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Dal Portogallo, con amore: Romana Petri racconta le sue passioni

Romana Petri ha scritto un romanzo che è la storia di tre donne in Portogallo e, come sempre accade quando si tratta di un bel romanzo di un certo spessore, è inevitabile identificarsi con le protagoniste- vivere e soffrire con loro. Abbiamo incontrato la scrittrice per sapere di più sul suo amore palese per il Portogallo e sulle protagoniste del romanzo.


Sappiamo che lei è specializzata in letteratura portoghese, questo è un romanzo ambientato in Portogallo con protagoniste portoghesi: come è nata questa passione per il Portogallo?

È nato dalla viaggiatrice: io sono laureata in francese, ma mi piaceva la letteratura portoghese, avevo letto parecchi libri di scrittori portoghesi, quelli che ero riuscita a trovare in traduzione. Poi, nel 1990, con i proventi del romanzo Il gambero blu, mi sono concessa un viaggio in Portogallo e alle Azzorre. Mi sono fermata a Lisbona ed è stato subito amore. Ci sono dei luoghi in cui arriviamo e ci dicono che ci appartengono, anche se siamo nati da un'altra parte - io sono di Roma e Roma è certamente una bella città, eppure mi sono innamorata di Lisbona.




Ecco, Lisbona appare magica nel suo romanzo. Che cosa è che rende magica Lisbona?

Per me Lisbona, a differenza di molte città italiane, è molto calma e dolce. A Lisbona c'è una luce splendida anche se non c'è il sole. E' luminosa, è la luce atlantica fusa con la mediterraneità che possiede, forse è  per il Tago che è azzurro e grandissimo. Il cielo di notte a Lisbona non è mai scuro, e il profumo della brezza atlantica è diverso dal profumo del Mediterraneo, è più balsamico. Ora vivo più a Lisbona che a Roma, la sento come la mia città. A Lisbona ho comprato la prima casa della mia vita- si affaccia sul Tago, ecco perché il Tago è una vista costante nel romanzo.


Quindi, però, non conosceva ancora il portoghese quando è andata in Portogallo per la prima volta?

No, leggevo- come ho detto- i libri tradotti in italiano. Poi, facendo spesso dei viaggi in Portogallo, ho iniziato a capire e farmi capire.
Quando, nel 2002, ho pubblicato Donne delle Azzorre, una casa editrice portoghese lo ha letto, è piaciuto, l'hanno pubblicato. Poi mi hanno invitato per il lancio del libro, mi sono innamorata dell'editore, ci siamo sposati e abbiamo fondato insieme una casa editrice in Italia.


Abbiamo parlato di Lisbona ma, anche se è sempre rischioso fare generalizzazioni, come sono i portoghesi?

I portoghesi sono persone divise in due: da un lato sono persone latine, per i colori, la lingua, il sapore dei cibi; dall'altro sono anche britannici, molto chiusi.


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Ovunque io sia è la storia di tre donne di cui, però, una prende il sopravvento: sapeva già che sarebbe stata lei la protagonista, oppure è Maria do Ceu che è andata occupando sempre più spazio nel romanzo?

Sapevo già che sarebbe stata lei il personaggio principale, anche perché questa è una storia vera: naturalmente ho tolto e aggiunto, perché è un romanzo, ma il nocciolo è una storia vera.
È un personaggio con due madri nello stesso tempo. Mi piaceva questa storia di una ragazza che dava una svolta generazionale. Le due madri - Ofelia all'antica, una pia donna che non è tanto buona, anche se il marito ha un'amante, lei non concepisce il divorzio; Margarida è più giovane, non ha conosciuto la madre, è senza ricordi e, proprio per questo, è l'eterna bambina che vive di sogni e speranze. Margarida ama Carlos fino alla fine. Da queste due generazioni nasce la terza, una donna che vuole essere se stessa e non piegarsi alla tradizione della donna sottomessa.
Maria do Ceu è fondamentalmente una madre.


