Lei dunque capirà, testo teatrale di Claudio Magris, portato sulle scene nel 2006 dallo Stabile del Friuli-Venezia Giulia, con la regia di Antonio Calenda, a lungo ripreso in Italia e all’estero, viene ora richiesto dal Teatro di Roma e addirittura da New York. E diventa un film, con il titolo Dietro il buio, diretto da Giorgio Pressburger, presentato a Venezia nello spazio delle Giornate degli Autori. Lei dunque capirà di Claudio MagrisDal 27 settembre al 2 ottobre 2011, Lei dunque capirà va in scena al Teatro India di Roma. Daniela Giovanetti, attrice di riferimento dello Stabile del Friuli-Venezia Giulia, è Euridice, sensibile e appassionata in un ruolo tagliato su misura per lei.
Il segreto della vita e della morte è oggetto del testo teatrale di Claudio Magris, Lei dunque capirà, un monologo al femminile in cui l'autore rilegge il mito di Orfeo ed Euridice in chiave moderna. Tra passato e presente, dunque, Magris ci regala un canto d'amore verso la vita, la morte e la poesia, arricchendo il mito di frammenti quotidiani, personali, anche autobiografici.
La donna che parla è Euridice. Si rivolge al Presidente di una misteriosa Casa di Riposo, nella quale ha scelto di ritirarsi. Anche l'identità dell'uomo è avvolta nel mistero: esiste da sempre, ma non si mostra né ai vivi né ai morti e le sue parole sono inudibili; è un'entità inattingibile e indescrivibile che vigila su quella specie di Ade moderno in cui Euridice si trova.
Un tempo è stata la Musa di un poeta, l'uomo che è stato il suo compagno nella vita. Euridice ricorda il tempo passato, ""la felicità, il vuoto, la catastrofe, la pienezza insostenibile di stare insieme"", l'amore intenso e indissolubile che li ha legati a lungo, nella vita quotidiana come nella scrittura. Un canto d'amore sincero, e quindi implacabile, che non teme di soffermarsi sulle gioie come sulle miserie della vita di coppia, e procede fluviale, nella precisa consapevolezza dei ruoli di chi ha vissuto e ora osserva dall'esterno, da una posizione di onniscenza.
Orfeo ""scende"" nella Casa per rivedere la sua amata e riportarla indietro. Senza di lei non gli è più possibile amare, scrivere, cantare, vivere.
""Non era venuto per salvarmi, ma per essere salvato. Come potrei cantare le mie canzoni in terra straniera? Mi diceva. Ero io la sua terra perduta, la linfa della sua fioritura, della sua vita. Era venuto a riprendersi la sua terra, da dove era stato esiliato. E anche per essere di nuovo protetto da quei colpi feroci che arrivano da ogni parte e che io avevo sempre parato per lui, le frecce velenose destinate a lui che incontravano invece il mio seno, tenero nella sua mano ma forte come uno scudo rotondo a ricevere e a fermare quelle frecce, a intercettare e ad assorbire il loro veleno prima che arrivasse a lui. Alla fine sono state troppe e il veleno mi ha vinta, però fra le sue braccia anch’io sono stata felice e senza paura; non importa dove arriva la freccia, sul fianco o sul cuore, sul mio o sul tuo, quando due sono uno. Senza di lui, anch’io non sarei stata niente, come lui; una donnetta e un ometto che si guardano pavidi intorno cercando di far bella figura, senza vedere i gigli dei campi"".
Ma Euridice non vuole tornare indietro. Tornare avrebbe significato dover rispondere alle domande del poeta sul Vero, su quel che esiste oltre le porte bronzee della Casa.
""Là fuori, signor Presidente, si smania di sapere; anche chi fa finta di disinteressarsene darebbe non so cosa per saperlo. Lui poi smania più di tutti, perché è un poeta e la poesia, dice, deve scoprire e dire il segreto della vita, strappare il velo, sfondare le porte, toccare il fondo del mare dov’è nascosta la perla"".
Ma lei sa che il senso ultimo della vita e della morte è inattingibile, la Verità è inconoscibile. E come potrebbe dire al suo amato che le cose stanno così, che si tratta solo di un gioco di specchi, che la vita è un labirinto senza uscita, così come la morte? Come avrebbero potuto sopravvivere entrambi, dopo, con questa consapevolezza? Orfeo ne sarebbe rimasto distrutto, la sua poesia sarebbe ammutolita per sempre.
Euridice sceglie di allontanare Orfeo da sé, per restituirlo alla vita. È questo il suo ultimo atto d'amore: rinunciare a lui per proteggerlo. Euridice parla con la dolorosa stanchezza di chi si trascina il pesante fardello della Verità, di chi conosce le regole del gioco. Nelle sue lucide parole, si avverte la tensione di chi combatte tra desiderio di fare ancora parte del mondo reale e coscienza di doversi fare da parte. Claudio Magris ci offre una straordinaria figura di donna, tenera e spietata, fragile e sicura, innamorata e disillusa, che è anche un grande omaggio alla femminilità.
Lo chiama a gran voce, lui si volta, ed è la fine. Orfeo ritorna ""straziato ma forte alla vita, ignaro del nulla, ancora capace di serenità, forse anche di felicità"".
""Lei dunque capirà, signor Presidente, perché, quando eravamo ormai prossimi alle porte, l'ho chiamato con voce forte e sicura... e lui... si è voltato, mentre io mi sentivo risucchiare indietro, leggera, sempre più leggera, una figurina di carta nel vento"".
Dietro il buio di Giorgio Pressburger |
26 settembre 2011 | Di Sandra Bardotti |
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