Le recensioni di Wuz.it

Le piccole memorie

José Saramago


"Niente di molto importante, si dirà. Sarà stato allora per questa ragione che questo libro ha cambiato nome e si è intitolato Le piccole memorie. Sì, le memorie piccole di quando ero piccolo, semplicemente."

Che strana sensazione si prova nell'incontrare, dopo aver conosciuto attraverso i suoi scritti il Premio Nobel per la letteratura, il Saramago uomo, anzi, ragazzino. 
E che curiosa impressione fa leggere una scrittura semplice, lineare, tradizionale, quasi ingenua, mentre ci si aspetta invece di incappare nella costruzione complessa e raffinata delle frasi saramaghiane.
È davvero un libro straordinario questo, in tutti i sensi. Ed è perciò che vogliamo parlarne, consapevoli che, a un paio di mesi dall'uscita in libreria, ancora non abbia venduto quanto dovrebbe, quanto abitualmente vendono i libri di José Saramago.


Non che le vendite siano proporzionali alla qualità, come ben sanno gli editori e i critici - e spesso anche i lettori, a loro spese -, ma perché non suggerire l'acquisto di un romanzo di memorie come questo? 
Non vi aspettate di leggere Le intermittenze della morte o La caverna o Il Vangelo secondo Gesù Cristo, sareste delusi!
 
Aspettatevi invece il racconto leggero, lineare, talvolta divertente dell'infanzia di uno scrittore dall'animo profondissimo che volutamente ha lasciato fuori da queste pagine la complessità della sua interiorità nonché l'etica, la politica e la filosofia.

Troverete piccole confessioni molto personali, come la scoperta del sesso e dell'amore, il mistero legato al bisnonno berbero (o più probabilmente moro), le brutte figure in pubblico, le delusioni degli amici, la povertà della sua famiglia e della sua casa, gli incubi infantili, le liti con il cugino, il fratellino morto a quattro anni di broncopolmonite, la passione per i film comici di Pat e Patachon, lo pseudonimo Saramago nato da un fortunato errore all'anagrafe... Troverete i nonni, rimasti nel suo paese natale, Azinhaga, che Saramago lasciò a soli due anni ma che già aveva segnato la sua vita facendogli crescere proprio lì quelle radici che hanno alimentano i rami dell'albero che lui è diventato.


Saramago con la madre di fronte alla casa natale di Azinhaga
Troverete quella Lisbona i cui ultimi sprazzi qualcuno di noi ha avuto la fortuna di vedere qualche decennio fa, una città molto diversa dalle altre metropoli europee, capitale di un paese estremamente rurale, che con grande dignità cercava di uscire da uno stato di povertà generalizzata, europeo ma di indole più nordica che mediterranea, dove l'analfabetismo era ancora molto diffuso, tanto che anche la madre dello scrittore non sapeva leggere.

Non troverete la letteratura perché, come ha dichiarato lo stesso Saramago in un'intervista a Leonetta Bentivoglio, per parlare di letteratura "era ancora troppo presto. La letteratura mi si rivelò quando cominciai a frequentare, la sera, una biblioteca pubblica di Lisbona. Studiavo e lavoravo durante il giorno, cenavo, poi andavo a divorare tutti i libri che potevo, non scoraggiandomi mai davanti a pagine che non riuscivo a comprendere. Fu in quel periodo che mi accorsi che i giovani non devono leggere i libri che si definiscono per la loro età, ma quelli destinati all'età seguente...". Ma troverete qualche piccola citazione, qualche riferimento più o meno esplicito a sue opere molto successive che, è inevitabile, possono risentire anche delle esperienze e delle sensazioni di Saramago bambino.

I genitori di José Saramago Maria da Piedade e José de Sousa fotografati nel 1920

E leggerete un capitoletto curioso e particolare sul romanzo Maria, la fata dei boschi, "che tante lacrime fece versare alle famglie dei quartieri popolari di Lisbona negli anni Venti. Pubblicato, se non erro, dalle Edizioni Romano Torres, era distribuito in fascicoli o quaderni settimanali di sedici pagine, consegnati a giorni stabiliti al domicilio degli abbonati". 
Curioso anche scoprire che il primo approccio con la narrazione Saramago lo ebbe nella lettura collettiva a voce alta (era ancora troppo piccolo per leggere da solo) di questo romanzetto popolare e che un episodio drammatico e conturbante di questo testo, "nonostante i pochi anni che avevo allora, non si sarebbe mai più cancellato dalla menoria".
Tanti del resto sono gli episodi della sua infanzia che ricorda con lucida certezza. Quanto sarà "vero" il ricordo e quanto, inevitabilmente, rielaborato dagli anni che sono trascorsi non ha importanza. Quel che conta è che questa è l'infanzia che Saramago ricorda di aver vissuto, quella che ci ha voluto raccontare e trasmettere. Per lui, evidentemente, sono stati anni molto importanti. E lo ringraziamo di averli condivisi in qualche modo anche con noi che, come appassionati lettori dei suoi romanzi, vorremmo essere un po' anche suoi amici.

