La funzione della cultura non è di soddisfare bisogni esistenti ma di crearne di nuovi pur mantenendo allo stesso tempo bisogni già radicati o permanentemente insoddisfatti.
Bauman, nell'abituale veste di severo critico della società post-moderna, affronta alcune delle questioni più complesse riguardanti il percorso involutivo - da un punto di vista etico - del concetto di cultura, esplorandone le storture strutturali e le manipolazioni operate dal mercato, nella transizione dalla modernità all'odierna società globalizzata dei consumi.
Il sapere, come qualunque altra manifestazione dell’agire umano, è emanazione dello spirito del tempo e in quanto tale si presta a mutare forma a seconda delle necessità della società, tuttavia secondo Bauman è in atto un’irreversibile corruzione del concetto illuministico di cultura, minato nelle sue fondamenta dalle dinamiche più deleterie dell’odierna società liquida, il cui intento programmatico è il costante scioglimento dei vincoli strutturali alla base dei processi socio-economici, in un proteiforme trionfo dell’instabilità, condizione necessaria per garantire la sopravvivenza della società consumistica globalizzata.
«La cultura di oggi è fatta di offerte, non di norme», così scrive il sociologo polacco nelle prime pagine del testo, intendendo in tal senso denunciare la mercificazione della cultura e al contempo sottolineare la perdita da parte di essa dell’originaria missione educativa volta al disciplinamento dei gusti dell'individuo.
Privo di direttive e degradato a mero cliente, viene investito da un eccesso di stimoli che lo porta a consumare senza criterio, con l’unico fine di appagare un effimero desiderio di possesso a cui non corrisponde un arricchimento formativo.
Bauman Zygmunt
In un tale circuito di anomia culturale - alimentato dalle mode e dall’invito dell’establishment ad essere fieri onnivori - il potere seduttivo del prodotto diventa più rilevante del valore e del suo scopo, poiché esso non deve soddisfare alcun bisogno, ma semplicemente esistere come ulteriore alternativa da offrire al mercato.
Il consumatore - privato di una guida morale al momento della scelta - ha accesso a una quantità indiscriminata di prodotti e, non godendo di sufficiente tempo per interpretare i propri reali bisogni, si getta a capofitto nel seguire mode effimere per stare al passo con i ritmi di ricambio dell’offerta.
È ostaggio di un eccesso di libertà che in realtà lo rende perennemente insoddisfatto e lo imprigiona in un meccanismo autoreferenziale di riproduzione infinita del desiderio, il cui appagamento è escluso a priori.
L’uomo post-moderno viene descritto come un cacciatore di stimoli, costantemente deluso e frustrato al momento della cattura della preda, poiché essa non è il fine ma il semplice pretesto nella sua ricerca di un piacere inafferrabile. La cultura non può e non deve limitarsi a essere propellente di un sistema che equipara i suoi prodotti a beni di rapido deperimento in mostra sugli scaffali dei centri commerciali, poiché le sue opere non devono scaturire da un cieco proposito di moltiplicazione schizofrenica dell’offerta e dovrebbero invece aspirare a rappresentare gli eterni bisogni primordiali dell’umanità.
Bauman ci sfida a resistere alla tentazione di costruire la nostra identità sociale in base alla capacità di seguire con successo il flusso indiscriminato di dati da cui veniamo investiti quotidianamente e ci invita a una scelta controcorrente: abbandonare il consumo onnivoro e limitare l’accesso alle manifestazioni culturali per infondere un significato etico alle nostre scelte.
Recensione di Matteo Rucco
Zygmunt Bauman - Per tutti i gusti. La cultura nell'età dei consumi
148 pag., 14,00 € - Laterza
ISBN 9788858105139
La cultura oggi è assimilabile a un reparto di un grande magazzino di cui fanno esperienza persone trasformate in consumatori. È fatta di offerte, non di divieti; di proposte, non di norme. È impegnata ad apparecchiare tentazioni e ad allestire attrazione, ad allettare e sedurre, non a dare regolazioni normative. Si può dire che, nell'epoca liquido-moderna, la cultura sia plasmata per adeguarsi alla libertà individuale di scelta e alla responsabilità individuale nei confronti di tale scelta. Inoltre si può dire che la sua funzione sia quella di garantire che la scelta debba essere e sempre rimanga una necessità e un dovere inderogabile di vita, mentre la responsabilità della scelta e le sue conseguenze restano là dove la condizione umana liquido-moderna le ha poste: ovvero sulle spalle dell'individuo, adesso chiamato al ruolo di amministratore capo della "politica della vita" e suo unico funzionario.
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