Sapore di sala

Aladdin, il ladruncolo di Agrabah, compie 30 anni

Il ladruncolo di Agrabah compie 30 anni.

Il 25 novembre 1992 usciva, infatti, al cinema quello che è considerato il 31esimo classico Disney: Aladdin. Un mix tra Aladino e Il ladro di Bagdad, il film d’animazione è basato sul famoso racconto persiano di Aladino e la lampada meravigliosa contenuto nella raccolta di novelle orientali Le mille e una notte. Diretto da Ron Clements e John Musker, Aladdin è celebre anche e soprattutto per la colonna sonora e l’iconico brano A Whole New World (tradotto in italiano con Il mondo è mio), di Alan Menken e Tim Rice, entrambi insigniti del premio Oscar.

Apprezzato fin da subito da pubblico e critica, Aladdin è riuscito a sfruttare al meglio la base dalla quale si sviluppa apportando modifiche ed elementi adatti al gusto di spettatori occidentali e più giovani. Tra le differenze sostanziali, per esempio, l’inserimento di elementi umoristici e avventurosi e la cancellazione di quelli più violenti ed erotici. E ancora la figura della principessa che, oltre a cambiare nome in Jasmine, è presentata come una ragazza musulmana moderna.

Ma tra i punti di forza del classico d’animazione non sono da tralasciare i richiami ad altre opere, sia letterarie sia cinematografiche. Una su tutte l’inserimento del pappagallo, collaboratore di Jafar, di nome Iago, chiaro riferimento all’antagonista della celebre tragedia shakespeariana di Otello. Non è un caso, infatti, che il pappagallo sia proprio l’aiutante dell’antagonista, ma soprattutto è colui al quale viene in mente di tramare alle spalle del protagonista.

Ancora oggi tra i classici più apprezzati, a distanza di 30 anni dall’uscita, chiunque sarebbe in grado di notare una somiglianza tra Aladdin e il mitico Indiana Jones, per esempio, in grado di fuggire e cavarsela sempre in ogni situazione (il parallelismo della reclusione nella grotta è solo uno dei tanti). Per non parlare di tutto ciò che viene messo in mostra dal Genio, da Pinocchio a La sirenetta.

E, a proposito di Genio, è forse lui la vera rivelazione dell’intero film, nonché chiave di successo, anche a distanza di tre decenni. A impreziosire una figura che già visivamente riesce a trasmettere un bel carico di emozioni, ci pensano i doppiatori. Se da una parte, nella versione originale, c’è la voce del compianto Robin Williams, talmente debordante da costringere gli animatori a rifare intere sequenze, dall’altra, nel doppiaggio italiano, troviamo Gigi Proietti, la cui performance è stata e rimane iconica, tanto nella parte parlata quanto nelle canzoni, altrettanto celebri.

Ma il genio, in quanto genialità, è presente in primis nella figura del tappeto magico, il solo personaggio (fatta eccezione per la scimmietta Abu, in grado comunque di emettere suoni) capace di trasmettere emozioni e far capire i propri stati d’animo con l’uso esclusivo dell’animazione e della computer graphic. Non ha occhi né bocca né tantomeno, naturalmente, fattezze umane: è un tappeto a tutti gli effetti. Ciononostante piccoli e grandi sono in grado, allo stesso modo, di capire cosa pensa e cosa prova questo attante quasi inarrivabile anche con titoli successivi, sia nel campo dell’animazione sia in altri.

Tanto è stato il successo del film che ha portato alla realizzazione di due sequel (Il ritorno di Jafar e Aladdin e il re dei ladri) e anche a un più recente live action, con alcune rivisitazioni rispetto alla storia animata.

Nonostante i tratti bidimensionali e una grafica più spigolosa che si discosta dal tratto tondeggiante tipico dei classici Disney dell’epoca, sono da apprezzare le trovate e le gag, talvolta anche più smaliziate del solito in modo tale da renderle adatte anche a un pubblico più adulto. O comunque per farle apprezzare da un pubblico che adulto è adesso e che, 30 anni fa, ha amato semplicemente la storia, l’avventura e l’animazione.

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