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Gli Under 40 della narrativa italiana: scrittori giovani, non giovani scrittori


“Under 40”: una formula che oggi sentiamo un po’ ovunque, negli ambiti più disparati, che sa già di categorizzazione e che corre il rischio di sfociare nei soliti logori luoghi comuni. Per quanto riguarda la narrativa italiana, spesso viene detto che gli scrittori giovani non producono letteratura di qualità, che non hanno un background letterario e culturale adeguato e profondo, che sono tutti sempre troppo impegnati nella promozione di se stessi. Si tratta di generalizzazioni che non hanno nessun valore argomentativo in una discussione sulla narrativa di un paese. Non è vero che in Italia non ci sono scrittori giovani che hanno talento e che producono narrativa di qualità, non è vero che sono privi di patrimonio culturale, non è vero che militano solo per se stessi .
C’è chi si oppone al concetto stesso di delimitazione anagrafica in letteratura. Effettivamente ragionare per generazioni è inconsistente per molte ragioni. Bisogna introdurre subito una distinzione: di cosa parliamo quando parliamo di Under 40? Crediamo, infatti, che esista una fondamentale distinzione tra le espressioni “giovani scrittori” e “scrittori giovani”.

È subito necessaria una premessa di carattere sociologico-culturale…

Si parla di “giovani scrittori” da quando i giovani sono diventati una specifica categoria sociologica. La maggioranza della critica concorda nel collocare l’affermazione di questa nuova categoria sociologica dopo la contestazione sessantottesca, ma le radici del fenomeno possono essere rintracciate già a partire dagli anni Cinquanta, con il boom che segue il secondo dopoguerra, quando la disponibilità economica dei ragazzi diventa maggiore, il modello della famiglia tradizionale e patriarcale entra in crisi, vengono introdotti nuovi stili di vita, la struttura scolastica subisce imponenti trasformazioni, nasce il concetto fondamentale di “tempo libero”. Comincia così a svilupparsi tra i giovani la consapevolezza di sé, di essere una categoria che esprime una cultura radicalmente diversa da quella adulta ed è desiderosa di esprimerla all’intera società.
In Italia si comincia a parlare di “giovane narrativa” negli anni Ottanta. Secondo Roberto Carnero, è a partire dall’estate del 1985 che le case editrici italiane cominciano a pensare a un gruppo di scrittori da presentare e lanciare alla Fiera del Libro di Francoforte. Da quel momento critici e case editrici si sono dimostrati molto più attenti ai giovani esordienti. Al di là del fatto commerciale, il fenomeno della giovane narrativa ha sicuramente dato vita anche a un importante momento di rinnovamento della prassi letteraria, a fronte dell’illeggibilità della narrativa neoavanguardistica e sperimentale, dell’ovvietà della narrativa realistica comunque rispolverata, della nullità della narrativa di puro consumo.

Pier Vittorio Tondelli, fine anni Ottanta

Figura centrale in questo processo è Pier Vittorio Tondelli, che attraverso un concorso letterario pubblica tre volumi di autori esordienti Under 25, in collaborazione con Massimo Canalini e Transeuropa, dal 1986 al 1990. L’importanza del lavoro di Tondelli è enorme, non tanto per il valore dei testi pubblicati, ma soprattutto per il suo impegno culturale militante al servizio della letteratura. Con Tondelli si inaugura un nuovo modo di saggiare la realtà giovanile attraverso l’inchiesta letteraria. Tra gli Under 25 tanti sono i nomi che sono giunti fino ai giorni nostri, che testimoniano la produttività e la vitalità dell’iniziativa tondelliana: basti citare Silvia Ballestra, Romano Bulgaro, Alessandro Bruschi, Claudio Camarca, Andrea Canobbio, Guido Conti, Giuseppe Culicchia, Andrea Demarchi.

Negli anni Novanta, poi, il nucleo forte degli esordi narrativi si colloca intorno a Ricercare. Laboratorio di nuove scritture, una manifestazione annuale concepita da Renato Barilli e Nanni Balestrini, che si svolge a Reggio Emilia dal 1993.
Così la letteratura ci racconta cosa vuol dire essere giovani negli anni Ottanta e Novanta, attraverso una molteplicità di esperienze diverse il cui segno distintivo sembra essere l'amplificazione delle conseguenze della globalizzazione e delle sue nevrosi.

