Nel corso della loro evoluzione le Olimpiadi hanno contribuito a evidenziare simbolicamente il declino dell’Impero britannico, l’ascesa della potenza statunitense, i processi di decolonizzazione, la sfida bipolare fra USA e URSS, il trionfo dell’unipolarismo americano e ad annunciare l’avvento del ‘secolo cinese’. Più in generale le Olimpiadi sono state e restano un barometro quadriennale sullo stato delle relazioni diplomatiche e un palcoscenico sul quale sono state proiettate diverse crisi internazionali. Olimpiadi, alcune tappe
Olimpiadi Londra 2012: i titoli ""olimpici"" consigliati da Wuz
Esiste veramente una sfera capace di tenere separato il mondo dello sport da quello della politica? Se lo è chiesto Nicola Sbetti, giovane giornalista sportivo, e il risultato è questo volume che analizza i rapporti tra sport e politica nelle Olimpiadi lungo un cammino che parte dall'antica Grecia e si conclude con uno sguardo al futuro che raggiunge il 2020. Le conclusioni a cui giunge gettano una luce nuova sui Giochi Olimpici, illuminanti chiavi di lettura per comprendere le relazioni internazionali e la diplomazia sportiva.
Studiare lo sport è fare storia: questo è l'assunto dell'interessante libro di Nicola Sbetti, che riunisce e sistematizza all’interno di un disegno storico organico importanti documenti e fonti. Le grandi competizioni sportive a livello internazionale non sono materia di serie B, bensì uno specchio dei rapporti di forza tra potenze, degli scontri ideologici e di delicati equilibri. Non si può del resto analizzare la nascita e lo sviluppo dei Giochi Olimpici esulando dal loro contesto politico, sociale e temporale.
Cerimonie di apertura, vittorie, sconfitte e record si intrecciano con la diplomazia, la propaganda, i boicottaggi e il terrorismo. Le Olimpiadi sono l’esito di ben più grandi e complessi ‘giochi’ politici. Per questo non si può ridurre i Giochi a un arido elenco di nomi, numeri, medaglie, record, quando esse ci offrono ogni quattro anni una fotografia del mondo catturato nell'istante in cui si riunisce in nome della passione per lo sport e non perde occasione per rivendicare progressi e conquiste.
Sport e politica sono un binomio inscindibile. Fin dal 1896, quando ad Atene si disputarono i primi Giochi Olimpici dell’era moderna, ogni edizione è stata un evento intrinsecamente politico. E ogni quattro anni a partire da Atene 1896, le Olimpiadi sono state un palcoscenico per osservare lo stato delle relazioni diplomatiche, che alla fine restituisce un quadro esaustivo e coerente della storia del nostro Novecento.
Ma ripercorriamo brevemente le tappe di una storia che riconosceremo immediatamente come la nostra storia.
Tra il 1896 e il 1908 le Olimpiadi sono alla ricerca di un'identità, nel tentativo di coniugare le influenze dello sport borghese anglosassone, il modello ginnastico patriottardo e militarista d’impianto tedesco, e il pensiero decoubertiniano teso a formulare una nuova pedagogia sportiva fondata sui valori dell’interclassismo e del confronto pacifico tra le nazioni.
Nel primo dopoguerra iniziarono invece a manifestarsi i sintomi di un acceso revanchismo politico-sportivo nazionale. È dal 1920 che le Olimpiadi avranno una specifica connotazione nazionale.
È Berlino 1936 il momento in cui emerge in tutta evidenza la pesantissima strumentalizzazione politica mirante a dimostrare la bontà e la superiorità d’una certa forma di governo e di ideologia sulle altre.
Londra 1948 è l’Olimpiade della ricostruzione post-bellica, dalla quale furono estromesse le potenze sconfitte nella seconda guerra mondiale (Germania e Giappone; l'Italia fu presente ai Giochi londinesi, forse perché il Comitato Internazionale Olimpico ritenne giusto premiare il riscatto morale rappresentato dalla Resistenza partigiana, nonché per preservare i nuovi rapporti di forza internazionali secondo i quali l'Italia diventava un baluardo del blocco occidentale e del sistema di difesa atlantico).
A partire dal 1952 assistiamo alla rappresentazione materiale e simbolica, sul teatro delle Olimpiadi, della Guerra Fredda tra Est e Ovest del mondo.
I Giochi a Città del Messico del 1968 furono un grande momento nella lotta contro il razzismo con la protesta dei due velocisti afroamericani Tommie Smith e John Carlos, ma ebbero risvolti molto drammatici nello scontro tra giovani contestatori messicani e Granaderos del dittatore Gustavo Diaz Ordaz che portò al massacro studentesco di piazza delle Tre Culture. Nel 1972 a Monaco di Baviera un commandos di estremisti palestinesi sequestra alcuni atleti israeliani. Le autorità di sicurezza tedesche reagirono con un blitz mal orchestrato che portò a un bagno di sangue e alla morte di altri ostaggi.
