Chi sono? Un medico fantasista
Dieci anni senza Enzo Jannacci, eppure non sembra.
Specialmente per chi abita a Milano e dintorni, in alcuni momenti la sua presenza risulta ancora palpabile: nei modi di dire delle persone, in certi scorci periferici della città, nella decisione di intitolare a suo nome il più noto ricovero per senzatetto, nelle iniziative e negli spettacoli a lui dedicati.
Classe 1935, scomparso il 29 marzo 2013 e attivo artisticamente dagli anni ’50, è stato uno di quelli che… se non ci fosse stato sarebbe stato difficile anche solo immaginarlo .
Nelle parole dell’amico di una vita Beppe Viola:
La sua vita è stata un sussulto di invenzioni e anticonformismo. Poeta, musicista, scienziato, talent scout, karateka, milanista, queste e altre cose si potrebbero citare per arricchirne la presentazione
Per Paolo Conte invece, semplicemente «una figura gigantesca».
Amava definirsi un saltimbanco ma, soprattutto, amava la vita e avrebbe voluto che fosse degna di essere vissuta per tutti, per questo ha dedicato gran parte della sue canzoni agli sfortunati, ai barbùn, ai derelitti a agli emarginati di ogni ordine e grado, maestro nel far convivere nello spazio dei pochi minuti di un brano il sublime, il tragico, il ridicolo e in nonsense dell’esistenza.
Ma oltre a cantare le ferite dell’anima, forte anche degli studi al Conservatorio di Milano, Enzo Jannacci ha curato anche quelle del corpo: nel 1969 si laurea in Medicina, divenendo in seguito medico di base e cardiochirurgo, attività che affiancherà sempre a quella di musicista.
Qualcuno gli chiese perché: «per stare vicino alla gente» fu la risposta.
Tornando alla musica (roba minima, direbbe lui), Enzo Jannacci è stato tra i pionieri del rock’n’roll in Italia, all’inizio con l’amico Giorgio Gaber e poi affiancando artisti allora emergenti come Adriano Celentano, Ricky Gianco, Luigi Tenco e Little Tony.
La notevole tecnica al pianoforte gli valse anche l’opportunità di accompagnare grandi jazzisti di passaggio in Italia tra gli anni ’50 e ’60, tra i quali ci furono Stan Getz, Gerry Mulligan e Chet Baker.
Dopo una gavetta in locali e teatri di cabaret, Jannacci giunge a pubblicare il primo disco a proprio nome nel 1964, La Milano di Enzo Jannacci. L’album contiene già pezzi che diverranno classici: El portava i scarp del tennis, Andava a Rogoredo e quella Ti te se' no che Jannacci, nella parte di sé stesso, canta in una trattoria nel film La vita agra di Carlo Lizzani.
Lo scambio di battute tra i due protagonisti, che lo ascoltano seduti a tavola, riassume con efficacia l’opera di Enzo Jannacci:
«Cosa vuol dire?»
«Niente… Sono i sogni che fa un operaio di periferia quando va nel centro di Milano».
Sono gli anni del Derby, storico locale milanese di cabaret, anni in cui Enzo Jannacci incontra, tra i tanti, Dario Fo e Cochi e Renato con cui collaborerà, a fasi alterne, per tutta la carriera.
Il successo, quello grande, arriva però nel 1968, con la canzone Vengo anch'io. No, tu no (tratta dall’album omonimo, che include anche le strepitose Ho visto un re e Giovanni telegrafista): l’Italia intera ride e si diverte ascoltandola ma, a farci caso, si nota che anche in questo caso il protagonista del brano è un emarginato, uno dei tanti del songbook jannacciano.
La canzone è piaciuta perché quella frase è un luogo comune. In più, viene detto da uno che fa la faccia da deficiente e strilla come un cane sgozzato, quindi diverte
Da quel momento, Enzo Jannacci diventa una figura di primo piano della scena musicale italiana: nei decenni successivi seguiranno decine di dischi e canzoni memorabili (Ci vuole orecchio, Messico e nuvole, Rido, Secondo te...Che gusto c'è?, Saxophone, Vincenzina e la fabbrica, Come gli aeroplani, L’uomo a metà…), televisione, cinema, teatro e partecipazioni al Festival di Sanremo.
Ah, nel 1977 arriva anche l’omaggio della più grande, intitolato Mina quasi Jannacci.
E dopo tutte queste parole (ma di Jannacci si potrebbe scrivere all’infinito) vien quasi voglia di sapere cosa potrebbe pensare lui di come lo abbiamo raccontato. C’è una persona a cui è successo.
Sandro Patè, oggi scrittore ed esperto di progetti di comunicazione, nel 2005 sta per laurearsi allo Iulm con una tesi su Enzo Jannacci.
La tensione inevitabilmente legata al momento è molto alta, anche perché lo stesso artista ha annunciato la sua presenza.
Tutto filerà per il verso giusto: il laureando chiuderà la sua carriera universitaria portando a casa un 110 e lode e il fulminante complimento da parte dell'oggetto della tesi:
Bravo, hai fatto un ottimo lavoro, peccato l’argomento...
Il libro Peccato l’argomento. Biografia a più voci di Enzo Jannacci, pubblicato in seguito dallo stesso Paté, è oggi uno dei più belli che si possano leggere su Enzo Jannacci.
Ma il consiglio è quello di tornare, sempre, alle sue canzoni.
Di
| Hoepli, 2023Di
| LOG (Milano), 2014Di
| Giunti Editore, 2014Di
| Bompiani, 2018Ti potrebbero interessare
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