Risaliti sul pullman, Hans Brabenetz prese il microfono. Cominciò con una battuta: Lipizza, fornitore di cavalli della corte imperiale, si trovava ""a otto giorni di distanza da Vienna"". Lasciava a noi fare il calcolo, visto che in un giorno di marcia a cavallo si coprivano sessanta, settanta chilometri e la distanza dalla Stallburg è di circa cinquecento. ""Vi chiederete: ma non c’era un posto più adatto, meno lontano da Vienna? La risposta è no. Le alture lungo la costa dell’Adriatico erano il posto migliore.""
Un titolo, Pura razza bianca, che fa rabbrividire, ricordando l’epoca nazista, l’apartheid, la discriminazione razziale che - non dimentichiamolo - durò fino al 1964 negli Stati Uniti.
Una copertina che incanta, con il profilo nobile di un cavallo bianco, perfetto come una scultura del Canova.
Nelle prime pagine, una mappa d’Europa (ce ne sarà un’altra, più avanti) con le grandi frecce arcuate che siamo soliti vedere per indicare lo spostamento degli eserciti nei libri di guerra. A seguire, un albero genealogico con quello che potrebbe essere un cognome ricorrente, Conversano, combinato con un altro nome che cambia nelle diverse generazioni.
Il capostipite della famiglia nasce nel 1767, nel Regno di Napoli.
L’ultima data riportata, per Conversano Batosta, è il 1987. Luogo di nascita: Lipik, o Lipica, o Lipizza, paese sloveno nelle alture carsiche alle spalle di Trieste.
Il libro dell’olandese Frank Westerman ci parla dei cavalli lipizzani, gli splendidi stalloni bianchi allevati fin dal 1580 a Lipizza per volere dell’arciduca Carlo, terzogenito dell’imperatore Ferdinando I d’Austria.
Le mappe che troviamo nel libro indicano, invece dei movimenti degli eserciti, i percorsi di evacuazione dei cavalli, messi in salvo durante la prima e la seconda guerra mondiale.
L’albero genealogico, o pedigree (ovvero ""piede di gru"") è quello di Conversano Primula, il cavallo che l’autore del libro ha conosciuto, e se Conversano è il nome o il cognome che si tramanda per linea paterna, il secondo nome è quello che indica la madre del cavallo.
Che cosa c’è di così speciale nei lipizzani?
Quello che possiamo vedere, anche se non siamo degli esperti, è la loro bellezza, la grazia dei loro movimenti.
E, se abbiamo la ventura di assistere ad uno spettacolo della famosa Scuola d’Equitazione Spagnola di Vienna, ci rendiamo conto che c’è qualcosa di quasi umano in loro, nel loro rispondere ad ordini che possono essere addirittura muti, comunicati attraverso un lieve scuotimento delle briglie.
Perché i lipizzani sono, in un certo senso, una “creatura dell’uomo” ottenuta attraverso sapienti incroci. Al punto che si può cercare di capire meglio le caratteristiche della nostra specie “attraverso il cavallo, o meglio l’ingerenza dell’uomo sul cavallo”.
Frank Westerman non si stanca di seguire le tracce dei lipizzani. E noi non ci stanchiamo di leggerlo.
Seguiamo con lui le vicende dei lipizzani, gli incroci, le vendite, gli allevamenti che poi non furono più limitati a quell’unico di Lipizza, le discussioni e le polemiche riguardo a quanto incidesse l’ambiente e quanto la genetica nelle caratteristiche dei cavalli che erano così preziosi e ambiti da diventare dono di prestigio da parte dell’imperatore (o di Hitler stesso in tempi più recenti), bottino di guerra da distribuire tra i vincitori (nel 1918 l’Italia ne ricevette ben 109 esemplari).
Frank Westerman scava nel profondo, ci parla delle teorie di Mendel e del suo rivale russo Lysenko, delle opportunità e dei rischi dell’eugenetica, traccia una sorprendente analogia tra i dati delle tabelle che indicano le cinque generazioni richieste per certificare la purezza dei lipizzani con quelli necessari per essere ammessi nei corpi delle SS, così come l’allevamento dei lipizzani di Rau rispecchia le ben note cliniche di maternità volute da Himmler.
Westerman ci ""mostra"" - e pare anche a noi di vederlo - persino un film del 1963, Ultimo treno per Vienna, sul salvataggio dei lipizzani in fuga da Vienna incalzati dai carri armati sovietici negli ultimi giorni della seconda guerra mondiale.
Per finire, e per allontanare da noi l’idea che non ci resti che ammirare i lipizzani nei grandi quadri in cui (forse non ci avevamo mai fatto caso) bianchi cavalli hanno la stessa aria maestosa degli imperatori, dei re o dei generali seduti in groppa a loro, Westerman riporta una notizia recentissima: nel 2007 i giornali pubblicarono foto sconvolgenti di cavalli lipizzani sopravvissuti ai bombardamenti della guerra iugoslava negli anni ‘90, in questa circostanza avrebbero rischiato di morire di fame come prigionieri di guerra dimenticati se non si fosse mossa la diplomazia internazionale.
Pura razza bianca è un libro sorprendente. Ci trascina nella lettura al galoppo - lasciatemelo dire - e con la grazia del passo di danza dei lipizzani (solo il generale Patton poteva scherzare sui ‘giochetti’ dei cavalli).
Perché questo è quello che più ci sorprende nel libro di Westerman: attraverso la storia dei cavalli bianchi leggiamo la storia d’Europa.
Frank Westerman, Pura razza bianca
Titolo originale: Dier, bovendier
Traduzione di Cecilia Casamonti
pagg. 320, Euro 17,00
Casa editrice Iperborea 2013
ISBN 9788870915136
l'autore
10 aprile 2013 | Di Marilia Piccone |
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