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Una domenica con il commissario RicciardiIntervista a Maurizio de Giovanni 

In questo libro non è il commissario Ricciardi a farla da padrone assoluto nei racconti di de Giovanni. Lo affianca la sua città. Alla quale è qui dedicato un omaggio destinato a restare nella memoria anche dei lettori che una Napoli così non l’hanno mai conosciuta.
(Dalla prefazione di Paolo Mieli) 


Dopo Anime di vetro, (Einaudi 2015), Maurizio de Giovanni ci accompagna nuovamente nella sua amata Napoli: è una domenica di settembre del 1932, e il commissario Ricciardi è seduto a un tavolino a consumare la colazione con il suo amico Bruno Modo, filantropo e antifascista, davanti alle sfogliatelle del caffè Gambrinus... È in questo modo, attraverso la quotidianità, gli odori e i suoni di una città, che i racconti di de Giovanni ci prendono e ci accompagnano per mano in un viaggio ""fotografico"". Un coro di voci e di ricordi attraverso una Napoli sbiadita, ma viva e ricca di suggestioni lontane, che emozionano sia chi Napoli la conosce e la sente guizzare nelle vene, sia chi la ama - anche solo da lontano - e rimane affascinato da tanta bellezza in bianco e nero.

L'opera di de Giovanni, intrecciata tra parole e immagini, in un racconto che è anche una testimonianza iconografica, è lo sfondo malinconico di un viaggio nel tempo. Una narrazione dall'animo suggestivo che prende forma dalle fotografie selezionate da Stefania Negro e Luca Sorbo, e presentato dall'introduzione di Paolo Mieli. Otto racconti, molti personaggi, una sola e unica protagonista: la città di Napoli e il suo mare.

L'intervista di WUZ

Da dove nasce l’idea di accompagnare questo suo nuovo romanzo con un corredo iconografico così significativo?

Maurizio de Giovanni
L’idea è stata di Eileen Romano, direttrice editoriale di Skira. Originariamente avrebbero dovuto esserci le foto con mie didascalie, poi però ho preferito utilizzare le immagini come materia per i racconti e mi sono un po’… lasciato prendere la mano dalla voce dei personaggi.  

La Napoli del commissario Ricciardi, quella Napoli sbiadita e magica qua, più che mai, è la vera protagonista dell’opera…

M. d. G.
Le fotografie prendono vita. Si colorano, diventano dei filmati e poi passano a tre dimensioni. Infine si scavalca l’orlo e si entra in quel mondo. Mi succede ogni volta che devo raccontare il tempo di Ricciardi, con quelle immagini. Napoli è così: non si adatta a essere uno sfondo, diventa sempre protagonista. Così è accaduto anche stavolta.
 
Festa di San Gennaro: bambina davanti a una bancarella con statuette del santo (Studio Troncone, anni Trenta)

Com’è avvenuta la ricerca iconografica? Dove ha trovato le sue fonti?

M. d. G.
Se ne è occupata la casa editrice, avvalendosi di validissime professionalità. Devo dire che la selezione è stata difficile ma estremamente gratificante nei risultati; scrivere i racconti è stata sicuramente la parte più semplice.

Perché ambientare la sua serie proprio in quegli anni?

M. d. G.
Gli anni Trenta sono poco raccontati e sottovalutati perché visti in prospettiva della seconda guerra mondiale. Invece sono stati un’epoca di grande fermento culturale e sociale, con valori bellissimi e grandi disperazioni. Ne sono sempre stato affascinato e pur tra le mille difficoltà dovute alle ricerche sono felice di poterci ritornare una volta all’anno.

Le parole e le immagini che s’inseguono in questa “domenica” sono molto commoventi. Si commuove ancora vagando nella sua città oggi? Come descriverebbe Napoli alle soglie dell’anno che verrà?

M. d. G.
Napoli è immensa. Un luogo enorme e popolatissimo di passioni ed emozioni in costante fermento, ora come allora. Certo che mi commuove, la mia città. E la commozione è un misto di dolore e gioia, di felicità e rabbia. Non intendo perdere questo assoluto coinvolgimento, senza il quale non potrei raccontare alcuna storia.
 
Pescatori a Mergellina
(Giulio Parisio, anni Trenta)

a cura di Jessica Chia


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