Ha appena detto che Maria do Ceu è una madre: già il titolo, che si riferisce alle parole di Margarida prima di morire - che in qualunque luogo si vada dopo la morte, lei sarà sempre vicino alla figlia -, fa pensare che questo non è solo un romanzo su tre donne, ma un romanzo su che cosa significhi essere madre...

Ho scritto il romanzo nella convinzione che questo fosse un libro sulla maternità, mi sono resa conto dopo che è un romanzo sulla 'figlità'.
Le madri si sentono sempre inadempienti, sempre in colpa per qualcosa nei confronti dei figli. Poi vengono fuori le figure di madri leggendarie che nascono nel cuore dei figli.
La madre è memoria, è passato, la madre crea ricordi per il figlio. Questa è la forza di queste tre madri - perché anche la madre adottiva sarà rimpianta -: la loro forza è in quello che lasciano nel ricordo. Comunque siano le madri, buone o cattive, lasciano un marchio dentro il figlio. I tre figli di Maria do Ceu sono marchiati da questa Madre Coraggio che ce l'ha fatta da sola: ha ridato la vita a sua figlia, anche se il marito l'ha abbandonata perchè non ce la faceva più.


Dona Ofelia non è madre, è il personaggio più chiuso e limitato, eppure neppure lei è un personaggio del tutto negativo. È la debolezza la 'colpa' di Ofelia?

Ofelia è la donna legata alla religione, è una 'pia donna'. E forse non è neppure del tutto colpa sua, essere così com'è: ha un marito che tira fuori da lei quello che c'è di peggio. La sento come una donna indecisa, che non è capace di prendere una decisione e butta giù una pastiglia di Dolviran per dimenticare tutto. Il suo è un lento suicidio.


Gli uomini del romanzo, invece, non si salvano affatto. Mi pare siano tutti egoisti, incapaci di prendersi le responsabilità, incapaci di fare i padri. È così negativa la sua visione dell'universo maschile?

Ma no... non è vero, non sono tutti negativi...
Isidoro, l'amante di Maria do Ceu per un breve periodo, è un uomo gioioso, dolce e appassionato. V
Vasco, il figlio di Maria do Ceu, è un personaggio positivo.
Sì, i tre uomini delle tre donne sono tre delinquenti: Tiago è l'idealista che tradisce gli ideali per far carriera, è un cinico calcolatore; Manuel è il grande farabutto che riesce ad affascinare: è uno che prende da tutte le parti, ha una finta cultura e una finta eleganza; Carlos è falso.
Siccome la vicenda ricalca una storia vera, come scrittrice non sono potuta andare contro un destino già segnato.


La politica, la dittatura, la Rivoluzione dei garofani, mi sembra che restino volutamente sullo sfondo: è così perché nel mondo delle donne, quando intervengono preoccupazioni legate alla famiglia, le istanze politiche passano naturalmente in secondo piano?

Indubbiamente è così, quando la politica è all'interno di un romanzo che non sia specificatamente votato a illuminare quell'aspetto.
Ovunque io sia è un romanzo con lo sfondo di 70 anni di storia portoghese attraverso la vita di queste persone. In un mondo così la politica non esisteva.
Ofelia e Margarida non sapevano nulla del mondo fuori dalle pareti domestiche.
Manuel lo sapeva perché faceva l'informatore: solo di recente si è saputo che erano 20.000 i delatori di Salazar.
Salazar era un ometto che non era mai uscito dal Portogallo e non voleva che la gente si interessasse di politica. Incoraggiava la gente a vivere senza pretese. La politica nasce nei rivoluzionari, quando poi, nel 1974, si può rialzare la testa. Nasce con la Rivoluzione dei garofani, straordinaria perché fu un colpo di stato senza spargimento di sangue. Quando, nel romanzo, scrivo dei carri armati che si fermavano ai semafori rossi, era vero: quando mai si è visto una rivoluzione così?



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25 novembre 2008 Di Marilia Piccone

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