Nel 1996 nasce la collana Einaudi Stile Libero, che ha da subito presentato le novità più interessanti della letteratura e della cultura underground e pop giovanile, accogliendo in sé il maggior esempio di costruzione di un caso letterario collettivo tramite i mass media, quello dei “cannibali”. L’antologia Gioventù cannibale è proprio del 1996, e comprende racconti di Niccolò Ammaniti e Luisa Brancaccio, Alda Teodorani, Aldo Nove, Daniele Luttazzi, Andrea G. Pinketts, Massimiliano Governi, Matteo Curtoni, Matteo Galiazzo, Stefano Massaron, Paolo Caredda.

Ricapitolando, alcune sigle editoriali sembrano aver trainato l’affermazione del fenomeno della letteratura giovanile negli anni Ottanta e Novanta: Transeuropa, con Tondelli e Canalini; piccole sigle come Stampa Alternativa, Theoria, Addictions, Minimum fax; Castelvecchi, che per prima pubblicò i “cannibali” Aldo Nove e Isabella Santacroce; infine, Stile libero di Einaudi, che in pochi anni è diventata crogiuolo di nuove esperienze sperimentali, fino a diventare lente di ingrandimento dell’immaginario collettivo, espresso con i modi della scrittura, delle ultime generazioni.
Ricordiamo anche i 12 racconti di Under 25. Terzo millennio, edito da Costa & Nolan nel 2006, a vent'anni dalla prima antologia Under 25 curata da Pier Vittorio Tondelli. A valutare e scegliere i testi, un gruppo di giovani aspiranti ""critici"" coetanei degli autori, gruppo che fa capo al Caffè versato, circolo letterario sorto nell'ambito della Facoltà di Lettere dell'Università Cattolica di Milano.


Negli ultimi anni Minimum fax ha pubblicato alcune pregevoli antologie di giovani scrittori italiani, seguendo l'esempio di Granta e del New Yorker:

La qualità dell'aria (2004)
Best off 2005
Best off 2006

Voi siete qui (2007)
Senza corpo
(2009)



Citiamo il lavoro di Roberto Carnero appena uscito per la Bruno Mondadori, Under 40. I giovani nella nuova narrativa italiana, una interessante indagine sulla narrativa italiana degli ultimi trenta anni, focalizzata sulle scritture di giovani narratori che parlano di giovani. Da Porci con le ali (1976) di Marco Lombardo Radice e Lidia Ravera, considerato l’archetipo del genere “scritture giovanili”, a Boccalone (1979) di Enrico Palandri, Altri libertini (1980) di Pier Vittorio Tondelli, Treno di panna (1981) di Andrea De Carlo, per proseguire, negli anni novanta, con i libri di Silvia Ballestra, Enrico Brizzi, Giuseppe Culicchia, fino ad arrivare ai casi più recenti di Melissa P., Federico Moccia e Paolo Giordano, premiati da uno straordinario successo di pubblico: una linea frastagliata e vitale, che ha per protagonisti giovani scrittori che parlano di giovani e dei problemi del loro mondo.


Torniamo sui nostri passi...

