""La verità è - disse Florence - che donne quali noi siamo… siamo diventate… non sono adatte né a stare senza uomini, né a vivere con loro, nel mondo qual era. E se noi cambiamo, e loro no, non avremo scampo. Saremo poveri mostri, come Viola nella Dodicesima notte, o come le arpie e le gorgoni della signorina Harrison. Non credi che sarebbe dannoso ignorare l’istinto sessuale? Non credi che dopo vent’anni passati a studiare Cenerentola potresti essere sopraffatta dall’idea dei figli che non hai avuto?""
È un romanzo sontuosamente inglese, Il libro dei bambini di Antonia Susan Byatt, forse il suo migliore dopo Possessione.
Un libro da gustare lentamente, su cui soffermarsi assaporandone il linguaggio, le descrizioni, la ricchezza di narrative.
Un libro da leggere come se stessimo aggirandoci nelle stanze colme di tesori di quel Victoria & Albert Museum che serve da fondale per i personaggi del romanzo.
Il grandioso edificio in mattoni rossi che sorge in South Kensington è solo una parte di un progetto voluto da Albert, consorte della regina Vittoria, che avrebbe dovuto radunare un complesso di musei su un’area chiamata Albertopolis. E tuttavia, come è ora, il Victoria & Albert è pur sempre il più grande museo di arti applicate, un godimento per gli occhi, un suggeritore di storie infinite.
Le vicende narrate ne Il libro dei bambini iniziano nel 1895 e terminano con la fine della prima guerra mondiale - fine dell’età dell’innocenza, per quelli che erano bambini a chiusura del secolo, per la società dorata di intellettuali che vivono di parole e di idealismo nelle pagine del libro, per una nazione intera che piange una generazione di giovani caduti in una guerra in cui si erano lanciati con incosciente baldanza.
C’è una famiglia al centro del romanzo della Byatt, quella di Olive Wellwood, scrittrice di libri per bambini, e di suo marito Humphry, bancario dapprima e poi giornalista.
I Wellwood hanno sette figli e con loro vive pure Violet, sorella di Olive, che si occupa di tutto in casa, dalla gestione della servitù alla cura dei bambini per cui è una seconda madre più che una zia.
Abitano in una dimora, Todefright, che pare avere l’incanto delle case fatate dei racconti di Olive, nell’area geografica chiamata, non a caso, il Giardino d’Inghilterra per l’abbondanza di verde negli orti, nei giardini, nei boschi. E l’avvio del romanzo è veramente soffuso di una luce rosata, pare quasi un idillio: tutto va bene nel migliore dei mondi possibili. Come potrebbe essere diversamente per questi gentiluomini e gentildonne della società Fabiana dell’800 inglese che crede in una collettivizzazione illuminata e nel potere illuminante dell’arte? Hanno tutto a loro vantaggio, a quanto pare: bellezza, salute, soldi, intelligenza, cultura.
Una miriade di altri personaggi circondano i Wellwood di Todefright, alcuni che avranno un rilievo quasi uguale a loro nello scorrere della vicenda - la famiglia di Basil Wellwood, il fratello di Humphry la cui moglie tedesca sarà ostracizzata allo scoppio della guerra, quella di Prosper Cain, curatore del Victoria & Albert, e quella, infine, dello stravagante artista vasaio Benedict Fludd -, altri che provengono da un ambiente sociale inferiore e che riusciranno, però, ad elevarsi a contatto con i Wellwood (il giovane Philip che ha un solo sogno, modellare dei vasi splendidi, e ci riuscirà sotto la guida di Fludd, superando il maestro stesso; sua sorella Elsie, orgogliosa ragazza madre che sposerà un Wellwood).
Ce ne sono, poi, tantissimi altri: è come guardare un’intera epoca in uno specchio.
Un burattinaio tedesco (e ci spiace che il termine ‘burattinaio’ suoni diminutivo, perché Anselm Stern è un artista del teatro delle marionette), precettori colti e marxisti, donne dal libero pensiero che si uniscono al movimento delle suffragette.
Fanno anche la loro apparizione, come è giusto che sia in un simile ambiente, personaggi noti come Oscar Wilde (non lo spavaldo dandy che nel 1895 aveva citato in giudizio il marchese di Queensberry, padre del suo amante, ma l’uomo ammalato e distrutto uscito dal carcere e prossimo alla morte nel 1900), Rupert Brooke (l’affascinante e riccioluto cantore della guerra), Strachey e Virginia Woolf, Sir James Barrie (il ‘padre’ di Peter Pan).
Il libro dei bambini è diviso in tre parti dai titoli che ‘parlano’: L’età dell’oro, L’età dell’argento, L’età del piombo, con una caduta di valore dei metalli, per cui sembra di precipitare dalle visioni scintillanti delle sale del museo al piombo delle pallottole nelle trincee in Francia. E ritornano alla mente, leggendo il libro, i versi di William Blake (poeta citato nel romanzo, peraltro) nella poesia La rosa ammalata: il verme invisibile/ che vola nella notte/ nella tempesta ululante,/ ha scoperto il tuo letto/ di gioia scarlatta.
