Le recensioni di Wuz.it

Il re pallido di David Foster Wallace

La nostra piccolezza, la nostra insignificanza e natura mortale, mia e vostra, la cosa a cui per tutto il tempo cerchiamo di non pensare direttamente, che siamo minuscoli e alla mercé di grandi forze e che il tempo passa incessantemente e che ogni giorno abbiamo perso un altro giorno che non tornerà piú e la nostra infanzia è finita e con lei l'adolescenza e il vigore della gioventú e presto anche l'età adulta, che tutto quello che vediamo intorno a noi non fa che decadere e andarsene, tutto se ne va e anche noi, anch'io, da come sono sfrecciati via questi primi quarantadue anni tra non molto me ne andrò anch'io, chi avrebbe mai immaginato che esistesse un modo piú veritiero di dire ""morire"", ""andarsene"", il solo suono mi fa sentire come mi sento al crepuscolo di una domenica d'inverno...

Arriva in Italia l'ultima opera incompiuta di David Foster Wallace, Il re pallido, appena pubblicata da Einaudi. Prima di aprire questo volume di oltre 700 pagine, forse vale la pena rileggere il discorso tenuto da Wallace per la cerimonia delle lauree al Kenyon College il 21 maggio 2005, contenuto in Questa è l'acqua (Einaudi, 2009; si tratta dell'ultimo brano, che dà il titolo alla raccolta). Nelle parole che rivolge agli studenti è possibile riscontrare un'idea abbastanza precisa e delineata di ciò che sta tentando di fare con il grande progetto a cui si è dedicato dopo Infinite Jest. Mettendo in guardia i ragazzi sul loro futuro ingresso nella vita adulta, sulla noia, la routine e la meschina frustrazione in cui si sarebbero trovati presto immersi, Wallace tenta di spiegare che il valore dell'educazione umanistica sta non tanto nel fornire delle conoscenze, quanto nell'insegnare a esercitare un qualche controllo sull'oggetto e sulle modalità del pensiero. ""Imparare a pensare"" significa essere abbastanza consapevoli e coscienti per scegliere a cosa prestare attenzione e come dare un senso all’esperienza. ""Nella mia esperienza immediata - dichiarò Wallace -, tutto tende a confermare la mia profonda convinzione che io sia il centro assoluto dell’universo, la più reale e vivida e importante persona che esista. Raramente pensiamo a questa specie di naturale, fondamentale egocentrismo, perché è qualche cosa di socialmente odioso. Ma in effetti è lo stesso per tutti noi. È la nostra configurazione di base, codificata nei nostri circuiti fin dalla nascita"". La modalità automatica in cui viviamo le parti noiose, frustranti, affollate della vita da adulto ci porta a essere arroganti, disgustati, nella convinzione automatica e inconscia di essere il centro del mondo. Una formazione umanistica può insegnare a sviluppare una maggiore capacità di attenzione verso i dettagli delle nostre esistenze, rendendoli non soltanto significativi, ma anche sacri, profondamente mistici. La noia del quotidiano può trasformarsi nella più piena felicità. È lo stesso concetto espresso da Wallace in una divagazione allegata al manoscritto de Il re pallido: ""Presta grande attenzione alla cosa più noiosa che trovi (dichiarazioni dei redditi, il golf in televisione) e, a ondate, una noia mai provata ti invaderà finendo quasi per ucciderti. Superala, e sarà come passare dal bianco e nero al colore. Come l'acqua dopo giorni nel deserto. La beatitudine costante in ogni atomo"". Ecco la direzione che stava prendendo il discorso di Foster Wallace negli ultimi anni della sua vita.

Materiali manoscritti de Il re pallido, dall'archivio che ospita tutte le carte di David Foster Wallace presso l'Harry Ransom Center, University of Texas.


Il re pallido
è ""una specie di libro di memorie professionali"", ""un parziale rendiconto prevalentemente vero e accurato di quello che ho visto, sentito e fatto, di quelli che ho conosciuto, con i quali e alle dipendenze dei quali ho lavorato, e di tutto quanto è successo alla Sede 047 dell'Agenzia delle Entrate, il Centro controlli regionale del Midwest, a Peoria, nell'Illinois, nel 1985-86.  A parlare è ""David Wallace, di anni quaranta, previdenza sociale n. 975-04-2012, che si rivolge a voi dall'abitazione uso ufficio detraibile nel modello 8829 al 725 di Indian Hill Boulevard, Claremont 91711, California, in questo quinto giorno della primavera 2005"". Ecco l'autore, in carne e ossa e numero di previdenza sociale, con una biografia simile, ma non identica, a quella di chi scrive.
Wallace si è a lungo documentato sulla vita e sul lavoro all'Agenzia delle Entrate, così come aveva fatto per le droghe in Infinite Jest. Un fiume di nozioni di diritto tributario e di burocrazia inonda le pagine, eppure la maggior parte dei fatti del libro si rivela essere inventata. Ma Wallace è forse lo scrittore più serio della sua generazione. E c'è un contratto con il lettore che garantisce la veridicità di ciò che è scritto, un esempio brillante di avvitamento burocratico e formale sul quale l'autore si dilunga nell'introduzione che si trova a 85 pagine dall'inizio.

