Le recensioni di Wuz.it

Le quattro stagioni e altri concerti di Antonio Vivaldi nell'esecuzione di Amandine Beyer e Gli Incogniti

Le quattro stagioni di Antonio Vivaldi (1678-1741) costituiscono senz’altro il ciclo musicale più famoso del cosiddetto prete rosso: compositore veneziano prolificissimo (scrisse all’incirca 500 concerti) ed assai acclamato dal pubblico settecentesco un po’ in tutta Europa, pur finendo dopo la sua morte incredibilmente nel dimenticatoio per un paio di secoli.
Infatti solo a partire dal secondo dopoguerra il musicista torna a venir preso in considerazione dai critici; ma la notorietà di Vivaldi a livello popolare si deve giusto alle Quattro stagioni di cui è proverbiale la proliferazione formidabile delle incisioni (fra LP e CD esse risultano a tutt’oggi più di 200).
E certo nessun’altra opera di musica classica ha mai goduto e forse mai godrà della stessa fortuna.


Si tratta nello specifico di quattro concerti solistici, ispirati ognuno ad una stagione dell’anno, che fanno parte dell’opera VIII − Il cimento dell’armonia e dell’inventione − e rappresentano uno dei primi esempi, e più fulgidi, della cosiddetta musica descrittiva. Abbiamo cioè a che fare con una musica a programma ovvero oltremodo tematica, rappresentativa e didascalica.Non per nulla le Stagioni vivaldiane sono corredate da altrettanti sonetti, ossia da una serie di testi poetici che illustrano le quattro principali fasi climatiche dell’anno. Anche se non sappiamo neppure da chi essi furono scritti e se temporalmente precedettero o seguirono la composizione musicale vera e propria. Semplificando si potrebbe notare come in tali sonetti esplicativi la natura venga considerata benefica nella Primavera e nell’Autunno, mentre appare alquanto malefica o assai poco propizia all’uomo in Estate e in Inverno.

antonio vivaldi

Come scrive Paul Everett nel suo arguto saggio sulle Stagioni, rispetto al primo concerto: “la musica più luminosa e ottimistica del ciclo appare all’inizio, come si addice per la stagione primaverile” che si apre con un Allegro orecchiabilissimo e melodico, ispirato al canto degli uccelli, cui segue un movimento lento (Largo) dalla melodia dolcemente malinconica, associabile al quieto sonno umano ed animale. Conclude la composizione un movimento vivace all’insegna d’una danza pastorale (Allegro).

È invece un temporale tempestoso il fulcro narrativo intorno a cui prende forma l’Estate, che viene inaugurata da un languido avvio (Allegro non molto- Allegro) evocatore di un clima afoso e letargico, cui fa seguito l’inquietudine per la tempesta, magistralmente espressa nell’ Adagio - Presto - Adagio, ben presto destinata a scoppiare nel drammatico Presto finale, di rara e teatrale pregnanza espressiva.


amandine beyer

L’Allegro che introduce l’Autunno è nel segno di una gioiosa vitalità/prosperità quale annuncia un’opulenta vendemmia. Dice infatti il sonetto didascalico: “Celebra il Vilanel con balli e Canti/ Del felice raccolto il bel piacere/ E del liquor de Bacco accesi tanti/ Finiscono col sonno il lor godere”. Ma l’assopirsi dell’ubriaco è altro rispetto all’autentica quiete, tanto che già l’Adagio allude chiaramente ai sommovimenti che agitano certi sonni solo in apparenza paghi. L’ultimo movimento: un Allegro, cadenzato dai martellanti ritmi dei “corni, Schioppi, e canni”, è infine tutto teso a raffigurare una gagliarda battuta di caccia autunnale.

Dissonanze inquietanti caratterizzano invece il ritornello che introduce un Inverno inclemente e davvero Allegro non molto. Ma il movimento centrale – un Largo che è forse il “lento” più ammaliante dei tre delle Stagioni − induce a ritenere che l’uomo possa superare ogni asprezza climatico-naturale. L’Allegro conclusivo conferma infine questa visione positiva, con il melodioso fraseggio, ora brillante ora veemente degli archi.


gli incogniti
E davvero brillante/travolgente va considerata la recentissima incisione per CD delle Stagioni a cura dell’ensemble Gli Incogniti − un complesso che privilegia il repertorio barocco − la quale mi pare consigliabile non solo per via dell’eccellente profilo tecnico ma soprattutto per quanto concerne quello interpretativo; anche tenendo conto di come l’ensemble abbia sì fatto riferimento alla partitura edita da Le Cène del 1725, affiancandola però ad una fonte spesso ignorata da molti esecutori: il cosiddetto “manoscritto di Manchester”, che offre varianti degne di grande interesse a livello di certi colori cromatici ed armonici inabituali che apportano maggiore nitidezza a taluni passaggi.

Accanto ad una versione delle Stagioni che esalta la straordinaria libertà ritmica caratteristica della fantasiosa inventiva di Vivaldi, nel CD trovano inoltre spazio altri tre concerti del prete rosso: meno noti ma sempre significativi. Mi riferisco ai concerti RV 372, RV 390 ed RV 578a: opera giovanile, questa, solo recentemente riscoperta dal musicologo Olivier Fourés e che, con ogni probabilità, non era mai stata più suonata da ben 300 anni.


Un romanzo per Vivaldi: Stabat Mater di Tiziano Scarpa
Antonio Vivaldi: la discografia di Wuz.it



27 novembre 2008 Di Francesco Roat

La posta della redazione

La posta della redazione

Hai domande, dubbi, proposte? Vuoi uno spiegone?
Scrivi alla redazione!

Chiudi

Per poter aggiungere un prodotto al carrello devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.

Chiudi

Per poter aggiungere un prodotto alla lista dei desideri devi essere loggato con un profilo Feltrinelli.

Chiudi

Il Prodotto è stato aggiunto al carrello correttamente

Chiudi

Il Prodotto è stato aggiunto alla WishList correttamente