Da tempo mi interrogo sulle ragioni che spingono molti economisti, compresi alcuni tra i migliori, a investire la loro intelligenza nella costruzione di teorie la cui complessità è seconda soltanto all'inutilità.
“Benessere” e “sostenibilità” sono certamente parole che evocano concetti rassicuranti e sommamente desiderabili, ma quando vengono accostate con disinvoltura nei dibattiti o sulle colonne dei giornali sortiscono lo stesso effetto dei biscotti di un celebre spot d’antan. Viene da dire “… e chi sono io? Babbo Natale?”.
Oggi viviamo in un paradigma che se da un lato ci insegna a considerare inevitabili “le magnifiche sorti e progressive” che il liberismo degli esordi ha portato in dote al mondo moderno, dall’altro ci mette tutti i giorni sotto gli occhi come “crescita illimitata” sia un ossimoro, un’impostura ormai insostenibile.
Il mondo moderno è un campo di battaglia, un regno della sofferenza sociale che sembra mantenersi in vita a dispetto di tutto, e nonostante l’evidente fallimento del modello cui si ispira, a solo beneficio di pochi.
La disoccupazione e l’inflazione formano un dinamico duo come non se ne vedevano dai tempi di Batman e Robin, e per “dinamico” bisogna proprio intendere “capace di adattarsi”.
Non sembra esserci fine all’ubiquità e alla tenacia dei due fenomeni (uno dei quali, per molti economisti che parlano di “disoccupazione volontaria”, non sembra nemmeno essere sulla mappa).
La Banca Centrale Europea. E il lampione. |
Un celebre lampione della storia del cinema. Dov'è finito l'ubriaco? |
Tutto è irragionevole in ciò che accade nel mondo d'oggi: più di cinque anni di stagnazione, un balzo della disoccupazione e del lavoro precario, il declino del ceto medio, l'esplosione delle disuguaglianze. Ma da dove viene questa irragionevolezza e perché la accettiamo? Questo libro è un invito al viaggio nei territori che abbiamo intravisto durante le crisi che si sono succedute dal 2007-2008: la crisi della teoria economica, la crisi finanziaria mondiale, la crisi bancaria, la crisi europea dei debiti sovrani, e, infine, quella dei nostri sistemi di misura. Con un bilancio insopportabile: noi affrontiamo l'avvenire con gli occhi rivolti al cono di luce che ci giunge dal passato. Non possiamo trovare nulla sotto queste luci, se esse non sono in grado di illuminare il tempo presente. Le nostre teorie economiche falsificate a più riprese dai fatti - e le nostre politiche rivolte a obbiettivi che derivano da esse (stabilità dei prezzi, concorrenza, sostenibilità del debito) non riescono più a rendere conto della realtà né a rispondere ai bisogni della popolazione. "Il teorema del lampione" è, in egual misura, un appello a dare più peso all'esigenza di legalità senza la quale le nostre democrazie deperiscono, le nostre economie funzionano male e il benessere della popolazione si riduce ai minimi termini.
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