Le notti senza sonno, il romanzo giallo con cui Gian Andrea Cerone esordisce nel panorama della narrativa italiana, si apre con una punta di crudele ironia drammatica, mettendo in epigrafe una citazione di Stendhal.
Elogiando quello che sarebbe in seguito diventato il capoluogo lombardo, lo scrittore afferma: “Non ho mai incontrato persone così adatte alla mia anima. Quando sono con i milanesi e parlo milanese, dimentico che gli uomini sono cattivi e tutta la parte malvagia della mia anima si addormenta all’istante.”
Eppure leggendo Le notti senza sonno è difficile dimenticarsi della malvagità umana, soprattutto quando a fare da sfondo è una Milano fredda e spietata nella quale il coronavirus sta iniziando a mietere le prime vittime.
Un macabro ritrovamento fa sorgere l’ipotesi che per la città si aggiri un pericoloso serial killer che si diverte a seviziare donne innocenti per poi seminare indizi apparentemente privi di senso. Un mistero che può essere risolto solo dall’Unità di Analisi del Crimine Violento, che Cerone descrive come un manipolo di “gente allenata a inseguire i cattivi fin nei meandri dell’inferno e troppo spesso costretta a riemergere da quelle terribili esperienze con bruciature insanabili nell’anima”.
A partire dal granitico commissario Mario Mandelli, vecchia volpe del mestiere che ogni giorno maledice il cielo per essere circondato da colleghi che spesso gli fanno perdere la pazienza, ma al contempo non può fare a meno di essere segretamente affezionato a ognuno di loro. Se infatti Le notti senza sonno dal punto di vista narrativo si rivela fortemente debitore ai pilastri del genere – da Camilleri a Don Winslow – trova la propria freschezza e originalità nella capacità di dare vita a personaggi tridimensionali e a un’ambientazione che unisce realismo e satira sociale.
La vera protagonista del thriller di Gian Andrea Cerone infatti è Milano, che qui emerge in tutte le sue contraddizioni e idiosincrasie. La città assume le tinte fosche di un girone infernale in cui ognuno deve sopportare il proprio contrappasso: “A Centrale entra un’altra infornata di gente, alcuni trascinano enormi trolley, altri sopportano zaini ingombranti. Quando le porte si chiudono tutti si stringono. Le tessere del puzzle umano vanno miracolosamente al loro posto e il treno riprende la sua corsa”.
Soltanto Milano ha la capacità di shakerare certi improbabili cocktail di umanità, non a caso è la capitale degli aperitivi
E se del debito a Camilleri si è già accennato, non resta che levarsi il cappello di fronte all’abilità stilistica di Gian Andrea Cerone di strizzare l’occhiolino al lettore mentre gli toglie il tappeto da sotto i piedi: tra le pagine del romanzo si cita Montalbano – proprio come lui, signora cara, sapesse che bella fiction è la mia vita, pensa il commissario Mandelli – eppure il citazionismo non diventa una scorciatoia.
Come il corrispettivo siculo così magistralmente portato avanti da Andrea Camilleri, anche i dialoghi de Le notti senza sonno sono vivaci e cinematografici. Superati i primi capitoli, il romanzo spicca il volo, il ritmo diventa serrato e la tensione sale, mentre seguiamo l’impresa della squadra dell’Unità Crimini Violenti di risolvere il mistero prima che la minaccia della pandemia inceppi per mesi la macchina della giustizia.
Ma proprio quando al lettore sembra di aver finalmente colto sufficienti elementi per venire a capo della vicenda, Gian Andrea Cerone gioca il proprio asso nella manica e complica la partita aggiungendo al già ricco piatto un nuovo crimine: l’omicidio di un noto gioielliere, rimasto ucciso durante una rapina.
Tra colpi di scena e ribaltamenti, il romanzo è un vero e proprio page-turner capace di mantenere l’implicita promessa del suo titolo: spingere i lettori a passare almeno una notte insonne, immersi nella lettura di un romanzo dal quale è impossibile staccarsi. Con Le notti senza sonno Cerone ha vinto la XXIII edizione del Premio Franco Fedeli, il riconoscimento dedicato alla narrativa poliziesca organizzato dal SIULP di Bologna.
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