Endo ritrae, con la visione d’insieme di uno storico e l’afflato lirico del poeta, le violenze subite dai cristiani giapponesi attraverso una scrittura di un nitore cristallino che esalta la descrizione paesaggistica e l’introspezione psicologica.
È un peccato che il lettore si avvicini a questo portentoso romanzo storico solo per l’imminente uscita della sua trasposizione cinematografica ad opera di Martin Scorsese. Rischia infatti di esserne irrimediabilmente oscurato. Non merita di finire nell’oblio destinato ai romanzi di buon valore surclassati dalle relative opere cinematografiche a loro ispirati. Un esempio? Forrest Gump. Chi si ricorda dell’ottima prova di Winston Groom adattata da Zemeckis? Penso, almeno qui in Italia, che si possano contare sulle dita di una mano.
Endo, morto alla fine degli anni Novanta e più volte vicino al Nobel, fu una mosca bianca nel panorama della letteratura giapponese. Di famiglia cristiana, i suoi lavori sono fortemente influenzati dall’appartenenza a un credo con scarsissime adesioni in Giappone. Sentitosi sin dall’infanzia un outsider, ha indagato le ragioni per cui il cristianesimo non ha mai attecchito nel paese del Sol Levante, giungendo con Silenzio a ritrarne la principale: le persecuzioni del diciassettesimo secolo.
Immaginando il rinvenimento del diario di un missionario, Endo ricostruisce, con la visione d’insieme di uno storico e l’afflato lirico del poeta, le violenze subite dai giapponesi che abbracciarono il cattolicesimo, portato nel Cinquecento da Francesco Saverio e dai gesuiti. Dapprima ingolositi dalle opportunità commerciali portate dallo sbarco dei portoghesi, i daimyo giapponesi - l’equivalente dei nostri feudatari - si convertirono in massa, obbligando i loro contadini a seguirli, per compiacere i nuovi arrivati e stringere lucrosi patti mercantili. Pessime premesse. Infatti i daimyo fecero presto ritorno all’esercizio dei culti tradizionali una volta appresa l’opprimente esclusività del monoteismo portato dal lontano occidente. Questo, unito alle mal celate ambizioni di conquista degli Europei, spinsero le autorità a sterminare non solo i missionari, ma anche le comunità locali che si erano genuinamente convertite al messaggio cristiano.
Il protagonista è padre Rodrigues, giovane gesuita di stanza a Lisbona, rimasto sconcertato dalle notizie giunte dalla lontana Nagasaki. Il suo mentore, padre Ferreira, campione di fede, scampato più volte al martirio nonostante le terribili torture, ha improvvisamente abiurato. Non si conosce la ragione. Dopo anni di resistenza a indicibili violenze fisiche e psicologiche non può aver semplicemente ceduto. Avrebbe preferito un nobile martirio. Il suo allievo vuole indagare i motivi di un gesto tanto inspiegabile e accompagnato da altri due missionari, si recherà verso il lontano Cipango - il nome dato a quei tempi al Giappone - non solo per ritrovare Ferreira ma anche per lenire le sofferenze di una comunità di fedeli oramai ridotta all’osso, costretti alla clandestinità.
L’intento di Endo è chiarissimo. Innestare sulla possente intelaiatura di un romanzo storico riflessioni sull’intolleranza, la chiusura mentale del suo popolo e l’imperialismo europeo, servendosi al contempo di una scrittura di un nitore cristallino che valorizza la descrizione paesaggistica e l’introspezione psicologica. Il diario del missionario sembra una raccolta di appunti di un pittore intento a ritrarre l’anima del Giappone, le cui risaie, ridotte in paludi, paiono rappresentarne il cuore nero, avvizzito dalle persecuzioni e dalla miseria in cui versano non solo i cristiani clandestini, ma tutti i contadini piegati dall’iniquità sociale. Non bisogna dimenticare la data di uscita di questo romanzo, quel 1967 che precedette di un anno la contestazione studentesca. Anche in Giappone si verificarono moltissime proteste, all’insegna della denuncia dell’imperialismo statunitense in Viet Nam e dell’ipocrisia della società nipponica, rinvigorita da un boom economico sorto sulle ceneri radioattive di Hiroshima e Nagasaki e favorito da quel nemico che, dall’altra sponda del Pacifico, trasmetteva il credo consumista, pronto a erodere le antiche radici di una cultura millenaria. Endo assorbì queste tensioni, riuscendo a traslarle in un romanzo che rifiuta il paradigma dello scontro di civiltà o la riduzione dell’appartenenza religiosa a mere ragioni socio-culturali, ricordando quella magnifica stagione di piogge di quattrocento anni prima in cui sia a un prete portoghese che a un misero coltivatore di riso sembrava possibile intravedere in quella terra lorda di sangue la speranza di un futuro di pace e mutuo rispetto.
Recensione di Matteo Rucco
Silenzio - Shusaku Endo
224 p. - € 16,40 - Corbaccio
ISBN 9788867002948
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