sfogliato per migliaia e migliaia di pagine: se ne cominciava ovviamente a parlare ma qualcuno, sempre recalcitrante, ne sosteneva l’ineleganza. Oggi molti scrittori e poeti hanno un sito, cosa che peraltro non è affatto necessaria ma è certamente un ottimo strumento informativo. Forse nella speranza di nuovi profitti o nell’illusione (poco leopardiana) del progresso, oggi c’è enfasi sulle nuove tecnologie, sul presunto conflitto tra carta ed elettronica, tra vecchio e nuovo mondo reale o virtuale, sugli sconfinamenti leggendari di facebook, su una supremazia del visivo che invece non sta affatto soppiantando la scrittura praticata anzi vorticosamente, tra sms e post di tutti i tipi. Né credo che gli e-book possano soppiantare il libro di carta: al massimo ci si potrà giovare di uno strumento in più. La parola si aggiusta nelle nuove forme, diventa più liquida e polimorfa, si inventano teorie sulla scrittura come furto e inedito assemblaggio, ma la sua consistenza non cambia affatto. Il suo complesso e umanissimo reticolo muta solo nelle apparenze, ma le sue frecce, con tutte le vibrazioni sonore e visive, delimitano sempre il campo immenso della poesia, paragonabile solo a quello della vita. Lo scrittore è sempre, oggi come ieri, un po’ Prometeo che ruba il fuoco agli dèi e un po’ figlio di Apollo. Anzi, figlio “scorticato” di Apollo come in una bella poesia di Zbigniew Herbert, in cui viene annunciato che “… sorgerà col tempo / un nuovo ramo / di arte – diciamo – concreta”. Ecco, quello di cui si sente il bisogno, nelle nostre città assediate è proprio un’arte concreta. Continua a leggere l'intervista...
È un fatto che la generazione dei poeti ventenni e trentenni ha avuto la sua socializzazione letteraria primaria proprio sulla rete. Anche per chi, come me, venendo da altre esperienze, ha iniziato a far leggere e pubblicare i suoi testi solo all’inizio degli anni zero, in effetti non è possibile distinguere un prima e un dopo rispetto a internet. Naturalmente avevo già letto quintali di libri di carta. Ma non conoscevo di persona un solo poeta prima di internet. Che differenza fa tutto questo? Credo molta, anche se essendovi pienamente coinvolto non posso guardare dall’esterno il fenomeno e farmi un’idea obiettiva. La rete sta offrendo uno spazio trasversale che modifica la struttura tradizionale delle gerarchie. Non voglio con questo mitizzare la sua presunta orizzontalità. Asimmetrie, rapporti di forza, differenze di valore: tutto questo si riproduce anche nell’ambiente digitale, ma secondo equilibri inediti. Anche nel pensare il rapporto tra testo cartaceo e digitale, non bisogna lasciarsi fuorviare da prospettive ingannevolmente lineari e progressive, come se il sopravvento del secondo significasse l’estinzione del libro e dell’universo che ad esso era connesso. La critica, anche dura, verso l’approssimazione e il dilettantismo che l’accessibilità della rete spesso incoraggiano, non deve farci dimenticare alcune cose importanti. La rete ad esempio ha permesso la rivitalizzazione, sotto nuove spoglie, dell’idea di rivista di letteratura, un’istituzione la cui crisi è senz’altro precedente all’avvento di internet. Uno dei fenomeni più significativi degli anni zero è stata la fioritura di riviste on-line pensate talora nella forma del blog – ad esempio, tra quelle ancora in attività, Nazione indiana, La poesia e lo spirito, AbsoluteVille, gammm – talora come prosecuzione con altri mezzi e implementazione della rivista vera e propria – è il caso de L’Ulisse, che da alcuni anni porto avanti con Alessandro Broggi e Stefano Salvi. È interessante qui notare come questo fenomeno on-line abbia retroagito sul cartaceo: riviste nate on-line, come Il primo amore, talvolta hanno una coda cartacea; riviste cartacee sono comunque rinate anche di recente – è il caso di Versodove, o Alfabeta2 –, ma secondo modalità che ormai non possono materialmente prescindere dal nuovo ambiente digitale diffuso. È in atto una serie di ibridazioni di cui è difficile prevedere l’evoluzione, ma che nella rete trovano il loro nodo focale, soprattutto per quanto riguarda la possibilità di dar luogo a nuove forme di interazione critica – è questa ad esempio la scommessa della neonata impresa di punto critico, che mira a ricostituire uno spazio pubblico di discussione sul contemporaneo – che sfruttino le opportunità apertesi con la decomposizione della vecchia società letteraria.
