José Muñoz, hombre di china e maestro del fumetto del XX secolo

L’universo che racconta José Muñoz si espande a partire da Pilar, il paesino a 40 km da Buenos Aires dove il disegnatore argentino nacque e visse la sua prima giovinezza. Dopo tanti anni vissuti in Italia, l’eco di quel formidabile big bang risuona ancora nella voce emozionata di Muñoz e sembra abbracciare l’intera stanza nella quale ci troviamo.

Muñoz è un grande fra i grandi. Maestro del fumetto contemporaneo e vincitore, nel 2007, del Grand Prix de la ville d'Angoulême, il nostro rimase folgorato dalla Nona Arte quando, ancora giovanissimo, si iscrisse alla Escuela Panamericana de arte, dove avrebbe avuto la fortuna di incontrare maestri come Alberto Breccia e Hugo Pratt.

Nel corso di una lunga conversazione, densa di spunti di riflessione e preziosi aneddoti di vita vissuta, il magistrale autore di historietas ha condiviso con noi tanta parte del suo itinerario umano e artistico, da quei primi, seminali incontri coi grandi maestri fino ai fecondi sodalizi artistici che hanno punteggiato e arricchito una carriera stellare.  

In particolare, ovviamente, noi abbiamo voluto saperne di più sulla storica collaborazione, che dura tutt’oggi, con il connazionale Carlos Sampayo, assieme al quale Muñoz ha dato vita alla leggendaria serie dedicata all’investigatore Alack Sinner. Questo investigatore dal volto ad un tempo dolce e sfingico, l’impermeabile stazzonato e la sigaretta perennemente accesa fra le labbra, è considerato oggi uno spartiacque nel fumetto d’autore a sfondo poliziesco: non si era mai visto, prima di lui, un loser tratteggiato con simile finezza di psicologie, attenzione ai tic linguistici, conoscenza delle idiosincrasie… in una parola, nel fumetto non si era ancora visto, prima di Alack, un personaggio tanto compreso e amato - a dispetto di tutto - dai propri creatori.

Le avventure di Sinner (un cognome pesante come una condanna) sono ambientate in una New York che è scossa dalle tensioni razziali e dalla guerra del Vietnam. Quella disegnata da Muñoz  fra i riflessi delle vetrine dei bar e i chiaroscuri concentrici delle pozzanghere lasciate da una pioggia sporca incessante, che sembra volersi confondere con le mille rughe dei volti della strada, è una città che somiglia alla megalopoli di Blade Runner: un agglomerato canceroso di architetture eterogenee e culture diverse.

Un affresco contraddistinto da un’atmosfera noir e fumosa, modellata sul genere del romanzo hard boiled attraverso un tratto ruvido, fortemente stilizzato; storie nelle quali la riflessione su una quotidianità grottesca e violenta si traduce in una sinfonia di bianchi e neri nettissimi, che sembrano offrire una sponda grafica di eccezionale nitore alla musica jazz che pervade le pagine come una traccia in filigrana.

Nelle sue historietas, José Muñoz getta uno sguardo potente su un corpo sociale ammalato e su quelle che l’autore chiama le “ferite del male”, rispondendo all’imperante bisogno di “sublimare la sofferenza”, la brutalità e la disperazione di un’umanità vista e vissuta. Una peculiare miscela di inchiostro e malinconia che, dipanandosi dai bar e dalle strade di Pilar, ha ridisegnato in modo indelebile il fumetto moderno.