Mentre dormivo mi apparve un nano che mi chiese di ballare. Sapevo benissimo che stavo sognando, ma dato che anche nel sogno ero esausto, rifiutai educatamente: «Mi scusi, ma sono stanco, non me la sento». Il nano non se la prese, e si mise a ballare da solo.
Questa raccolta ha il pregio di riassumere in pochi racconti tutte le tematiche più care a Murakami. L’imprevedibilità degli esseri umani, l’aspetto tragicomico di molte situazioni, il mondo onirico che si intreccia con la realtà, il sonno, la violenza inattesa di personaggi apparentemente innocenti e i suoi finali sconcertanti, senza una vera e propria conclusione. In sostanza, non smette di lasciare sospesi i suoi lettori, confusi tra le inevitabili conseguenze del gap culturale oriente – occidente e il forte coinvolgimento nelle parole di quest’uomo saggio, profondo, abile a destreggiarsi nella spinosa arte dell’espressione, sempre in bilico tra realtà e fantasia.
I personaggi intorno ai quali si concentra ogni racconto hanno dei tratti comuni, sia nel modo di pensare, sia la maniera di rapportarsi con ciò che li circonda. Sono essenzialmente curiosi, un po’ timidi, amici della trasgressione, della ricerca di se stessi negli altri o nelle cose. Un senso di eterna incomprensione e stupore latente accarezza gli strati spessi che compongono la distanza tra un individuo e l’altro. Il racconto che dà il titolo al libro è quello dell’elefante improvvisamente scomparso nel nulla insieme al suo guardiano. Tutti cercano di scoprire il responsabile e soprattutto il movente di un’eventuale manomissione dei lucchetti che lo tenevano saldamente legato alla gabbia. Un mistero mai svelato, ridotto a fatto di cronaca locale a cui dare visibilità per un po’, fino a quando se ne perderà interesse. Il protagonista, anche in questo caso, si distingue dalla massa, continua a rimuginare su questa vicenda e la racconta con entusiasmo, specialmente perché lui conosce la soluzione all’inghippo, ha visto tutto lui con i suoi occhi: l’elefante ha cominciato a rimpicciolire, fino a sparire del tutto.
L’assurdo muove l’intreccio di ogni racconto. L’autore non si limita ad elaborare una piacevole trama a sfondo fantastico, ma propone il surreale come elemento essenziale alla svolta della narrazione. All’inizio di ogni storia, il lettore è portato ad illudersi che ci sia una soluzione finale volta a spiegare i bizzarri eventi proposti. Invece, alla fine, si resta sempre piacevolmente delusi. Viene da pensare che Murakami si cimenti in raccontini scritti di getto, fini a se stessi, senza uno scopo altro se non quello di intrattenere o di dare un certo piacere a chi li legge. Tuttavia, l’autore di romanzi come After Dark, Norvegian Wood, Dance Dance Dance, non può limitarsi a un processo tanto semplicistico. Emerge molto di più da queste storie: la coscienza del fascino che può scaturire da un’oculata ricerca negli abissi dell’animo umano. Questo è il perno intorno a cui ruota l’apparente non-sense dello scrittore. C’è tutta la sua sensibilità e la sua allarmante intelligenza dietro le quinte di questi teatrini dell’assurdo.
Una ragazza soffre di insonnia e passa diciassette notti in bianco senza ripercussioni sul fisico o sullo stato d’animo. Ogni notte rilegge romanzi classici, in particolare russi, come Anna Karenina, beve cognac e si reca al porto ad osservare il paesaggio notturno. Un nano appare nei sogni degli operai di una fabbrica di elefanti. È un nano ballerino e sta cercando un corpo di cui impossessarsi per continuare a ballare. E poi ancora, un uomo riceve una strana telefonata da una donna che sostiene di conoscerlo e lo provoca sessualmente, poi nello stesso giorno si ritrova a prendere il sole con una sedicenne in un giardino circondato da case abbandonate. Il fatto che i protagonisti si trovino ad affrontare le situazioni più strane con uno stato d’animo molto affine, velato anche di una giusta dose di ironia e perfino la loro vicinanza al mondo dei libri fa pensare che Murakami ami impregnare ognuno di loro con qualcosa che gli appartiene, un atteggiamento, un approccio alla vita probabilmente suo.
Le donne di Murakami. Potrebbe divenire il titolo di un lunghissimo manuale su di lui. La sua visione del mondo femminile, la naturalezza con cui si immerge nell’interpretazione di personaggi di sesso opposto al suo lascia trapelare la sua visione positiva, aperta, moderna del mondo delle donne, sebbene il Giappone non sia certo una nazione che spicca per quanto riguarda l’emancipazione femminile. La vastità del suo pensiero lo invita ad analizzare quella realtà esattamente nel modo in cui analizza quella maschile. Le donne di Murakami sono grintose, indipendenti, profonde, alla ricerca continua di se stesse e del loro rapporto con gli uomini. Non è raro, in questi racconti, che sia il marito a stare in casa a occuparsi delle faccende domestiche, mentre la moglie è al lavoro o che lei si riveli più decisa nel compiere azioni in genere ritenute tipicamente virili. La donna, nei suoi libri, non ha quasi mai bisogno dell’uomo: è libera di muoversi, di ragionare, giudicare, rifiutare o accettare a suo piacimento.
