Dopo cinque anni, Janelle Monáe pubblica un nuovo album, The Age of Pleasure, il quarto della sua carriera, composto da quattrodici brani per poco più di mezz'ora di R&B contaminato. In The Age of Pleasure, infatti, il genere musicale a cui la musicista e attrice di Kansas City viene collegata più facilmente, ha varie influenze e le più importanti sono quella reggae e quella afrobeat (non a caso tra gli ospiti del disco c’è Seun Kuti affiancato dagli Egypt 80, band che ha ereditato dal padre Fela Kuti, inventore dell’afrobeat).
L'R&B contemporaneo è un genere sensuale ma, in questo caso, l'artista classe 1985 ha accentuato con decisione questo tratto attraverso il concept dell'album, consacrato al piacere e quindi a divertimento, convivialità, feste, amore diffuso e sesso. Prima dell'uscita del disco, la trattazione del tema principale e le atmosfere connesse erano state anticipate dalle foto e dai video pubblicati sui canali ufficiali della cantante in cui pose, espressioni e look parlavano molto chiaramente.
Monáe, insomma, si è un po' distaccata dall'afrofuturismo dei suoi precedenti dischi per darsi a questo edonismo consapevole e inclusivo. Consapevole perché questa svolta, come ha dichiarato, è avvenuta anche nella sua quotidianità ma non prima di aver fatto una terapia incentrata su riflessioni riguardanti il suo stile di vita e l'educazione ricevuta dai genitori battisti. Inclusivo anche perché in questi anni si è dichiarata prima bisessuale, poi pansessuale, e si è schierata dalla parte delle identità non binarie (anche tramite la sua associazione Fem the Future) in un percorso intrapreso per conoscere sempre meglio sé stessa e aprirsi al resto del mondo.
Musicalmente l'album scorre con leggerezza: come la maggioranza delle produzioni R&B, si tratta di pop, in questo caso condito, appunto, soprattutto dal reggae, in particolare da dancehall e dub, e lo dimostrano bene il secondo singolo Lipstick Lover – il cui video ufficiale rappresenta esplicitamente il concept del disco – e il breve brano che lo introduce, Ooh La La, con un'ospitata perfetta come quella, breve ma quanto mai efficace, di Grace Jones, che declama pochi versi in francese. Poi tocca all’afrobeat, influenza evidente quando all’arrangiamento dei fiati ci pensano Seun Kuti e la sua band, come nel primo singolo, Float, ma soprattutto in Know Better.
In un altro brano, Haute, Monáe dice «I'm feelin' so sexy (So sexy), mmm» e sexy è un altro aggettivo che si addice bene a questo album concepito con un’attitudine calata appieno nella contemporaneità ma che non ignora affatto il passato, e questa magari può essere anche la chiave del percorso di cambiamento di questa artista di 37 anni.
Con ogni probabilità, a livello musicale questo non sarà l’album più ricordato della sua carriera ma, visto che il cambiamento raccontato ha coinciso con anni globalmente non proprio facili, non solo per la pandemia, un concept così trattato, con la necessità di condividere il piacere in primo piano, potrebbe rivelarsi un’intuizione di buon auspicio per la collettività.
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