«La figura di Catalanotti pariva essiri composta da pirsone diverse: un colto lettore, un usuraro di media stazza e ‘n omo bastevolmenti dinaroso che, va’ a sapiri pirchì, assai si ‘ntirissava del caratteri e della psicologia dell’autri. Chist’ultimo era l’aspetto chiù misterioso.»
Chi è davvero Carmelo Catalanotti e perché il suo cadavere giace sul letto vestito di tutto punto e con il manico di un tagliacarte che spunta dal petto? Perché le tracce di sangue sulla sua camicia e la sua giacca sono così scarse? Ma soprattutto, che fine ha fatto il cadavere scoperto per caso dal vicecommissario Mimì Augello durante la precipitosa fuga dalla casa di un’amante? Non è un’indagine facile quella che il commissario Montalbano si trova ad affrontare in Il metodo Catalanotti: tra compagnie teatrali improvvisate, misteriosi metodi di recitazione e l’irresistibile attrazione per la nuova affascinante responsabile della scientifica, riuscirà a venirne a capo?
La ventiseiesima indagine del commissario nato dalla penna di Andrea Camilleri si apre con un mistero: un cadavere, rinvenuto per caso dal vicecommissario Augello, è scomparso. Non è quello di Carmelo Catalanotti, morto pugnalato al cuore all’altro capo di Vigàta, eppure apparentemente sono tanti i tratti in comune. Impossibile, però, che qualcuno l’abbia trasportato fin lì. Che fare? Mentre Mimì Augello si dà alla caccia del cadavere scomparso, il commissario Montalbano si concentra su Catalanotti. Chi era quest’uomo? Cosa faceva realmente nella vita? Nessuno sembra essere in grado di spiegarlo fino in fondo.
È una personalità sfuggente e complessa quella di Carmelo Catalanotti, un usuraio, ma appassionato di teatro, regista teatrale e inventore di un bizzarro metodo di lavoro sull’attore: uno scavo nell’intimo per metterne a nudo i più riposti segreti, le emozioni e le esperienze più private e profonde, per liberarlo da complessi, reticenze e sovrastrutture. Un metodo capace di ridurre i suoi attori a pupi, a marionette, attraverso prove terribili. E se uno dei suoi pupi si fosse ribellato? E se l’omicidio fosse legato proprio alla messa in scena di un testo teatrale? A un incidente sul lavoro?
È quello che pensa Antonia Nicoletti, la nuova responsabile della scientifica di Montelusa. Un’attraente trentenne che farà perdere la testa a Montalbano, trasformando il commissario in un picciotto stordito da una potentissima cotta, spesso irriconoscibile nei modi, nei gesti e nei toni non solo agli occhi dei personaggi del romanzo ma ancora di più a quelli dei lettori più affezionati alla serie. Un tradimento? Forse no.
È lo stesso Andrea Camilleri, d’altronde, ad aver permesso che un amore lo sopraffacesse nella scrittura del romanzo: quello per il teatro. Ne Il metodo Catalanotti emerge infatti in tutta la sua forza, come in un omaggio, la storica passione dello scrittore per il teatro, allievo in gioventù dell’Accademia di Arte drammatica Silvio D’Amico e regista di più di cento opere tra Pirandello, Ionesco, Strindberg e Beckett.
E si sa, quando una passione domina la nostra mente, è facile distrarsi dal resto: in quest’ultimo romanzo si avverte infatti qualche lieve momento di stanca. La struttura a volte si fa macchinosa tra inserti di stampo teatrale, qualche esercizio di stile e inattese citazioni di versi di Patrizia Cavalli, Pablo Neruda e Wislawa Szymborska.
Ma “dietro le quinte”, tra un profumato timballo di maccheroni in crosta e una delicata caponatina di Adelina, si sente ancora la voce del Camilleri e del commissario che abbiamo imparato ad amare, con la sua ironia e, al contempo, il suo sguardo lucido e preoccupato sull’attuale realtà economica, politica e sociale, di fronte alla quale un disgustato Montalbano non può che chiedersi: Che munno era chisto nel quali all’omo si livava il travaglio, la possibilità di guadagnarisi onestamente il pani?
Recensione di Francesca Barbalace
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