Andrew Barr, David Foster Wallace

David Wallace scompare dopo un centinaio di pagine, diventa una creatura del sistema. A Peoria il lavoro contabile degli impiegati, il più noioso immaginabile, viene presentato come un esempio di eroismo e devozione religiosa, grazie al quale l'individuo può raggiungere la beatitudine attraverso la capacità di prestare attenzione, il riscatto nella consapevolezza del sacrificio in nome di un bene più grande. Molti sono i personaggi, apparentemente scollegati, che si alternano sulla scena. Wallace descrive le loro vite prima dell'assunzione all'Agenzia di Peoria (queste sono, probabilmente, le parti più belle del libro, quelle in cui si dispiega la vitalità della scrittura di Wallace e la capacità di esplorare i labirinti della mente). La storia è ambientata nel 1985, agli albori dell'Era dell'Informazione, quando i mainframe erano temuti per le loro capacità che mettevano a rischio il futuro lavorativo di molti impiegati. Wallace si sofferma a lungo sui mutamenti sociali avvenuti in America a partire dagli anni Sessanta, sull'imposizione del modello consumistico, sull'alienazione e l'individualismo, sulla decadenza del senso civico, sull'influenza devastante della pubblicità e del marketing che ha trasformato l'individuo da consumatore a compratore.


Curato dall'editor storico di Wallace, Michael Pietsch, che ha riordinato il materiale e apportato alcune correzioni, Il re pallido è un ipnotico monumento alla noia e un notevole esercizio di abnegazione all'assolutamente ordinario. Riconosciamo il ritmo della scrittura di Wallace - quello del pensiero che si attorciglia su se stesso, si perde e poi si ritrova altrove -, la sua raffinatezza descrittiva e intellettuale, l'ironia pungente. L'incompiutezza del testo e la mancanza di un'architettura portante e dello slancio in grado di giungere alla rivelazione trascendente si avverte chiaramente. Si può ipotizzare che Wallace non avesse in mente un impianto narrativo di sostegno come pure c'è in Infinite Jest, puntando sulla frammentazione come forma del postmoderno, in grado di descrivere la complessità della società contemporanea e raffigurare il caos di un'epoca in cui la realtà non è più data e oggettiva. Del resto, annota che la trama dell'opera è ""una serie di preparativi per quello che deve succedere, ma in realtà non succede niente"". Non ci è dato saperlo. Certo è che la forte moralità di Wallace, il perfezionismo e la concezione della scrittura come una cosa tremendamente seria, la fede nella letteratura come rimedio alla solitudine, ci fanno credere che il risultato sarebbe stato molto diverso se lui avesse avuto l'opportunità di ultimarlo. E nonostante sia incompiuto, Il re pallido è un'opera brillante e ambiziosa dalla quale non possiamo distogliere lo sguardo.

David Foster Wallace - Il re pallido
Titolo originale: The Pale King
Traduzione di Giovanna Granato
714 pagg., 21 € - Edizioni Einaudi 2011 (Stile Libero Big)
ISBN 978-88-06-20335-1


L'autore


09 novembre 2011 Di Sandra Bardotti

Il re pallido
Il re pallido Di David Foster Wallace;

L’ultimo meraviglioso atto creativo dello scrittore piú amato e venerato della sua generazione.

La trasfigurazione in forma narrativa di un anno che David Foster Wallace, nel bel mezzo degli studi universitari, trascorse lavorando per il Centro controlli regionale dell’Agenzia delle Entrate di Peoria, nell’Illinois.
Un romanzo labirintico, che tra finte prefazioni e digressioni, minuziose descrizioni che ricordano i cataloghi dell’epica antica e sintesi fulminanti, riesce a trasformare gli eventi piú ordinari in avventure miracolose.
Una gigantesca macchina tra saggio e racconto, popolata da un’umanità insieme buffa e dolente e sorretta dall’ambizione quasi filosofica di raccontare la noia, ossia tutto ciò che di solito viene escluso dalle storie perché ritenuto privo di interesse. E che qui viene evocato con prodigiosa empatia, nel suo inscindibile misto di banalità e dignità.
Un romanzo unico e incommensurabile, un inno paradossale all’utilità della noia che solo un genio poteva trasformare in una struggente epopea personale e collettiva.

La posta della redazione

La posta della redazione

Hai domande, dubbi, proposte? Vuoi uno spiegone?
Scrivi alla redazione!

Chiudi

Per poter aggiungere un prodotto al carrello devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.

Chiudi

Per poter aggiungere un prodotto alla lista dei desideri devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.

Chiudi

Il Prodotto è stato aggiunto al carrello correttamente

Chiudi

Il Prodotto è stato aggiunto alla WishList correttamente