Leggi l'intervista al regista
Punk rock d’annata sparato in macchina, look alternativo, visione aperta della vita fanno di Rainer Wenger un professore di scuola di quelli che si potrebbero definire ‘fighi’ e destinati a conquistare il cuore e la fiducia degli studenti.
Rainer però deve misurarsi con una sfida non da poco: far capire a ragazzi dalle poche curiosità culturali e non molto coscienti dei movimenti della storia cosa significano l’autarchia, la tirannide, il nazismo. Wenger sa bene che un lavoro storico sulle cause che hanno generato i grandi totalitarismi cadrebbe nel nulla e contribuirebbe ad allontanare ancor più i suoi allievi dalla riflessione su questi temi; allora ha un’idea geniale: facciamoglielo provare il totalitarismo, invece di spiegarglielo. E gli esiti non saranno del tutto tranquillizzanti.
Questo è l’asse portante del bellissimo film di Dennis Gansel, Die Welle (L’onda), vincitore come miglior sceneggiatura al ventiseiesimo Torino Film Festival, un film che colpisce e coinvolge lo spettatore non solo e non tanto per la storia che racconta, ma soprattutto per il modo assolutamente nuovo ed efficace con cui narra la vicenda. L’origine di questo racconto va molto più lontano nel tempo ed affonda le radici in avvenimenti accaduti nella classe di storia di una scuola di Palo Alto in California, la Cubberley High School, dove il prof. Ron Jones, nell’aprile 1967, ha tentato l’esperimento didattico di cui parlavamo sopra.
Da questa esperienza lo scrittore americano Todd Strasser ha tratto nel 1981 il libro The Wave, da cui Dennis Gansel e Peter Thorwarth hanno ricavato la sceneggiatura per Die Welle. Gansel rilegge la storia calandola tra i giovani berlinesi di oggi, con la loro psicologia, le loro icone, le loro ‘colonne sonore' e il loro distacco dalla storia e dal suo peso sul presente. Il film inizia con le immagini del disinteresse o dell'impegno di facciata da parte di ragazzi che, legati agli obiettivi a corto raggio della loro vita sociale o familiare, non riescono a focalizzare in modo adeguato il rischio del riemergere di pericolose dittature di cui la Germania ha già fatto tristi esperienze. Anche il rifuto dei fascismi che hanno insanguinato e devastato il mondo suona nella mente di quegli adolescenti come aprioristico e nebuloso. Così l'istituzione di un corso sull'autarchia offre al prof. Wenger l'occasione per una sperimentazione didattica senza precedenti: insegnare l'assurdità del nazismo ai ragazzi inducendoli a sperimentarne i meccanismi e soprattutto l'estetica, ma non attraverso i documenti e reperti storici, bensì 'traducendolo' in esperienza attuale, rendendo funzionali e motivati nel sistema esoterico e militaresco della dittatura gli elementi del nostro presente come il look, il rock, le feste sulla spiaggia, gli eventi sportivi, la grafica, il lifestream cibernetico di myspace e altro.
A poco a poco i ragazzi vengono catturati dal sistema didattico ed elaborano l'essere classe come sentimento di appartenenza ad un gruppo esclusivo, dove l'uniformità e la disciplina in nome del loro 'timoniere', il prof. Wenger (non più il Rainer cui davano tutti del tu), sono ormai quasi un imperativo categorico. L'omologazione diventa poi look (tutti gli studenti della classe si mettono una camicia bianca), creano un nome e un logo per il gruppo ('l'onda', raffigurata in modo stilizzato su graffiti e adesivi che cominciano ad invadere il quartiere e la città), adottano un saluto militaresco, si compattano psicologicamente superando le differenze e le diffidenze personali in nome dello scopo comune, cioè travolgere tutto e tutti con l'onda che li rappresenta (nessuno degli studenti ovviamente sa bene perché il movimento dovrebbe trionfare, ma al suo interno si sente realizzato e trova la forza per superare difficoltà e frustrazioni). Il film procede su un forte impatto visivo e coloristico che contrappone la compattezza del gruppo biancovestito al variegato cromatismo degli 'altri', sempre più percepiti come diversi e infine come nemici.