Nell’ultimo decennio ci siamo finalmente risvegliati dal torpore ideologico che si era diffuso assieme all’idea che la storia fosse finita, per ritrovarci invece con la netta sensazione di vivere in un’epoca pre-istorica: siamo agli inizi di una grande trasformazione, di cui intravvediamo solo alcuni tratti embrionali. Per quanto riguarda l’impatto delle tecnologie digitali sull’evoluzione della poesia, più che alla questione della diffusione, occorrerà guardare a quella della concezione e della costruzione del testo. Ho l’impressione che in poesia le tecnologie digitali non abbiano ancora prodotto significativi salti in avanti nelle fusione tra media espressivi – suono, immagine, parola – rispetto a quanto già sperimentato dalle avanguardie storiche. Le potenzialità dei mezzi qui sono largamente inesplorate. Invece mi sembra già verificabile l’impatto che le tecnologie digitali stanno avendo su alcuni aspetti formali delle scritture contemporanee. La diffusione della paratassi, l’uso ritmico e dominante della virgola nella punteggiatura, sono solo alcuni degli effetti di superficie – e forse neanche i più significativi – di una forma poetica che incorpori pratiche di scrittura digitale. Ad un livello più profondo credo che sia in corso una metamorfosi delle strutture metriche, con un’evoluzione verso forme di metrica visiva e spaziale fortemente influenzate dall’uso del word processor e dalla visualizzazione su schermo. Il punto centrale non è più né la decostruzione delle forme chiuse – come nel modernismo – né il loro recupero neocitazionista – come nell’epigonismo postmoderno. Tornano invece in gioco immagini metriche del discorso. Non importa quale sia il dispositivo formale prescelto: forme che appaiono come versi, strofe, paragrafi, e che funzionano come mobili dispositivi di formattazione ed organizzazione visiva del testo, e anche di contropotere comunicativo. Perché l’imperativo oggi non è più quello di interrompere la comunicazione – questo ci separa ormai dall’estetica di Adorno – ma piuttosto, con un astuto doppiogioco sulle forme, di deviarne il corso rispetto alla canalizzazione sociale. Continua a leggere l'intervista...
La poesia è, in generale, un’arte, o un medium, amichevole con tutte le altre arti. Dal momento in cui la poesia è divenuta ‘muta’, poi, più o meno in corrispondenza con l’invenzione della stampa e la diffusione della carta, questo rapporto [rapporto con le arti figurative] è stato potenzialmente strettissimo. Credo che quanto esso possa essere fruttuoso sia dimostrato dall’opera dei grandi maestri della poesia concreta e visiva internazionale, a partire dal brasiliano Haroldo De Campos.
Gli sviluppi della tecnologia, in seguito, hanno sviluppato ancor più quest’aspetto. Oggi ogni testo viene creato su un supporto potenzialmente ‘multimediale’, sia pure un semplice foglio word, dunque…
La poesia ha poi incontrato le immagini in movimento e credo che la videopoesia sia ormai un’importante realtà, diffusa e apprezzata in tutto il mondo.
Per quanto riguarda la concezione e la produzione dei testi, è evidente che oggi questa avviene attraverso strumenti digitali molto diversi dalla carta e dalla penna e questo, a mio parere, non può non avere conseguenze sulle ‘forme’ che attraverso questi strumenti vengono create. Quali conseguenze e di che portata? Il discorso sarebbe davvero troppo lungo, basti pensare che – per come vengono utilizzati normalmente – tutti i software di scrittura rendono le correzioni, di volta in volta, definitive, cosa che non avveniva con il semplice tratto di penna, l’interpolazione, la ricopiatura, ecc. Si va su una strada che non permette ritorni. E questo è solo un aspetto. Per altro verso, come dicevo, ogni soft di scrittura è potenzialmente multimediale, e ciò tende, o tenderà, a trasformare sempre più, con effetto sandwich, il testo in ipertesto, la ‘poesia muta’ in ‘poesia virtuale’. Se poi si accetta che anche un’oratura, l’esecuzione sonora di una poesia, sia un ‘testo’, la faccenda diventa ancor più complessa.
Per quanto riguarda la distribuzione, come credo si sia capito, io ho molta fiducia nelle capacità del WEB di affrancare la poesia dal suo stato di minorità. Sia per le sue caratteristiche ‘liquide’ che per le enormi potenzialità di sharing che la Rete implica. Da questo punto di vista, però, eviterei facili corse in avanti. In realtà, da tempo ormai, è in atto una privatizzazione selvaggia del WEB, gli steccati stanno trasformando un territorio libero in una serie di recinti accatastati. Perciò occorre porre molta attenzione alle legislazioni che limitano lo sharing e dare molta importanza alle lotte per la diffusione del copyleft, perché il sapere e le arti siano considerati beni comuni e gratuiti.
Che a piangere per i danni del P2P siano soprattutto signori plurimiliardari ben più interessati al valore merceologico delle loro opere che a quello artistico ed etico politico è, insieme, uno scandalo abbastanza disgustoso e la prova di quanto decisiva sia questa battaglia perché l’arte possa continuare a svilupparsi liberamente.
Il pericolo è che, da un momento all’altro, le libere praterie dell’Ovest si trasformino nei latifondi di Big Brother e che molti di noi, quasi tutti, si trovino rinchiusi in una riserva indiana… Continua a leggere l'intervista...
10 febbraio 2011 | | Di Sandra Bardotti |