Perché - e ce ne accorgiamo a poco a poco - c’è un verme, o un serpente, nascosto nel Giardino dell’Eden che è il Giardino d’Inghilterra, l’oro non è poi così scintillante, forse è solo argento, no, è piombo. Il serpente sembra far capolino per la prima volta con la traumatizzante esperienza del bullismo nel college per Tom, il ragazzo d’oro dei Wellwood. Tom fugge dai compagni aguzzini, si nasconde a lungo nei boschi e, quando riappare e sembra un selvaggio, non è più lo stesso.
Ma ci sono tanti altri segreti in queste case inglesi cariche di atmosfera: Hedda, la sorellina minore di Tom, ama origliare, sente e vede quello che non è destinato alle sue orecchie e ai suoi occhi. E cioè che suo padre Humphry va a scaldarsi nel letto della zia Violet, che i ragazzi Wellwood hanno lo stesso padre ma non la stessa madre (si scopre poi che per una di loro è l’opposto). Tutti loro hanno capito che il bambino Robin che arriva ad un certo punto non è orfano di padre, come dice la sua mamma: è identico a Robin Wellwood (che cattivo gusto, osserva Olive, avere due figli con lo stesso nome!).
Nella casa dei Fludd i segreti sono di gran lunga peggiori… Il mondo, così come era all’inizio, si sgretola.
L’impero ha uno scossone, quando muore l’anziana regina Vittoria che ha regnato fin troppo a lungo.
In parte è positivo: i fabiani non hanno mai visto di buon occhio la piccola regina avvolta nelle sue vesti nere che imponeva una moralità così rigida che persino le gambe dei tavoli dovevano essere pudicamente coperte. L’omosessualità c’è sempre stata, soprattutto nei college, anzi, era quasi un rito di passaggio, ed è bene che venga vissuta apertamente.
Le donne, relegate in casa e sfiancate dal fare figli, hanno finalmente il coraggio di scendere in strada e reclamare il voto, di frequentare l’università ed esercitare il diritto di usare l’intelligenza, di restare incinta con un amore di passaggio e di tenersi il figlio a testa alta, rifiutando nozze riparatrici.
È tutto meglio dei peccati nascosti del vecchio mondo. Anche se, forse, questo progresso genera una certa nostalgia - come spiegare altrimenti il fiorire della letteratura per l’infanzia? O il mitico personaggio di Peter Pan, il ragazzo che non vuol crescere?
Come già nello splendido Possessione Antonia Byatt inserisce altre narrative dentro la narrativa principale.Una delle illustrazioni di Arthur Rackham per
Peter Pan In Kensington Gardens (1906)
In questo caso sono favole scritte da Olive Wellwood che scrive una storia speciale per ognuno dei figli: ogni ragazzo o ragazza Wellwood ha il libro con la ‘sua’ storia allineato con gli altri su uno scaffale, una storia che si modifica e cresce con loro e che si adatta al loro carattere.
Eppure, anche le parole possono distruggere: il ragazzo d’oro, il tanto amato primogenito Tom, non regge quando la madre adatta per il palcoscenico la ‘sua’ storia, rendendola pubblica.
Ci sono anche, però, le fiabe messe in scena nel teatro delle marionette, e discussioni sulle varianti delle fiabe, miniere di archetipi comportamentali.
Sono tante le ombre che si aggirano nel Giardino d’Inghilterra: d’altra parte, non ha perso la sua ombra anche Peter Pan?
Un libro bellissimo: romanzo, fiaba, poesia, saggio, libro di storia sociale.
Assolutamente da leggere.
A.S. Byatt - Il libro dei bambini
Titolo originale: The Children’s Book
Traduzione di Anna Nadotti e Fausto Galuzzi
693 pag., 25,00 € - Edizioni Einaudi 2010 (Supercoralli)
ISBN 978-88-06-199241
L'autrice
18 novembre 2010 | Di Marilia Piccone |
È un luogo quasi incantato il Victoria & Albert Museum di Londra, con collezioni straordinariamente ricche. Non a caso Olive Wellwood, autrice di libri per l'infanzia, è venuta qui per trarre ispirazione in vista di un nuova storia. E mentre conversa con Prosper Cain, uno dei responsabili del museo, l'attenzione dei loro figli adolescenti Tom e Julian, che stanno perlustrando le infinite gallerie, è attratta dalla misteriosa figura di un ragazzo intento a disegnare alcuni dei preziosi artefatti. Prende le mosse da questo episodio e da questo luogo carico di memoria, di idee, di creatività, una narrazione che, seguendo le vicende di quattro famiglie e di molti altri personaggi, conduce il lettore dal 1895 alla prima guerra mondiale. Todefright, la accogliente casa nel Kent in cui Olive vive con il marito Humphry e i loro sette figli, è in un certo senso il luogo-simbolo in cui trovano espressione tutte le contraddittorie istanze politiche, sociali e artistiche che attraversano e scuotono l'Inghilterra e l'Europa in quei decenni. L'infanzia diventa oggetto di intenso fascino che trova riscontro in una straordinaria fioritura di libri per e sui bambini. Con il passare degli anni tuttavia, l'intonaco inizia a sfaldarsi sino all'inizio della guerra...
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