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L'ospite inquietante. Il nichilismo e i giovani di Umberto Galimberti

“A dare il nome all’ospite inquietante è stato lo scrittore russo Ivan Sergeevic Turgenev (1818-1883), a partire dal quale il nichilismo si è fatto strada nel Romanticismo e nell’Idealismo, ha contaminato il pensiero sociale e politico francese e tedesco, ha animato l’anarchismo e il populismo del pensiero russo, ha proclamato la morte di Dio con Nietzsche, aprendo quella cultura della crisi connotata da relativismo, scetticismo e disincanto.”

Galimberti ha deciso di parlare, dopo aver studiato a lungo il tema, di giovani: giovani come problema? Certamente sì, dato che c’è un malessere, un disagio, una frustrazione che è percepibile anche da chi non è né psicologo né sociologo, ma solo attento a ciò che lo circonda.

Questo star male può facilmente diventare nichilismo e questo “ospite inquietante” penetrando nelle coscienze finisce con l’annullare ogni spinta positiva, ogni tensione verso l’affermazione di sé, ma genera inizialmente confusione quindi pensieri distruttivi.
Come dice Galimberti “dio è davvero morto e i suoi eredi (scienza, utopia e rivoluzione) hanno mancato la promessa”. Sono cioè sempre più diffuse violenze, malattie, intolleranze, l’egoismo è radicato e la guerra trionfa in tanti paesi del mondo.


Inevitabile quindi che il futuro non sia più guardato “come promessa” ma “come minaccia” e che la delusione dell’impotenza delle tecnologie e della modernità di cambiare la realtà generi frustrazione e tristezza tali da arrivare a scatenare forme incomprensibili per l'adulto di violenza e di solitudine.

Ma chi deve sovrintendere perché la disperazione e il nichilismo siano le uniche risposte? La scuola, prima di tutto. Quasi mai il docente, oltre ad accertare la preparazione dello studente, ne osserva anche il grado di autostima, e “dalla scuola vengono espulse tutte quelle dimensioni che sfuggono alla calcolabilità” cioè la creatività, l’originalità, la fantasia, i dolori, i desideri, tutta la sfera emotiva insomma. Emotività che i giovani oggi hanno più incontrollata rispetto alla generazione che li ha preceduti, che produce difficoltà ad elaborare i conflitti, e che Galimberti considera un pericoloso “analfabetismo emotivo”.

Certa ”aridità” nei giovani nasce dal loro giudicare i sentimenti come debolezza (mentre sono una forza fondamentale nell'equilibrio di un individuo), dominati come sono dal mito dell’apparire come unica forma dell’esserci. Idea che conduce a trasmissioni televisive come i reality che, mettendo a nudo l’anima, compiono un processo di omologazione degli individui davvero pericoloso: vera pornografia, dice l’autore, perché mettere a nudo l’anima è più pornografico che spogliare il corpo.
Uno dei problemi affrontati nel libro è quello del dilagare delle droghe, assunte in età sempre più giovanile. Dopo aver parlato del desiderio, si sottolinea come il confine tra droghe e farmaci oggi sia sempre più labile e in ogni caso l'assunzione di entrambi corrisponde non tanto alla ricerca del piacere, quanto dell’anestetico (al di là di quello che chi assume droghe può dire) che permette di vivere una vita che non si ho voglia di vivere perché sentita come insignificante: “a questo tende il piacere della droga, ossia al piacere dell’anestesia, a null’altro”.

Per quanto riguarda le droghe eccitanti: “sembra che i consumatori di ecstasy siano alla ricerca di una riduzione delle barriere che nella nostra cultura rendono così difficile la comunicazione: artificiale in pubblico e noiosa e ripetitiva nel privato”. La sempre più diffusa assunzione di cocaina nasce invece dall’ansia parossistica di prestazione, di spirito di iniziativa e dal senso di scacco e di fallimento che spesso deriva dal sentirsi inadeguati ai paradigmi di efficienza di questa società. “Quel che resta da capire è la forma assunta dalla nostra vita che il drogato rifiuta”.

Ecco poi i casi estremi, coloro che non sapendo gestire le emozioni e verbalizzarle ricorrono all’omicidio o al suicidio (seconda causa di morte, dopo gli incidenti stradali, per i giovani al di sotto dei 25 anni). I gesti senza movente, come il lancio dei sassi dai cavalcavia, gesti che vengono prima della logica e della relazione causa-effetto: per poter dialogare con chi li commette è necessario che venga prima di tutto capita da questi giovani la differenza tra la vita e la morte.

C’è stata una generazione che Galimberti definisce “del pugno chiuso”, quella che talvolta ha trovato sbocco nel terrorismo al nichilismo che la attanagliava, risposta estrema alla cultura del consumo. C’è oggi una “generazione X”, quella degli indifferenti, della “non-partecipazione”, del consumo acritico, “dell’abbastanza”. E c’è poi la “generazione Q” dal basso quoziente intellettivo ed emotivo, dominata da una indifferenza egocentrica e da un “sono fatto così” che assolve ogni comportamento. All’elenco delle “categorie” dell’infelicità dei giovani può poi aggiungersi la rassegnazione degli squatter che cercano una nicchia in cui nascondersi, o la violenza nichilista attuata dentro e fuori degli stadi.
“Impossibilitati a dominare il tempo inscrivendolo in una rappresentazione di senso, i giovani d’oggi, dopo aver rinunciato alla meta, sanno guardare in faccia l’indecifrabilità del destino, rifiutando quei cascami irradiati da un destino risolto in benevola provvidenza”: l’etica del viandante è l’unica che possiamo prospettare e che possa corrispondere a questa nuova lettura del mondo e della vita. Attesa e speranza, i messaggi utili da lanciare alle giovani generazioni, coscienti che la loro età non “è un transito” e che esiste un valore della giovinezza, un segreto che solo la pigrizia mentale dell’adulto non sa cogliere.