In questo lavoro non intendiamo parlare di “giovani scrittori” che parlano di giovani e che mettono la condizione giovanile al centro del loro lavoro. Gettando uno sguardo al panorama editoriale del nuovo millennio, infatti, ci accorgiamo che quella del “giovane scrittore” è diventata più una categoria commerciale che sociologica. Per Filippo La Porta, la “giovane narrativa” non esiste più. “Dagli anni Ottanta, con il famigerato ‘riflusso’, assistiamo a una mutazione antropologica che continua tutt’oggi. La giovinezza in senso specifico tende a sparire, perché è tutta l’esistenza, anche quella degli adulti, ad acquistare le caratteristiche che prima erano tipiche della giovinezza: fluidità, flessibilità, continua capacità di adattamento. E anche in letteratura è venuta meno la centralità della categoria ‘giovane’ o ‘giovanilistica’. In un caso come quello di Paolo Giordano, infatti, il fatto che l’autore sia giovane non è così significativo, mentre nel caso di Federico Moccia abbiamo un autore non giovane, anche se gioca a fare il giovane”.
A partire da queste premesse, la nostra indagine intende parlare di “scrittori giovani” piuttosto che di “giovani scrittori”, considerando che nel primo caso l’aggettivo “giovane” è un dato accidentale e accessorio, mentre nel secondo è l’aspetto fondamentale. Inoltre, non ci interessa nemmeno obbedire a una linea che raggruppa casi editoriali studiati a tavolino in ossequio a un’orrenda moda dell’esordiente. In uno scenario editoriale dominato dal lolitismo e dalla sindrome Giordano, abbiamo indagato con curiosità nel mondo della narrativa contemporanea, alla ricerca di qualità da mettere in luce. Proponiamo quindi autori giovani di cui forse abbiamo sentito parlare, il cui nome ci dice vagamente qualcosa, alcuni già promettenti, altri esordienti completamente sconosciuti, altri impegnati anche nella veste di editori.
Cerchiamo di non rinchiuderci nella gabbia limitante delle definizioni, e muoviamoci all’interno di una restrizione in cui può annidiarsi una grande varietà di esperienze diverse. Proviamo a inserirci sulla scia del New Yorker e di Granta per proporre ai lettori alcuni autori che magari non godono (o non ancora) di tutta l’attenzione e la promozione riservata ai casi editoriali nati a tavolino. Alla fine dell’estate appena trascorsa il Sole 24 Ore ha aperto il dibattito sui nuovi Under 40 italiani, interpellando alcuni critici e invitandoli a esprimere la loro opinione in proposito. Sono stati nominati più di cinquanta scrittori: insomma, di tutto un po’. Noi invece proviamo a seguire lo schema anglo-americano e diamo una rosa di 20 nomi di scrittori italiani Under 40 che consideriamo significativi nell’odierno panorama letterario.
Sono premesse necessarie per capire l’intento del nostro lavoro. Ci sono scrittori, anche molto bravi, più o meno noti al pubblico, che non saranno nominati in questa sede. Ma questo è il senso di una scelta: qualcuno deve rimanere fuori.


Ecco gli Under 40 di Wuz

Nicola Lagioia
Leggi l'intervista a Nicola Lagioia






Giorgio Vasta
Il tempo materiale
Spaesamento





Davide Enia
Mio padre non ha mai avuto un cane






Fabio Guarnaccia
Più leggero dell'aria
Leggi l'intervista a Fabio Guarnaccia





Letizia Muratori
Sole senza nessuno






Andrea Bajani
Domani niente scuola
Ogni promessa






Simona Vinci
In tutti i sensi come l'amore
Come prima delle madri
Brother and sister
Stanza 411




Roberto Saviano
Gomorra
La bellezza e l'inferno
La parola contro la camorra. Con DVD
Leggi l'intervista a Roberto Saviano



Gilda Policastro
Il farmaco






Cristiano Cavina
Nel paese di Tolintesàc
Un'ultima stagione da esordienti
I frutti dimenticati
Scavare una buca



Cristiano De Majo







Paolo Zanotti







Antonella Lattanzi
Devozione






Paolo Cognetti
Manuale per ragazze di successo
Una cosa piccola che sta per esplodere
Leggi l'intervista a Paolo Cognetti




Anilda Ibrahimi







Valeria Parrella
Mosca più balena
Per grazia ricevuta
Lo spazio bianco
Ma quale amore
Leggi l'intervista a Valeria Parrella


Laura Pugno
Sleepwalking
Quando verrai





Veronica Tomassini







Francesco Pacifico
Storia della mia purezza






Rosella Postorino
L'estate che perdemmo Dio






Un dato su cui vale la pena di riflettere è che se a fine anni Ottanta – inizio Novanta Tondelli selezionava i nuovi giovani scrittori tra gli Under 25, oggi lo scarto generazionale viene collocato molto più avanti negli anni. Gli Under 25 sono oggi Under 40. Potremmo interrogarci a lungo su questo dato. Come diceva il citato La Porta, oggi la giovinezza in senso stretto tende a sparire e va a comprendere una fascia di età molto più vasta. Del resto, questo non è più un paese per vecchi: vivamo in una società tutta concentrata sul presente, che non accetta più di invecchiare e fa di tutto per ripudiare il pensiero della morte. 