Titolo originale: As pequenas memórias
Traduzione di Rita Desti





Le prime pagine


José Saramago a 10 anni

Il paese lo chiamano Azinhaga, si trova li per così dire sin dagli albori della nazionalità (aveva già l'enfiteusi nel tredicesimo secolo), ma di quella stupenda vetustà non è rimasto nulla, se non il fiume che gli passa proprio accanto (sin dalla creazione del mondo, immagino) e che, fino a dove giungono i miei pochi lumi, non ha mai cambiato rotta, malgrado sia uscito dai suoi argini un'infinità di volte. A meno di un chilometro dalle ultime case, verso sud, l'Almonda, è così che si chiama il fiume del mio paese, si incontra con il Tago, a cui (o al quale, se mi è permessa la licenza) in tempi ormai andati dava aiuto, nella misura delle sue portate limitate, per allagare la golena quando le nubi riversavano quaggiù le piogge torrenziali dell'inverno e le chiuse a monte, pletoriche, congestionate, erano costrette a scaricare l'eccesso d'acqua accumulata. La terra è pianeggiante, liscia come il palmo della mano, senza alcun accidente orografico degno di tal nome, se qualche spalletta qua e là si fosse alzata sarebbe servita piuttosto a indirizzare la corrente laddove causasse meno danno che non a contenere l'impeto possente delle piene. Sin da epoche tanto lontane la gente nata e vissuta nel mio paese ha imparato a negoziare con i due fiumi che hanno finito per modellarne il carattere, l'Almonda, che scivola ai suoi piedi, il Tago, poco più giù, seminascosto dietro la muraglia di pioppi, frassini e salici che ne segue il corso, e l'uno e l'altro, per buone o cattive ragioni, onnipresenti nella memoria e nelle conversazioni delle famiglie.

José Saramago riceve il Premio Nobel dalle mani del re Carl XVI Gustaf di Svezia al Stockholm Concert Hall il 10 dicembre 1998
Foto: Anders Wiklund
Fu in questi luoghi che venni al mondo, fu da qui, quando ancora non avevo due anni, che i miei genitori, migranti spinti dalla necessità, mi portarono a Lisbona, ad altri modi di sentire, pensare e vivere, come se nascere dove io sono nato fosse stata la conseguenza di un equivoco del caso, di una casuale distrazione del destino che ancora fosse in loro potere correggere. Non fu cosi. Senza che nessuno se ne fosse accorto, il bambino aveva già prolungato viticci e radici, la fragile semente che ero io allora aveva avuto il tempo di calpestare il suolo argilloso con i suoi piedi minuscoli e malfermi, per riceverne, indelebilmente, il marchio originale della terra, quel fondo instabile dell'immenso oceano dell'aria, quel fango ora secco, ora umido, composto di residui vegetali e animali, di detriti di tutto e di tutti, di rocce corrose, polverizzate, di molteplici e caleidoscopiche sostanze che hanno attraversato la vita e alla vita hanno fatto ritorno proprio come vi tornano i soli e le lune, le piene e le siccità, i freddi e i caldi, i venti e le bonacce, i dolori e le gioie, gli esseri e il nulla. Soltanto io sapevo, senza avere coscienza di saperlo, che negli illegibili in-folio del destino e nei ciechi meandri del caso era scritto che sarei dovuto tornare ancora ad Azinhaga per finire di nascere. Durante tutta l'infanzia, e anche nei primi anni dell'adolescenza, quel paese povero e rustico, con la sua rumorosa frontiera di acqua e di verdi, con le sue case basse circondate dal grigio argentato degli uliveti, talvolta riarso dagli ardori dell'estate, talaltra intirizzito dalle gelate assassine dell'inverno o affogato dagli straripamenti che gli entravano dentro casa, fu la culla dove si completò la mia gestazione, la sacca in cui il piccolo marsupiale si rannicchiò per fare della sua persona, nel bene e forse nel male, ciò che solo da se stessa, taciturna, segreta, solitaria poteva essere fatto. 

© Giulio Einaudi Editore
 
José Saramago - Le piccole memorie
pag. 120 - 14,00 € - Edizioni Einaudi 2007 (Supercoralli)
ISBN 978-88-06-18793-4


L'autore

José Saramago, nato ad Azinhaga nel 1922, narratore, poeta e drammaturgo portoghese, ha vinto il Premio Nobel per la Letteratura nel 1998. 
Tra i titoli pubblicati - il link si riferisce alle recensioni di Wuz: L'anno della morte di Ricardo Reis, La zattera di pietra, Storia dell'assedio di Lisbona, Viaggio in Portogallo, Cecità, Oggetto quasi, Tutti i nomi, Il racconto dell'isola sconosciuta, La caverna, Il Vangelo secondo Gesù Cristo, Manuale di pittura e calligrafia, L'uomo duplicato, Saggio sulla lucidità, Poesie, Teatro, L'anno mille993, Don Giovanni o il dissoluto assolto, Le intermittenze della morte, Una terra chiamata Alentejo, Di questo mondo e degli altri.

La bibliografia di José Saramago su Wuz



03 luglio 2007 Di Giulia Mozzato

Le piccole memorie
Le piccole memorie Di José Saramago;

José Saramago è rimasto molto legato al bambino che era, ed egli stesso si sorprende della quantità di ricordi che serba dell'infanzia e dell'adolescenza. "Le piccole memorie" copre i primi quindici anni della sua vita, dalla nascita, nel 1922, nel paese di Azinhaga, nel Ribatejo, agli studi nella scuola industriale di Lisbona. Ricorda il convivio con il nonno contadino, un uomo saggio e analfabeta, con il quale imparò a badare ai maiali e a osservare la Via Lattea. Parla del trasferimento a Lisbona, dove il padre va a lavorare come agente di pubblica sicurezza, e dove la famiglia andrà ad abitare in piccole stanzette di quartieri popolari, sempre all'ultimo piano, perché dagli affitti più a buon mercato. Altri ricordi rivelano la fonte di ispirazione di futuri romanzi, come la gita a Mafra, che avrebbe dato lo spunto, mezzo secolo dopo, all'ambiente di "Memoriale del convento"; o le ricerche all'anagrafe, in cerca dei certificati del fratello Francisco morto in tenera età, che avrebbero fornito materiale per l'impiegato della Conservatoria del Registro di "Tutti nomi".

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