Peccato che la traduzione, filtrata da quella inglese piuttosto che direttamente dall’originale giapponese, abbia spesso peccato di approssimazione. Lo stile di Haruki Murakami è troppo marcato e riconoscibile per potersi alterare. Ne risente il ritmo della narrazione, in questo caso altalenante, per non parlare del linguaggio, smorzato delle sue raffinatezze, dei suoi insostituibili giochi di parole. La colpa non si può certo attribuire alla traduttrice, bensì alla scelta di passare attraverso un’altra traduzione. Questo processo non è avvenuto di recente, poiché la versione della raccolta proposta quest’anno da Einaudi è esattamente la stessa di quella edita nel 2001 e nel 2004 da Baldini & Castoldi Dalai.Le prime pagine
Haruki Murakami
L’elefante scomparso e altri racconti
Una lenta nave per la Cina
Quand'è stata la prima volta che ho incontrato un cinese?
Questa frase, così com'è, nasce per così dire da una preoccupazione archeologica. Etichettare i diversi reperti, dividerli per genere, analizzarli.
Ad ogni modo, quand'è che ho incontrato il mio primo cinese? Suppongo sia stato nel '59 o nel '60, ma un anno o l'altro non ha nessuna importanza. Anzi, direi che non fa la minima differenza. Ai miei occhi, il '59 e il '60 sono come due gemelli che indossano brutti vestiti uguali. Supponendo di poter salire su una macchina del tempo e tornare indietro a quegli anni, farei molta fatica a distinguere l'uno dall'altro.
Eppure continuo con perseveranza la mia opera. Allargo l'area degli scavi e trovo nuovi frammenti, a volte minuscoli, che incominciano a formare una figura.
Sì, era sicuramente l'anno in cui Johnson e Patterson si disputarono il titolo di campione del mondo dei pesi massimi. A questo punto mi basterebbe andare in una biblioteca e sfogliare le pagine sportive di qualche raccolta di vecchi giornali. Così sarebbe tutto risolto.
L'indomani mattina prendo la bicicletta e mi reco alla biblioteca del quartiere.
Vicino all'ingresso, non so perché, c'è un piccolo pollaio, dove cinque galline stanno mangiando quella che sembra una colazione tardiva, o un pranzo anticipato. La giornata è così bella che prima di entrare nella biblioteca mi siedo su una"" pietra di fianco al pollaio e accendo una sigaretta. Poi mentre fumo rimango a contemplare le galline che mangiano. Beccano senza sosta nella scatola del cibo, a un ritmo cosi frenetico che la scena del pasto sembra uno di quei vecchi notiziari che si vedevano una volta al cinema.
Quando finisco la sigaretta, dentro di me qualcosa è decisamente cambiato. Il perché non lo so, eppure il mio nuovo io, che è ormai cinque galline e una sigaretta più in là, pone a se stesso due domande.
La prima: a chi può interessare la data esatta del giorno in cui incontrai per la prima volta un cinese ?
La seconda: cosa possiamo mai scambiarci io e un mucchio di vecchi giornali posati su un tavolo soleggiato della sala di lettura?
Sono domande sensate. Seduto vicino al pollaio fumo un'altra sigaretta, poi riprendo la mia bicicletta e saluto galline e biblioteca. Così quel mio ricordo resta senza data, come non hanno nome gli uccelli che volano in ciclo.
D'altronde la cronologia dei miei ricordi lascia molto a desiderare. La mia memoria è terribilmente imprecisa. Tanto che qualche volta mi chiedo se non stia cercando di dimostrare qualcosa a qualcuno. Ma di cosa si tratti, non ne ho la minima idea. Tanto più che di solito l'imprecisione non è qualcosa che possa provare alcunché.
Ad ogni modo, o piuttosto poiché questa è la situazione, la mia memoria è molto vaga. Ricordo le cose all'incontrano, confondo la realtà con la fantasia, qualche volta scambio quello che ha visto qualcun altro con quello che ho visto io. Può darsi che non si possa neanche parlare di memoria. La prova ? Di tutti gli anni della scuola elementare (quei giorni bui di quei miserabili sei anni nella democrazia del dopoguerra), gli episodi che riesco a ricordare con esattezza sono soltanto due. Uno è questa storia del cinese, l'altro una partita di baseball in un pomeriggio delle vacanze estive. Io giocavo in centro, ma persi conoscenza dopo il terzo inning. Ovviamente c'erano dei motivi. In primo luogo, la nostra scuola per quella partita era autorizzata a usare parte del terreno sportivo del liceo vicino, così mentre correvo con tutte le mie forze dietro a una palla, andai a sbattere con la faccia contro il palo del canestro di basket.
© 2009, Einaudi
Haruki Murakami – L’elefante scomparso e altri racconti
311 pag., 12,50 € - Edizioni Einaudi 2009 (Super ET)
ISBN 978-88-06-19135-1L'autore
03 marzo 2009 | Di Anna Zizola |
In un giorno d'estate soffocante, un avvocato si mette alla ricerca del suo gatto e in un giardino abbandonato dietro casa incontra una strana ragazza. Una giovane coppia decide di fare uno spuntino notturno e assalta un McDonald's per avere trenta Big Mac, realizzando cosi' un segreto desiderio adolescenziale del marito. Nel racconto che da il titolo al libro, un uomo è ossessionato dalla incredibile, misteriosa scomparsa di un elefante dallo zoo del paese. E poi ancora una curiosa digressione sui canguri, un uomo che incendia granai per il gusto di vederli bruciare e le introspezioni di una giovane madre afflitta da insonnia.
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