Da un punto di vista generale, è palpabile nei nostri Under 40 una certa irrequietezza, quella di chi è cresciuto in un periodo di pace presunta e apparente, di concreto benessere, e poi ha dovuto fare i conti con la scoperta degli inganni e delle ingiustizie, rifiutando di inserirsi nei meccanismi dell’omologazione con storie rassicuranti.
Nicola Lagioia, nel suo Manifesto per autori Under 40 apparso sul Sole 24 Ore domenica 8 agosto, afferma: ""Se c'è una cosa che accomuna i nati in Italia dopo il 1970 è l'eccezionalità del contesto, e cioè il fatto di essere cresciuti in quello che – ultimo o penultimo invitato alla tavola delle grandi potenze democratiche – è diventato neanche troppo lentamente un paese del secondo mondo. […] Credo sia interessante capire come mai per gli under 40 italiani di oggi un certo realismo richieda pochi sforzi e, contemporaneamente, sia anche la dura lezione appresa nel passaggio dall'adolescenza all'età adulta. La definirei una questione di imprinting: difficile pensare di non vivere in uno dei paesi più corrotti dell'occidente se ti congedi dal liceo poco prima di Tangentopoli; così come è piuttosto complicato credere a uno Stato sovrano se dai il tuo primo esame all'università non quando esplode la bomba sull'autostrada Capaci-Palermo ma 57 giorni dopo, perché se il beneficio del dubbio poteva sopravvivere con molto sforzo alla morte di Falcone, la sua lapide è stata scritta in via d'Amelio. Faticoso, del resto, credere a una politica che favorisca meritocrazia e bene comune se – scontrandoti già da qualche anno col muro di gomma gerontocratico in campo lavorativo – hai assaporato l'insostenibile pesantezza della sospensione democratica in quel di Genova durante il G8 del 2001; e hai faticato a sostenere un déjà-vu degno di Philip Dick quando il ministro dell'Interno di allora, costretto a dimettersi per aver definito «un rompicoglioni» una vittima delle Brigate rosse, si sia ri-dimesso non tanto per l'incredibile circostanza di non sapere chi gli aveva comprato casa ma per l'ancora più incredibile circostanza di essere stato nominato ministro un'altra volta"".
Per questo troviamo in molti Under 40, accanto a una decisa impronta realistica, un certo atteggiamento apocalittico, a cui si accompagna anche il gusto per la sperimentazione e l’ibridismo, come se fosse impossibile dire e mostrare quel che si ritiene giusto con i modi mistificati seguiti dalla produzione culturale dominante. Il caso di Gomorra, l'esempio più doloroso della solitudine intellettuale italiana, è emblematico, anche per quanto riguarda la commistione di generi e stili. A proposito di realismo, ricordiamo la discussione sul New Italian Epic portata avanti da Wu Ming e da molti blog, i cui punti fondamentali sono riassunti nel memorandum 1993-2008 (consultabile online e pubblicato nel 2009 da Einaudi nella raccolta New italian epic. Letteratura, sguardo obliquo, ritorno al futuro).
Accanto al recupero del realismo e dello sguardo sulla società, troviamo poi il gusto per la pura narrazione, per la lingua letteraria e per la musicalità della parola. Ne vengono fuori 20 ritratti freschi e brillanti dell'Italia del terzo millennio.
""Stringendo poi l'attenzione - continua Lagioia - su quegli under 40 che cercano di raccontare il mondo attraverso le lenti deformanti della letteratura, credo che i buoni segnali sia incapace di coglierli solo chi questa letteratura non ha l'abitudine di frequentarla. Se si guarda alla recente produzione degli scrittori italiani (non solo under 40), è difficile non accorgersi di una grande vitalità; e ciò a dispetto di ritrovarsi in un paese che ha elevato il disprezzo per la cultura quasi a punto d'onore"". Concordiamo con lui, e la lista che vi proponiamo ne è la prova più convincente.



16 novembre 2010 Di Sandra Bardotti

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