Se a provocare una ferita al centro del petto fosse un libro, un film o una canzone, questa inizierebbe a sanguinare facendomi sentire viva, in modo doloroso, certo, ma viva! Ecco perché accolgo sempre con passione le storie che mi risvegliano dal torpore, quelle che mi scuotono nel profondo e mi rivoltano come un calzino; sì, in fondo è questo che andiamo cercando: emozioni forti.
La scorsa primavera, quando uscì il libro di Paolo Nori
Sanguina ancora, pensai che sì, ci sono libri che mi hanno inferto ferite dalle quali non sono guarita nemmeno a distanza di anni, e non è detto che voglia farlo.
L’incredibile vita di Fëdor Michailovic Dostoevskij, come recita il sottotitolo, è solo una parte di quello che in realtà rappresenta questo libro che, tra le altre cose, ci racconta della possibilità di eliminare la distanza tra scrittore e lettore e di come l’incontro con un grande autore possa cambiarci per sempre. È quello che è successo a Paolo Nori quando lesse per la prima volta
Delitto e castigo: racconta che fu un’esperienza che lo stravolse, per via del libro, certo, del resto Raskolnikov è un personaggio che difficilmente si dimentica, ma anche e soprattutto per l’impatto emotivo che questo ebbe su di lui, un ragazzo di quindici anni che improvvisamente si rese conto che qualcuno, uno sconosciuto, uno morto da anni e vissuto a migliaia di chilometri di distanza da lui, era come se sapesse cose di lui, lettore, prima ancora che venisse al mondo! C’era da restare sbalorditi, e feriti. Leggo i libri di Paolo Nori da più di vent’anni, poi un paio d’anni fa mi ha fatta incazzare per qualcosa, non ricordo neanche più cosa, e lasciai che i suoi ultimi lavori mi passassero davanti agli occhi senza che io li comprassi, “aspetterò l’edizione economica”, mi dicevo, ma poi non li compravo; questo fino a
Sanguina ancora, sarà che a quel punto la rabbia mi era passata o sarà stato per via della copertina con le facce di Dostoevskij, non seppi resistere oltre e lo portai a casa con me il giorno stesso dell’uscita. Ho fatto bene, non fosse altro che il buon Paolo ha uno stile immediatamente riconoscibile, scrive delle cose che, quasi sempre, mentre leggo mi scappa da ridere a voce alta, come nel caso di questo passaggio: «
C’è una battuta, a proposito di battute, che la diceva sempre il maestro Liverani “La battaglia contro la coglionaggine comincia da sé stessi”.
Ecco io, per quanto possa essere poco interessante, io devo dire che la mia coglionaggine non la combatto, la assecondo. Mi piace, quando mi accorgo di essere un deficiente, sono momenti memorabili. E, per quanto possa essere immodesto, ho l’impressione che a Dostoevskij succedesse la stessa cosa».