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Lei dunque capirà di Claudio Magris


«No, non sono uscita, signor Presidente, come vede sono qui. Ancora grazie per il permesso speciale, davvero eccezionale, me ne rendo conto, non creda che non Le sia grata; anche lui era tutto emozionato, non avrebbe mai creduto di ottenerla, quando l'aveva chiesta, l'autorizzazione a entrare nella Casa, a venire a prendermi.»


È una splendida novella dolce-amara sull’amor coniugale l’ultimo libro di Claudio Magris: “Lei dunque capirà”, edito da Garzanti. Un testo tanto breve (giusto una cinquantina di pagine) quanto pregnante per intensità poetica, tenuta narrativa e levità/tersità di scrittura. L’ambito in cui si svolge la vicenda – uno scorrevolissimo e ininterrotto monologo, recitato da una voce narrante femminile – è quello di una non ben precisata o, meglio, ambigua e assai misteriosa Casa di Riposo dove viene accolta l’anziana signora protagonista del racconto; la quale si rivolge al fantomatico Presidente dell’ospizio (che tuttavia non appare, né parla mai, restando sempre in ombra) attraverso una riflessione/confessione che a tutta prima sembra riguardare un “permesso speciale” di uscita dalla Casa mai da lei utilizzato, ma che ad una più approfondita lettura, si riferisce piuttosto al lungo rapporto matrimoniale − intessuto di passione e routine, di delizie e miserie – che lega (o legava) la narratrice al marito amatissimo: un famoso scrittore, dietro al quale sembra celarsi lo stesso Magris. All’inizio la donna, parlando più a se stessa che al Presidente, ricorda la propria malattia e la necessità del ricovero nella Casa di Riposo: evento traumatico soprattutto per il consorte che, rimasto solo, si aggirava smarrito per le stanze della sua casa: “come fossero di un altro, di un estraneo”, giacché era la moglie a reggere le redini del menage casalingo-coniugale e a sostenere psicologicamente l’assai fragile partner, che: “solo quando eravamo insieme si sentiva tranquillo, sicuro”. Anche rispetto alla dimensione creativa, in quanto era lei che puntualmente rileggeva ed emendava i suoi scritti, risultando al contempo musa ispiratrice e correttrice di bozze.
Man mano che le confidenze della donna procedono, il lettore avverte però che qualcosa non quadra in quel bizzarro luogo di soggiorno se, come afferma l’io narrante, “qui ci è proibito avere orologi e calendari, ce li sequestrano all’entrata, tutto è adesso e mai”. E se, inoltre, nessuno fa mai visita agli ospiti della Casa, né questi possono uscirvi essendo vietato da “severi regolamenti”.



Ma: amor vincit omnia, sostenevano i latini, ovvero l’amore supera ogni ostacolo e così lo scrittore si intestardisce a raggiungere ad ogni costo la moglie, sobbarcandosi: “questa faticaccia di venire fin qua dentro, fin quaggiù; una cosa da fare spavento, infatti nessun altro se l’è mai sentita”. E solo a questo punto, forse appena a pagina 29 il lettore giunge a capire dove è ambientata la novella, che si rivela essere una felice rivisitazione post-moderna del mito di Orfeo. Ci troviamo infatti catapultati nell’aldilà. Lei è Euridice e lui il poeta-cantore che è riuscito a scendere negli inferi e a convincere Ades, il sovrano dell’oltretomba, a riconsegnargli la sposa amatissima, senza la quale egli non riesce più a vivere. Sappiamo, tuttavia, come si conclude il racconto mitico: Orfeo, a cui è vietato volgersi durante il viaggio di ritorno verso l’amata, non può fare a meno di darle uno sguardo; perciò Euridice dovrà ridiscendere per sempre nel regno delle ombre. Accadrà fatalmente anche al nostro vedovo affranto, non essendo possibile agli umani sconfiggere la morte. Ma il finale di Magris è diverso dal mito greco – ed in questo sta l’originalissima invenzione del Nostro –, da lui riletto con notevole maestria e freschezza narrativa, ben temperata da una giusta dose d’(auto)ironia e d’un mai greve disincanto. Nel racconto dello scrittore triestino sarà piuttosto la novella Euridice a mandare a gambe all’aria il progetto del compagno d’una vita. La moglie infatti intuisce quali siano le aspettative del marito: sapere da lei com’è l’aldilà per poi descriverlo in versi sublimi, pari a un Dante del XXI secolo. Peccato che − confessa la voce narrante verso la fine del monologo − i morti ne sappiano quanto i vivi su “donde veniamo e dove andiamo”. Ridotti eternamente ad essere mere ombre nell’ombra, gli spiriti dei trapassati purtroppo nulla conoscono intorno al “segreto dell’origine, della fine”. Quindi, per amore: non volendo deludere il suo poeta, la donna rinuncia a tornare al mondo, di cui peraltro non ha poi così tanta nostalgia. “Lei dunque capirà”, ammette infine rivolta al Presidente, “perché, quando eravamo ormai prossimi alle porte, l’ho chiamato con voce forte e sicura, la voce di quando ero giovane, dall’altra parte, e lui – sapevo che non avrebbe resistito – si è voltato”.


Francesco Roat


Claudio Magris - Lei dunque capirà
pagg.62, Euro 12,00, Garzanti 2013
ISBN 9788811684763

Lei dunque capirà
Lei dunque capirà Di Claudio Magris;

«No, non sono uscita, signor Presidente, come vede sono qui. Ancora grazie per il permesso speciale, davvero eccezionale, me ne rendo conto, non creda che non Le sia grata; anche lui era tutto emozionato, non avrebbe mai creduto di ottenerla, quando l'aveva chiesta, l'autorizzazione a entrare nella Casa, a venire a prendermi.» "Lei dunque capirà" è il racconto di un amore totale e fallito, di un'unione struggente e rifiutata; la donna che parla da un'oscurità misteriosa mostra una forza tenera e spietata nello svelare la grandezza e le meschinità della vita e della morte. Un'acre e dolorosa consapevolezza della passione, delle sue gioie e miserie, la porta – nel ricordo della felicità condivisa, che non vuol distruggere con l'angosciosa conoscenza acquisita – a non incrinare le imperiose sicurezze dell'uomo amato, a rinunciare a lui per proteggerlo, in una stanchezza che nessuno, tranne il nascosto interlocutore cui si rivolge, può capire. Claudio Magris si muove tra esperienza personale e mito, tra volontà di fuga e intensità della presenza, tra leggerezza e tragedia, tra volontà di sapere e interrogativi cui non si può rispondere. Con una scrittura sapiente e limpida, dall'impatto quasi musicale, "Lei dunque capirà" dà voce a una straordinaria figura di donna, vittima e prevaricatrice, in un disincantato e toccante omaggio alla femminilità.

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