Cinque anni dopo Utopia, Björk (1965) torna con un nuovo album in studio, Fossora. In mezzo ci sono stati vari singoli e un EP in collaborazione con Fever Ray e The Knife, Country Creatures (con dei remix di Features Creatures), ma un vero e proprio album era molto atteso, anche perché l'artista islandese non aveva mai fatto attendere così a lungo il suo pubblico. Di certo hanno influito su tutto il processo creativo due fatti, uno universale e un altro personale: se la concezione dei brani è avvenuta in Islanda durante il lockdown causato dalla pandemia, poco prima Björk ha dovuto affrontare il lutto per la morte della madre, avvenuta nel 2018 dopo una lunga malattia. Fossora, quindi, è un album piuttosto intimo, emozionale e in cui c’è anche spazio per la sofferenza.
Tra universale e personale, tra elettronico e classico: quest'album è una via di mezzo tra l'emozione privata e commovente e i ritmi pop e semplici cui la cantante ci aveva abituato in precedenza.
Durante l’ascolto delle 13 tracce ci si rende presto conto di come questa volta Björk abbia puntato con più decisione sul suo lato più “colto” e orchestrale: da tanti anni ce n'era una testimonianza nella sua musica, ma qui c'è una virata verso una forma "operistica" a scapito soprattutto di certi slanci pop e, in parte, anche di quei tappeti sonori eterei e leggeri su cui ci aveva abituato a sentirla cantare (rintracciabili più che altro nell’emozionante brano di chiusura, Her Mother’s House). La continuità rispetto ai dischi precedenti si trova più che altro in certe atmosfere oscure e nei suoni e ritmi elettronici a cui l’artista islandese ha rinunciato di rado durante la sua lunga carriera (in questo senso l’esempio più facile da fare è il progetto speciale con il trio Guðmundar Ingólfssonar che ha dato vita a Gling-Gló, un album jazz). In Fossora i ritmi più sostenuti, in alcuni passaggi, danno vita a uno stile che l'artista ha battezzato "techno biologica" ed è frutto della sua collaborazione con il duo indonesiano Gabber Modus Operandi, che raggiunge il culmine nella martellante title-track del disco. Poi a dare un'impronta determinante alla musica, a renderla in più passaggi letteralmente drammatica, ci sono un sestetto di clarinetti che si chiama Murmuri, dei fiati, degli archi e una serie di parti corali a cui partecipano anche i figli di Björk, Sindri Eldon Þórsson e Isadora Bjarkardóttir Barney.
In generale non si tratta di un ascolto semplice ma senza dubbio è piuttosto suggestivo, come quando, nella prima parte, ci si imbatte in Mycelia, brano che prende il titolo dall'apparato vegetativo dei funghi (usati come metafora anche in altre parti del disco): due minuti di ondeggianti “giochi” vocali-elettronici con un elegante effetto psichedelico che, creando una sorta di leggerezza, introducono l’ascoltatore ad affrontare un’intensa coppia di canzoni dedicate alla madre, una scritta prima della morte, Sorrowful Soil, e una dopo, Ancestress.
Fossora è un album di cui, con ogni probabilità, si potrà godere più che altro dal vivo, idealmente a teatro, perché è un concentrato di sostanza musicale ed emozioni e crea non poche aspettative immaginare Björk circondata da un’orchestra eseguirlo davanti a un pubblico attento.
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