Anche la musica e la squadra di pallanuoto diventano proprietà esclusiva del miniregime che sta prendendo corpo dentro la scuola. Gli scettici e i critici vengono emarginati o addirittura perseguitati; chi è nell'onda ormai non ha più nulla da temere perché troverà appoggio e forza nel gruppo. All'interno della scuola comincia così a crearsi una 'resistenza' da parte di quei ragazzi che non accettano la deriva autoritaria della classe e cominciano a progettare azioni di dissuasione, con lanci di volantini o attacchi su internet ai siti dell''onda'. È facile capire come presto Rainer perda il controllo del gruppo, che, se forse non ha ancora focalizzato il fascismo, sicuramente l'ha metabolizzato: e ancora una volta è l'immagine ad imporci le ragioni del racconto, mostrandoci le camicie bianche divenute vere e proprie divise con la stampigliatura sul petto dell'onda stilizzata. Adesso la classe è compatta, determinata e vincente; anche i più deboli hanno trovato il loro telos e il loro ruolo, sentendosi finalmente forti e importanti: e il bianco delle camicie non tarderà a miscelarsi col rosso del sangue. Non diciamo di più per non togliere al lettore l'emozione di seguire un epilogo forse scontato come passo narrativo, ma non certamente dal punto di vista tematico. Diciamo solo che alla fine i ragazzi del prof. Wenger capiranno benissimo e con una maturità ormai indelebilmente acquisita quali siano i pericoli e gli orrori di ogni fascismo, ma pagando tutti, a cominciare dal loro mentore, un prezzo assai alto.
Il film di Dennis Gansel non è, come dicevamo in apertura, solo la storia che racconta; è anche grande padronanza dell'immagine e del suono, maestria nella gestione delle componenti cromatiche dell'immagine, nella definizione filmica delle simbologie narrative; raffinatezza nel montaggio e nell'uso della camera. Insomma un film che travolge, emoziona e fa pensare anche e soprattutto per il linguaggio mostrativo: dunque un lavoro cinematograficamente compiuto e culturalmente efficace. E questo non è poco. Se fossimo nella giuria del ventiseiesimo Torino Film Festival forse sapremmo già a chi assegnare la palma.
Die Welle, Germania 2008, 107', regia: Denis Gansel, sceneggiatura: Denis Gansel e Peter Thorwarth, produzione: Christian Becker, Nina Maag, Anita Schneider; musica: Heiko Maile; fotografia: Torsten Breuer; montaggio: Ueli Christen; interpreti: Jürgen Vogel: Rainer Wenger; Frederick Lau: Tim; Max Riemelt: Marco; Jennifer Ulrich: Karo;Christiane Paul: Anke Wenger; Elyas M’Barek: Sinan; Cristina do Rego: Lisa; Jacob Matschenz: Dennis; Maximilian Vollmar: Bomber; Maximilian Mauff: Kevin; Ferdinand Schmidt-Modrow: Ferdi; Tim Oliver Schultz: Jens; Amelie Kiefer: Mona; Odine Johne: Maja; Fabian Preger: Kaschi; Alexander Held: Tims Vater
26 novembre 2008 | Di Roberto M. Danese |
Germania, oggi. Durante la settimana delle esercitazioni, l'insegnante di liceo Rainer Wenger propone un esperimento per mostrare ai suoi studenti come funziona un governo totalitario. Nel giro di poche settimane la simulazione si trasforma in un vero e proprio movimento \"L'onda\". Arrivati al terzo giorno gli studenti cominciano a ostracizzare e minacciare gli altri. Quando alla fine il conflitto esplode in tutta la sua violenza durante una partita di pallanuoto, l'insegnante decide di interrompere l'esperimento ma ormai è troppo tardi.
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