Nel 1976 iniziano le Olimpiadi del boicottaggio. Montréal (1976) venne disertata dalla maggioranza dei Paesi africani per protestare nei confronti dell’apartheid sudafricano e contro la Nuova Zelanda che intratteneva dei contatti sportivi con Pretoria. Gli Stati Uniti di Jimmy Carter boicottarono Mosca (1980) a seguito dell’invasione sovietica dell’Afghanistan. L’URSS, trascinando con sé buona parte dell’Europa orientale alleata, si ritirò dai Giochi di Los Angeles (1984) adducendo dei problemi di sicurezza che, in realtà, mascheravano una ritorsione polemica nei riguardi del precedente boicottaggio americano.
Con il crollo del Muro e la fine della competizione ideologico-sportiva tra Est e Ovest, sostenuta a tutto campo a Oriente dall’uso massiccio del doping di Stato, le Olimpiadi, in un processo di sostanziale continuità nel rinnovamento, sono assurte a vetrina di un nuovo, aggiornato concetto di cosmopolitismo: quella globalizzazione che nel presente investe a 360° la dimensione internazionale. Atlanta 1996, l'Olimpiade della Coca Cola, è il caso emblematico del trionfo delle strategie pubblicitarie del marketing e della commercializzazione. Ma le crepe del capitalismo non hanno tardato a mostrarsi, fino a raggiungere il culmine con Atene 2004, una sorta di annunciazione della gravissima crisi che avrebbe, di lì a poco, investito le principali economie mondiali.
Infine, Pechino 2008, dove si è sfiorato di nuovo il pericolo del boicottaggio, è stato il paradigma degli attuali equilibri planetari che vedono la Cina al primo posto tra le super potenze economiche.
Londra 2012 e Rio de Janeiro 2016: mentre Londra cercherà di dimostrare di poter ancora essere considerata la capitale del mondo, i Giochi Olimpici che si terranno a Rio de Janeiro nel 2016 saranno i primi nella storia dell’America del Sud. Dal 2003 al 2010 sotto la presidenza di Lula il Brasile è diventato l’ottava economia del mondo e più di 20 milioni di persone sono uscite dalla soglia di povertà. Per il Brasile le Olimpiadi del 2016, anticipate dai Campionati mondiali di calcio del 2014, saranno probabilmente l’occasione per presentare al mondo i progressi del Paese.
E per il 2020? Accanto alle candidate più tradizionali come Madrid e Tokyo, Istanbul potrebbe essere una delle favorite, essendo una realtà in ascesa e sempre più influente dal punto di vista politico. La crisi economica nell’Unione Europea e le rivolte nel Nord Africa hanno infatti posto il Paese in una posizione geopolitica cruciale nella regione del Mediterraneo orientale. Anche il Giappone, nonostante il sisma che l’11 marzo 2011 ha colpito il Nord-Est del Paese provocando la fuga nucleare dalla centrale di Fukushima, potrebbe essere uno dei candidati più appetibili.
Il lavoro di Nicola Sbetti è un'intelligente e puntuale ricostruzione storica, politica, economica e sociale, che riesce ad appassionare e riscatta lo studio di una materia, quella sportiva, ancora relegata ai margini dall'Accademia. Sbetti non si limita a descrivere il passato ma collega problematicamente cause ed eventi fino a lanciare uno sguardo lungimirante al futuro della competizione olimpica. Un libro da non perdere.
Nicola Sbetti - Giochi di potere. Olimpiadi e politica da Atene a Londra 1896-2012
288 pagg., 21,50 € - Edizioni Mondadori Education 2012
ISBN 978-88-0074421-8
L'autore
24 luglio 2012 | Di Sandra Bardotti |
Esiste veramente una sfera capace di tenere separato il mondo dello sport da quello della politica? Se volgiamo il nostro sguardo sui Giochi Olimpici estivi, questo assunto non sembra trovare alcun riscontro. Ripercorrere la loro storia lungo un cammino che parte dall'antica Grecia e si conclude proiettando il proprio sguardo fino al 2020 evidenzia come lo sport e la politica siano andati costantemente a braccetto. Le vittorie, le sconfitte e i record si sono infatti intrecciati con la diplomazia, la propaganda, i boicottaggi e il terrorismo. In costante tensione fra la retorica tendente all'universalismo e la prassi funzionale al nazionalismo i Giochi Olimpici offrono, nella loro storia ultracentenaria, illuminanti chiavi di lettura per comprendere le relazioni internazionali e la diplomazia sportiva.
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