Era soddisfatto: gli erano bastate sette ore di lavoro per svelare uno dei più grandi segreti della storia delle carceri cilene. Aveva anche compreso che gli uomini che avevano scavato quel tunnel, a rischio della vita, non erano detenuti normali, bensì prigionieri il cui desiderio di libertà era grande tanto quanto il coraggio e l’intelligenza che erano stati necessari per risolvere gli innumerevoli problemi che l’evasione aveva implicato.
11 settembre. Gli americani hanno monopolizzato la data dell’11 settembre, dopo l’attentato terroristico alle Torri Gemelle del 2001. Ma l’11 settembre dovrebbe restare nella memoria di tutti per un altro tragico avvenimento: nel 1973, in Cile, quel giorno il generale Pinochet guidò il colpo di stato che avrebbe destituito Salvador Allende, primo presidente democraticamente eletto nell’America Latina. Il palazzo della Moneda fu bombardato e devastato dalle fiamme, Allende morì - i referti medici più recenti hanno confermato il suo suicidio nonostante le voci contrastanti che circolarono all’epoca. Pinochet instaurò una dittatura che sarebbe durata diciassette anni. Anni di mancanza di libertà, di terrore, di arresti arbitrari, imprigionamenti e torture. Negli anni ‘80 il partito comunista creò un Frente Patriotico clandestino con l’intento di stimolare un sollevamento popolare. Il libro della giornalista Anne Proenza e del musicista Teo Saavedra, rifugiato politico in Francia dal 1977, prende l’avvio nel 1986, dopo un fallito attentato alla vita di Pinochet. E ci racconta una storia non nota, della fuga di quarantanove detenuti politici dalla prigione pubblica di Santiago durante la notte del 29 gennaio 1990. Una beffa per il regime. Una storia grandiosa di coraggio e tenacia, di forza di volontà e di idealismo, di tempra interiore e sì, anche di intelligenza.
Una fuga attraverso un tunnel scavato dai prigionieri. Parte da una delle celle, sbuca in superficie a 60 metri di distanza, oltre il muro della prigione, oltre la galleria di una nuova stazione della metropolitana, nei pressi di una stazione più vecchia. Di per sé non è una storia originale: di quante fughe abbiamo letto, quante ne abbiamo visto al cinema? Una delle pellicole che i prigionieri di Santiago guardano è La grande fuga con Steve McQueen - e non serve solo come passatempo. Eppure, come riescono Proenza e Saavedra a rendere il loro libro così appassionante, un vero e proprio page-turner? Gli evasi di Santiago è una combinazione perfetta di romanzo d’avventura e di storia vera (tanto più drammatica per questo), con personaggi vivi che impariamo a conoscere (loro, le loro famiglie, le loro donne) e con una decisa connotazione politica che è una condanna degli abusi di qualunque dittatura. In più, la tensione è fortissima - anche se sappiamo che l’evasione avrà successo.
Se il racconto della fuga dovesse seguire una sequenza temporale lineare, risulterebbe monotono e claustrofobico. Invece ogni capitolo ha, come titolo, una data e il luogo dell’azione (per dare un’idea, uno è “Ottobre 1989. Prigione pubblica di Santiago, tunnel, quarantacinque metri”), e il tempo si sposta, avanti e indietro, tra il 1986 e il 1990 inoltrato. Conosciamo i carcerati, la loro lotta per ottenere il riconoscimento di prigionieri politici con celle separate da quelle dei delinquenti comuni, ascoltiamo le discussioni prima della decisione per un piano di fuga: un’azione è meglio dell’attesa passiva, anche se fosse soltanto per mostrare una caparbia opposizione. È stupefacente leggere di come Manuel, Miguel, Hugo e gli altri abbiano risolto i problemi pratici dell’impresa dello scavo del tunnel, dell’aerazione mano a mano che si spingevano più avanti nel cunicolo soffocante, di come trasportare indietro la terra rimossa e soprattutto di dove metterla. Un’impresa eroica, i disegni illustrativi ci lasciano ammirati. E poi, di chi fidarsi? tutti hanno già provato la tortura e sanno che resistere può andare al di là delle forze umane. Inframmezzati ai capitoli degli scavi, degli incontri dei prigionieri con i famigliari (nasce un amore, uno di loro diventerà padre), ci sono i capitoli del dopo-fuga con il giudice che ha l’incarico di indagare sulle responsabilità della fuga ed è sottoposto a pressioni e ricatti, anche se il regime di Pinochet è prossimo alla fine.
Un libro da leggere, con la tensione di un thriller. Con qualcosa di più che in un thriller.
Anne Proenza, Teo Saavedra - Gli evasi di Santiago
Titolo originale: Les Évadés de Santiago
Traduzione di Sara Puggioni
pagg. 259, 17,90 € - Edizioni Angelo Colla 2011
ISBN 978-88-8952765-8
Gli autori
02 settembre 2011 | Di Marilia Piccone |
All'alba del 30 gennaio 1990, una notizia incredibile sveglia Santiago del Cile: durante la notte, quarantanove prigionieri politici sono evasi dalla prigione pubblica, facendosi beffe della famigerata polizia di Pinochet. Nessuna violenza, nessun colpo di pistola: i detenuti se la sono svignata uno dopo l'altro attraverso lo stretto budello sotterraneo che loro stessi avevano scavato sotto la prigione, lavorando senza sosta per un anno e mezzo. Vent'anni più tardi, gli stessi uomini, ancora in esilio, hanno deciso di raccontare la loro storia agli amici Anne Proenza e Teo Saavedra: i tanti piani elaborati e poi abbandonati, l'organizzazione impeccabile del lavoro, le incomprensioni politiche, la pazienza, gli stratagemmi, le invenzioni, gli amici e gli amori là fuori e, soprattutto, un segreto da serbare... Il racconto alterna la suspense della preparazione e messa in atto della fuga alla storia dell'indagine condotta dal giudice incaricato di far luce sull'incredibile vicenda. Come sono andate veramente le cose? È possibile che un pugno di detenuti sia riuscito a scavare un tunnel lungo 60 metri e a nascondere 50 tonnellate di terra senza alcuna complicità? Una storia straordinariamente vera di forza interiore e di resistenza alla dittatura, raccontata con tono e ritmo degni dei migliori romanzi d'avventura o dei più famosi film d'azione. Prefazione di Olivier Duhamel.
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