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Luciano Gallino - Finanzcapitalismo. La civiltà del denaro in crisi


""A motivo della sua considerevole fragilità intrinseca, la mega-macchina sociale denominata finanzcapitalismo rappresenta il maggior generatore di insicurezza socio-economica che il mondo abbia finora conosciuto. Essa è strettamente intrecciata alla produzione di smisurate disuguaglianze [...] L'ascesa finora incontenibile della mega-macchina che svolge simili funzioni è un fattore centrale del degrado della civiltà-mondo.""

Dal capitolo Come opera la mega-macchina del finanzcapitalismo, pagina 167


Ricordate la scena di Matrix in cui si il protagonista, risvegliato alla sua propria coscienza, realizzava come il genere umano non fosse altro che una riserva di pile utile ad alimentare una mostruosa mega-macchina, quella stessa matrice che nel frattempo generava un mondo fittizio nel quale tenere imbrigliati gli uomini?
Bè, dopo aver letto il libro di Luciano Gallino potremmo guardare a quella sequenza come ad un’allegoria della situazione economica, culturale, politica e comunitaria nella quale viviamo.
La mega-macchina, naturalmente, è il finanzcapitalismo di cui al titolo: un sistema che si autoperpetua, e per il quale il capitale non è più uno strumento atto al mantenimento e all’espansione di un potere, ma è il potere in sé.
L’uomo è ridotto al ruolo di servo-unità, spogliato delle sue prerogative e utile come ricettacolo di nuovi bisogni che inneschino continuamente il volano dei consumi. Consumi fuori scala, assolutamente slegati da necessità materiali e spirituali, insostenibili nel loro diventare imperativo categorico, nel costituire il nucleo fondante di un modello di civiltà-mondo che gode di un tale grado di legittimazione da rendere inconcepibile la possibilità di altre forme di civiltà.
Il finanzcapitalismo è l’ultima  - e definitiva,  verrebbe da dire – incarnazione di un sistema che affonda le sue radici nella rivoluzione industriale dell’ottocento ma che, a differenza delle mega-macchine che l’hanno preceduta, sovverte l’equazione che da sempre descrive l’accumulo del capitale, riuscendo a fare a meno del termine che regge l’intero sistema.
Infatti il capitalismo industriale prevedeva l’investimento di un capitale per la produzione di una merce, la quale – rivenduta – generava un ritorno economico superiore all’investimento effettuato, e quindi un profitto. Oggi è il denaro a produrre altro denaro,  ma ciò che si è perso per strada è l’anello centrale della catena: la merce. L’oggetto dello scambio non è più necessario, perché la finanza ha trovato il modo di generare – meglio: estrarre – valore da sé stessa, attraverso gli strumenti sofisticati e criminali di cui si è dotata.
Derivati, fondi speculativi, futures e tutto il repertorio di “prodotti” finanziari, come (con bella ironia) vengono definite queste trappole assortite, hanno offerto al sistema capitalistico finanziario un’impalcatura precaria ma straordinariamente efficace per continuare a generare utili dal nulla, e gli effetti perversi di questa bolla si sono resi evidenti agli occhi del mondo alle prime avvisaglie della crisi scoppiata tre anni fa e dalla quale ancora non si intravede una via d’uscita.
Ma c’è di più: perché non si può pretendere che l’economia vada a rotoli senza coinvolgere nel suo sfascio tutto il sistema che sottende. E Gallino, da buon sociologo, è bravissimo a mettere l’accento proprio su questo aspetto – per così dire – antropologico.
Se ci siamo strutturati attorno all’idea e al valore del lavoro – è infatti la domanda drammatica posta nel libro – cosa  resterà dell’uomo e della società in cui vive, una volta che il lavoro sia stato destituito di ogni valore e ridotto a pura espressione meccanica per il sostentamento del circolo dei consumi?
Non si creda, però, che il grido lanciato da queste pagine sia retoricamente destinato a non avere risposte. No, sarebbe troppo comodo: il problema (per chi non abbia voglia di vedere e assumersi le proprie responsabilità) è che questo stato di cose non è immutabile, e anche se ha già prodotto danni incalcolabili potrebbe venire cambiato a mezzo di riforme, certamente impopolari ma necessarie. Gli ultimi capitoli del libro di Gallino, infatti, suggeriscono soluzioni, ed elencano alcune riforme che la BCE – per restare in ambito europeo – dovrebbe adottare per riportare la finanza nell’alveo che le è proprio: quello di “mezzo fondamentale di sostegno dell’economia reale”.
Fare un passo indietro sulla strada della deregulation finanziaria imboccata in modo deciso una ventina d’anni fa; ridimensionare le aspettative sulla capacità del mercato di “autoregolarsi”, ampiamente smentita dalla storia recente della nostra “civiltà-mondo”; chiedere alla politica di avocare a sé il ruolo che le è proprio, e di guidare i sentimenti di frustrazione e impoverimento nutriti dalla popolazione cui viene chiesto di pagare il conto dei disastri combinati dalle banche verso una riforma democratica del sistema finanziario che possa incivilire il finanzcapitalismo.

Luciano Gallino - Finanzcapitalismo
La civiltà del denaro in crisi
325 pagine, 19 euro - Einaudi (Collana Passaggi)
ISBN 9788806207014



L'autore


29 aprile 2011  

Finanzcapitalismo. La civiltà del denaro in crisi

Mega-macchine sociali: sono le grandi organizzazioni gerarchiche che usano masse di esseri umani come componenti o servo-unità. Esistono da migliaia di anni. Le piramidi dell'antico Egitto sono state costruite da una di esse capace di far lavorare unitariamente (appunto come parti di una macchina) decine di migliaia di uomini per generazioni di seguito. Era una mega-macchina l'apparato amministrativo-militare dell'impero romano. Formidabili mega-macchine sono state, nel Novecento, l'esercito tedesco e la burocrazia politico-economica dell'Urss. Come macchina sociale, il finanzcapitalismo ha superato ciascuna delle precedenti, compresa quella del capitalismo industriale, a motivo della sua estensione planetaria e della sua capillare penetrazione in tutti i sottosistemi sociali, e in tutti gli strati della società, della natura e della persona. Cosi da abbracciare ogni momento e aspetto dell'esistenza degli uni e degli altri, dalla nascita alla morte o all'estinzione. Perché il finanzcapitalismo ha come motore non più la produzione di merci ma il sistema finanziario. Il denaro viene impiegato, investito, fatto circolare sui mercati allo scopo di produrre immediatamente una maggior quantità di denaro. In un crescendo patologico che ci appare sempre più fuori controllo.

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