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Io, morto per dovere. La vera storia di Roberto Mancini, il poliziotto che ha scoperto la terra dei fuochi

Talvolta l’illegalità è l’unico modo per affermare un diritto e talvolta la legalità è solo uno strumento di sopraffazione. Ma quando indossi una divisa la differenza è assai più sottile e mantenere il giusto equilibrio non è facile

Giuseppe Mancini è stato un uomo dallo straordinario senso civico e dall’assoluta devozione nei confronti degli altri - come ricorda l’attore Giuseppe Fiorello nell’introduzione - un eroe capace di sacrificare la propria vita nel tentativo di portare giustizia nella Terra dei Fuochi – un luogo violentato dal malaffare - in cui persino l'immondizia è divenuta oggetto di corruzione.

È in tal senso rivelatrice una frase pronunciata dal boss camorrista Nunzio Perrella, il quale, una volta divenuto collaboratore di giustizia, con macabro senso dell’umorismo disse a Mancini: «la monnezza è oro, dotto', e la politica è una munnezza», lasciando presagire le inevitabili collusioni tra crimine organizzato e istituzioni. Una connivenza che fu la causa principale degli ostacoli incontrati da Mancini durante la preparazione del processo, di cui non potrà conoscere gli esiti perché stroncato da un tumore nell’Aprile del 2014, un male che è diretta conseguenza del contatto avuto con le scorie nel corso di trenta anni d’indagini.

È complicato stendere un resoconto obiettivo su uomini della caratura di Mancini perché il rischio di scriverne un'agiologia è assai elevato. Luca Ferrari e Nello Trocchia - giornalisti per «Repubblica» e «Il Fatto Quotidiano» - riescono tuttavia a fornirci un ritratto sincero, resistendo alla tentazione di ricattare emotivamente il lettore, forse perché, avendo già dedicato gli ultimi anni della loro carriera allo scandalo Ecomafia e all’estremo sacrificio di Mancini, in questo testo si sono concentrati maggiormente a delinearne con lucidità il passato, portando alla luce episodi, anche controversi, riguardanti la sua giovinezza da estremista di sinistra.

Grande rilievo hanno infatti gli anni giovanili di Mancini, caratterizzati dall’impegno politico in vari movimenti della sinistra extra-parlamentare romana, un periodo di lotte con qualche ombra, in cui il futuro commissario si trovò in prima linea a combattere, tra manifestazioni e occupazioni abusive, la polizia e il mondo della destra eversiva. La strage di Acca Larentia del gennaio 1978, in cui persero la vita dei ragazzi vicini agli ambienti fascisti, allontanò definitivamente Mancini dalla contestazione poiché in netto disaccordo con i metodi adottati dalle frange estremiste più violente. Fu forse in quell’occasione che balenò in lui l’idea, ritenuta folle dai vecchi compagni di lotta, di arruolarsi in polizia - passando quindi dall’altra parte della barricata - per combattere e riformare il nemico dall’interno.

Nei primi anni in polizia dovette affrontare la diffidenza dei colleghi e convivere con la scomoda etichetta di “sbirro comunista”, pregiudizio alimentato dalla simpatica immagine di Mancini in commissariato munito di copia del Manifesto sotto braccio e sandali ai piedi. A dispetto dell’iniziale ostilità, Mancini diventò in breve tempo agente di punta della Criminalpol, incaricato di dare la caccia ai latitanti nella capitale, comodo rifugio per camorristi e mafiosi con importanti agganci nei palazzi del potere, venticinque anni prima dello scandalo Mafia Capitale. I risultati ottenuti in quegli anni di indagini si rivelarono poi decisivi nel certificare l’esistenza di un disegno criminale, perpetrato da una parte dell’imprenditoria campana collusa con organizzazioni criminali, nell’ambito dello smaltimento rifiuti, un sistema che portò al disastro ambientale in un territorio compreso tra il Vesuvio e Caserta.
 
Beppe Fiorello interpreta Roberto Mancini nella serie a lui dedicata, ""Io non mi arrendo"". A destra: Roberto Mancini

A far da cornice a questo resoconto - a metà strada tra il racconto biografico e il reportage giornalistico - ci sono i due contributi più toccanti, il primo curato da Mancini stesso nei giorni dell’agonia in ospedale, dove, stordito dalla chemioterapia e dal rimpianto di non poter assistere allo svolgimento del processo, scrisse una pagina di diario nella quale vengono rievocati i ricordi dell’ultima manifestazione studentesca ai tempi del liceo. Nel secondo invece la moglie Monika tratteggia un affettuoso affresco della loro vita di coppia, in cui emergono degli aneddoti riguardanti il primo incontro.

Un testo nato allo scopo di approfondire le inchieste curate dai due giornalisti negli anni precedenti, utile inoltre come accompagnamento alla visione della fiction Rai in cui Mancini viene interpretato da Giuseppe Fiorello, impegnato in questo volume nella redazione dell’introduzione, dove ringrazia la famiglia e gli amici del commissario per averlo introdotto alla conoscenza di questo eroe normale.

Recensione di Matteo Rucco

Io, morto per dovere. La vera storia di Roberto Mancini, il poliziotto che ha scoperto la terra dei fuochi -  Ferrari Luca; Trocchia Nello; Dobrowolska Mancini Monika
150 pag., 15, 00 € - Chiarelettere
ISBN 9788861907942

Io, morto per dovere. La vera storia di Roberto Mancini, il poliziotto che ha scoperto la terra dei fuochi

"È stato un onore ridare vita a un grande uomo e rivelare a tutti una storia insabbiata che avrebbe potuto far luce sul più grande disastro ecologico del nostro paese.” Giuseppe Fiorello "Il nostro dovere non è arrestare qualcuno e mettergli le manette per fare bella figura con i superiori e magari prendersi un encomio. Noi siamo pagati per garantire i diritti, per migliorare, nel nostro piccolo, il mondo che ci circonda, la vita delle persone.” Roberto Mancini Un uomo sapeva già tutto del disastro ambientale nella cosiddetta Terra dei fuochi. Vent'anni fa conosceva nomi e trame di un sistema criminale composto da una cricca affaristica in combutta con la feccia peggiore della malavita organizzata e con le eminenze grigie della massoneria. Aveva scritto un'informativa rimasta per anni chiusa in un cassetto e ritenuta non degna di approfondimenti, ha continuato il suo impegno depositando, nell'ultimo periodo della sua vita, un'altra informativa (pubblicata per la prima volta in questo libro). Quest'uomo si chiamava Roberto Mancini, è morto il 30 aprile 2014, ucciso da un cancro. Sarà riconosciuto dal ministero dell'Interno come “vittima del dovere”. Un giovane poliziotto cresciuto tra le fila della sinistra extraparlamentare negli anni confusi e violenti della contestazione. Manifestazioni, picchetti, scontri di piazza, poi la scelta della divisa, per molti incomprensibile e spiazzante, per Mancini del tutto naturale. Una grande storia di passione, impegno e coraggio. Questo libro finalmente la racconta tessendo insieme con delicatezza e profondità le testimonianze dei colleghi e della famiglia (la moglie Monika, che ha collaborato alla stesura, la figlia Alessia, che aveva tredici anni quando il papà è morto), i documenti, oltre dieci anni di lavoro alla Criminalpol e la voce stessa di Mancini, che restituisce la sua verità e tutto il senso della sua battaglia umana e professionale. Una storia chiusa per anni nel silenzio e oggi riscoperta, oggetto di una fiction con protagonista Giuseppe Fiorello nel ruolo di Mancini e finalmente patrimonio di tutti, da non dimenticare.

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