Un libro davvero prezioso questo di Galimberti, che ogni genitore, ogni insegnante e ogni giovane dovrebbe leggere: c’è davvero tanto da imparare.

Le prime pagine

                                                                              1.
                                               Il nichilismo e la svalutazione di tutti i valori


Il decentramento dell'universo

Gli uomini non hanno mai abitato il mondo, ma sempre e solo la descrizione che di volta in volta il mito, la religione, la filosofia, la scienza hanno dato del mondo. Una descrizione attraverso parole stabili, collocate ai confini dell'universo per la sua delimitazione e all'interno dell'universo per la sua articolazione. Tra ""le cose di lassù"" e ""le cose di quaggiù"", come voleva la geografia di Fiatone, la più dicente, la più descrittiva, era possibile riconoscere quella gerarchia di stabilità che consentiva di orientarsi tra il vero e il falso, il giusto e l'ingiusto, il pregevole e lo spregevole. L'ordine delle idee tracciava un itinerario ascensionale che dalla terra portava al ciclo, e il cammino aveva una direzione, un senso, un fine. Nella realizzazione del fine c'era promessa di salvezza e verità.
Un giorno la filosofia greca incontrò l'annuncio giudaico-cristiano che parlava di una terra promessa e di una patria ultima. L'anima che Fiatone aveva ideato si trovò orien-tata a una meta e prese a vivere l'inquietudine dell'attesa e del tempo che la separava dalla meta. Un tempo non più descritto come ciclica ripetizione dell'evento cosmico, ma come irradiazione di un senso che trasfigurò l'accadere degli eventi in storia, dove alla fine si sarebbe compiuto ciò che all'inizio era stato annunciato.

Ma anche questa cosmologia e questa temporalità non tardarono a vacillare e con esse tutte quelle idee che ne segnavano la scansione. Annunciando che era la terra a ruotare intorno al sole, a sua volta lanciato in una corsa senza meta, la scienza consegnò una nuova descrizione del mondo, in cui si riconosceva il carattere relativo di ogni movimento e di ogni posizione nello spazio, che a sua volta andava sempre più a confondersi con il tempo, fino a togliere al linguaggio della filosofia e della religione tutte le idee normative che dicevano orientamento e stabilità.
La conseguenza fu il decentramento dell'universo. La nuova descrizione implicava ancora le antiche parole, ma queste, nell'indicare le cose, non designavano più la loro essenza, ma solo la loro relazione. Senza più né ""alto"" né ""basso"", né ""dentro"" né ""fuori"", né ""lontano"" né ""vicino"", l'universo perse il suo ordine, la sua finalità e la sua gerarchia per offrirsi all'uomo come pura macchina indagabile con gli strumenti della ragione fatta calcolo. Questa dischiuse lo scenario artificiale e potente della tecnica, in cui l'uomo scoprì la sua essenza rimasta a lungo nascosta e resa inconoscibile dalla descrizione mitica del mondo.


Da terra-madre la terra divenne materia indifferente, il cielo cedette la mitologia delle stelle alla polvere cosmica, e l'anima dell'uomo, congedatasi da ogni orizzonte di senso, prese a vagare in compagnia di quello che Nietzsche chiama ""il più inquietante fra tutti gli ospiti: il nichilismo in cui riconosciamo la cadenza del nostro attuale pensare e disorientato sentire.


L'autore



17 aprile 2008 Di Grazia Casagrande

L'ospite inquietante. Il nichilismo e i giovani

Il nichilismo, la negazione di ogni valore, è anche quello che Nietzsche chiama "il più inquietante fra tutti gli ospiti". Si è nel mondo della tecnica e la tecnica non tende a uno scopo, non produce senso, non svela verità. Fa solo una cosa: funziona. Finiscono sullo sfondo, corrosi dal nichilismo, i concetti di individuo, identità, libertà, senso, ma anche quelli di natura, etica, politica, religione, storia, di cui si è nutrita l'età pretecnologica. Chi più sconta la sostanziale assenza di futuro che modella l'età della tecnica sono i giovani, contagiati da una progressiva e sempre più profonda insicurezza, condannati a una deriva dell'esistere che coincide con il loro assistere allo scorrere della vita in terza persona. I giovani rischiano di vivere parcheggiati nella terra di nessuno dove la famiglia e la scuola non "lavorano" più, dove il tempo è vuoto e non esiste più un "noi" motivazionale. Le forme di consistenza finiscono con il sovrapporsi ai "riti della crudeltà" o della violenza (gli stadi, le corse in moto). C'è una via d'uscita? Si può mettere alla porta l'ospite inquietante?

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